Strage di Erba: depositato
il ricorso in Cassazione

Ultime chance per Rosa Bazzi e Olindo Romano, i due coniugi condannati all'ergastolo. Gli avvocati che li assistono, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, hanno avviato l'iter terzo e definitivo grado di giudizio. La richiesta si condensa in un "dossier" di circa 500 pagine

ERBA Ultime chance per Rosa Bazzi e Olindo Romano, i due coniugi condannati all'ergastolo per la cosiddetta strage di Erba. Nelle ultime ore gli avvocati che li assistono, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, hanno depositato ricorso in Cassazione, terzo e definitivo grado di giudizio.
La richiesta, per certi versi scontata - anche alla luce della determinazione con cui avvocati e imputati hanno puntato all'assoluzione sia a Como che a Milano - si condensa in un "dossier" di circa 500 pagine, nel quale si invoca la riapertura del procedimento. La Cassazione può, come noto, muovere soltanto rilievi di natura formale, cioè verificare che la procedura, in primo e in secondo grado, sia stata seguita correttamente. Non entra cioè nella sostanza del processo. È chiaro che le speranze, a fronte di due pronunciamenti contrari, sono ridotte a lumicino. Nessuna sorpresa, comunque:già all'indomani del processo milanese, l'avvocato Fabio Schembri aveva manifestato l'intenzione di procedere con la corte di Cassazione. Ora bisognerà attendere la fissazione dell'udienza. Rosa e Olindo, intanto, restano detenuti nelle carceri milanesi di Opera e di Bollate, incontrandosi una volta a settimana. Dalla strage sono passati quasi quattro anni. Nel dicembre del 2006, Rosa e Olindo (sentenze alla mano) irruppero nella casa di Raffaella Castagna a Erba, in via Diaz, nell'appartamento sovrastante il loro. Incontrarono Raffaella sull'uscio di casa, dove era appena rientrata insieme alla mamma Paola Galli e al bimbo, il piccolo Youssef, che aveva poco più di due anni. Non ebbero pietà. A colpi di spranga uccisero le due donne poi, con un coltello, tagliarono la gola al piccolo, tentando infine di dare fuoco all'appartamento. Li vide Mario Frigerio, il vicino del piano di sopra.
Anche a lui e a sua moglie, Valeria Cherubini, riservarono il medesimo trattamento, ma Frigerio scampò miracolosamente, diventando il principale accusatore dei due coniugi. Che in un primo momento confessarono, poi ritrattarono tutto. Appuntamento in Cassazione per l'ultimo atto.

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