Haiti, nell'isola dimenticata
rivive un cuore comasco

Non sono molte le associazioni rimaste davvero attive sul territorio di Haiti. Gli aiuti alla popolazione, trascorse le settimane iniziali, quelle appena successive al terremoto di gennaio, si sono considerevolmente ridotti. Tra chi è rimasto c'è una associazione comasca

COMO - Non sono molte le associazioni rimaste davvero attive sul territorio di Haiti. Gli aiuti alla popolazione, trascorse le settimane iniziali, quelle appena successive al terremoto di gennaio in cui tutto il mondo sembrò mobilitarsi per il Paese, si sono considerevolmente ridotti. Oggi, a sentire chi ancora cerca di lavorare alla ricostruzione, l'isola è davvero abbandonata a sé stessa, senza un governo e senza strutture in grado di fronteggiare un'emergenza continua, acuita, nelle ultime ore, da una devastante epidemia di colera.

Tra i pochi rimasti a lavorare, ci sono i volontari dell'associazione «Missione possibile onlus», cui si deve l'attivazione di un piccolo ma efficiente ospedale, completo di tutto, realizzato con il contributo fattivo dell'associazione Silvano Saladino onlus, costituita pochi mesi dopo la scomparsa dell'avvocato comasco, morto a soli 63 anni nel febbraio del 2007. Il matrimonio tra le due associazioni nasce quasi per caso, da un incontro tra Cristiana Grassi, a lungo compagna di Saladino, e Stefania Garbin, medico chirurgo milanese, interprete involontaria ma determinatissima dello spirito che animò gli ultimi anni di vita dell'avvocato comasco, deluso dalla politica - cui pure aveva dedicato un'intera esistenza - e deciso a darsi da fare concretamente sul fronte della solidarietà e della cooperazione internazionale.

L'associazione, non a caso, ha già fornito un contributo fattivo alla realizzazione del centro sanitario di Darband, opera di Emergency, nella regione dell'Hindukush: «A Stefania Garbin dobbiamo moltissimo - racconta Fabio Saladino, che del padre ha ereditato professione, spirito di iniziativa e un incrollabile slancio ideale - Nel giro di poche settimane, a Port au Prince, in un edificio parzialmente occupato da una associazione benefica spagnola che dà asilo a decine di orfani, siamo riusciti ad attivare la nostra clinica. Stefania ha lavorato per giorni senza sosta, attivando tutto ciò di cui c'era bisogno: l'acqua, la luce, i collegamenti, salvo poi gettarsi a capofitto nel suo lavoro di chirurgo, operando e aiutando decine di bambini».

«Dal giorno della tragedia, forse la più grande di sempre - spiega Gerry Testori, presidente di "Missione possibile" - è stato fatto pochissimo. Le condizioni ambientali restano drammatiche: nessuno ha rimosso le macerie, si calcola che almeno seicentomila persone vivano ancora all'interno di baracche e tendopoli, in piena emergenza sanitaria. I rifiuti si accumulano, il resto lo fanno il caldo asfissiante e le piogge torrenziali. C'è davvero bisogno di tutto. Noi - prosegue Testori - puntiamo a mantenere attiva la nostra piccola struttura, che oltre alla clinica conta anche una mensa che dà cibo a 130 persone e due classi elementari, per consentire ai bimbi la ripresa della scuola». Chi volesse aiutare le due associazioni può consultare il sito www. missionepossibile. com oppure www. silvanosaladino. org.
Stefano Ferrari

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