Shangai, la terra delle promesse

File interminabili, skyline struggenti e un senso di incrollabile fiducia nelle possibilità della Cina

<+G_CULTURAFIRMA>Emilio Magni
<+G_SQUARE><+G_TONDO>Per ritrovarti stordito da una raffica di emozioni forti bastano solo pochi giorni trascorsi a Shanghai, la città forse più moderna del mondo, di certo la più lanciata "a tutta birra" verso il futuro. Dire che i cinesi delle grandi città, come i venti milioni di Shanghai, sono costretti a vivere l'uno addosso all'altro producendo folle immense e code di cui non si vede la fine, è come scoprire l'acqua calda. Da sempre  imperversa questo luogo comune, uno dei tanti che scorrono lungo il fiume Giallo. Ma un conto dirlo, un altro andarsi a ficcare dentro questa fluttuante folla oceanica, infilarsi con pazienza nelle code infinite in attesa davanti ai negozi, ai musei, ai ristoranti, allo sportello per cambiare i soldi, per entrare nei padiglioni dell'Expo (tre ore di coda per quello cinese) oppure anche per salire il battello panoramico ad ammirare di sera le luci spettacolari, come quelle di un immenso flipper dei grattacieli di Pudong, il quartiere finanziario al di là del grande fiume dove si dettano i ritmi dell'economia di questa nazione che sta accapparrandosi il mondo. Perché almeno i turisti stranieri non possono dribblare la ressa? Da quando qualche anno fa un pur piccolo scampolo di benessere ha premiato il grande popolo, anche i cinesi sono diventati tutti turisti in visita alle grandi città, in particolare Shanghai la più sfavillante: tutti con la macchina fotografica digitale in mano, il telefonino all'orecchio e ben inquadrati al seguito della guida che urla e alza l'asta con la bandierina di riconoscimento. Così a prima vista, queste cortei, fanno pensare a quella che è stata la "lunga marcia". Qulle però non sono tetre adunate sinistre. Questi sono morbidi (anche se con qualche rudezza) affollamenti di gente contenta.  . Quindi anche noi, sparuti turisti europei in giro per Shanghai abbiamo in sostanza vissuto sempre appiccicati a schiere di cinesi, giovani ma anche molto anziani, che spingevano con garbo, comunque premevano, e sorridevano.  Qualche vecchio ogni tanto sputacchiava pure. Il nostro accompagnatore cinese ci ha spiegato che questi maleducati erano certamente poveri contadini che arrivavano da chissà quale contrada lontana dove alcune brutte abitudini resistono. I cinesi di città, in particolare le nuove generazioni, sono ormai educate all'europea.  Non sono però state  le brutte abitudini di questo popolo sterminato e nemmeno la selva luccicante dei grattacieli di cristallo e di acciaio inossidabile , che hanno catturato a piene mani  le mie emozioni.  La sorpresa più bella è di aver visto come sul volto sorridente di questo popolo si leggano con chiarezza un forte senso di fiducia nella nazione, nei grandi passi  sin qua compiuti, ancora più in  quelli che verranno ed infine nel pur lieve benessere raggiunto. Negli occhi dei giovani c'è la speranza e soprattutto il  compiacimento per gli incalzanti progressi che la nazione sta compiendo, per le altissime e luccicanti torri lanciate verso il cielo, alcune dalla linea stupefacente, per il metro che va velocissimo su cuscini d'aria. Sul "Bund", la lunga passeggiata che fiancheggia la Road Zhongsha la più bella, la più storica  strada della città, dove  nel passato tutte le "concessioni straniere" hanno costruito i loro palazzi, in ogni ora del giorno e in gran parte della notte si fermano contendendosi la balaustra legioni di persone che vogliono fotografare ilo "sky line" dei grattacieli dall'altra parte dell'Huangpu River Una ragazza in abito bianco da sposa si è piazzata davanti al mio obiettivo e ha alzato la mano destra facendo la "V" con le dita. C'è stata una ressa per ritrarla sulla sfondo dei grattacieli: il simbolo della futuro della Cina.  Dal "lungofiume" panoramico del "Bund" è cominciato il mio vagare alla scoperta dei miti di questa città ma soprattutto dell'umore, delle abitudini, della serenità piena di fiducia della sua gente e delle folle di visitatori che per l'Expo, ormai chiuso, sono sati 200 milioni.  E non occorre guardare molto lontano o scrutare chissà dove per trovare la fiducia del popolo. Ecco sul volto sorridente e sdentato di una donna minuta, oltre la mezza età, collocata dal "sistema", come tanti altri "collaboratori della società"  (come qui li chiamano) con i compiti più disparati,  all'angolo di un incrocio molto frequentato a disciplinare il passaggio dei pedoni che in pochi istanti di "rosso" diventano centinaia. La donnetta, concentrata nel suo importante compito, non ha pensato due volte a picchiare il manganello sulle gambe di due signori vestiti di scuro, con gli occhiali di marca, che tentavano di attraversare nonostante il divieto.
E le ragazze per la verità un po' gasate, urlanti ordini per me quasi incomprensibili per cercare di tenere ben inquadrati, in file di due per due, il nostro plotone di turisti che si apprestava a salire sul battello che portava all'escursione per ammirare da vicino lo spettacolo dello "sky line" illuminato che si specchia nell'acqua? Osservandole, esuberanti e  urlanti, mi sono venuti in mente  la rivoluzione culturale e Bernardo Bertolucci con il suo "Ultimo imperatore". Le ragazze  della rivoluzione però erano avvolte da un alone tragico, queste del  plotone verso il battello panoramico gridavano forse per la gioia di collaborare a tenere ordinato lo sviluppo del loro paese.
Quando noi del gruppo dei cronisti di Milano siamo andati a visitare l'Expo eravamo assieme a un milione e 400 visitatori cinesi. In quel giorno pieno di pioggia è stato il massimo del contatto fisico e spirituale con il grande popolo giallo: davvero un'esperienza che non dimenticherò. Mi è piaciuto osservare il comportamento di questa gente: disciplinatissimo nella ressa, ubbidiente agli ordini, sempre sereno e sorridente, ma soprattutto non si lasciava scappare niente di quel che era in mostra. Nel padiglione italiano erano in centomila. Ho visto ragazze che si spingevano per fotografare da vicino, quasi per carpire i segreti di questa arte,  i violini di un laboratorio artigiano di Cremona, la riproduzione della piazza di Vigevano, le macchine di Leonardo. Coppie di anziani si facevano fotografare davanti a un enorme manichino di Valentino Rossi e della Ferrari.
Un altro bagno di folla in continuo, frenetico movimento è stato per gli acquisti nei negozi della Nanijn Road , la strada più importante e frequentata, lungo i sei chilometri della quale, in ogni momento del giorno si radunano oltre centomila persone: coda per scegliere i souvenir, le sete da portare a casa, altri mille oggetti, coda per andare alla cassa a pagare. Solo nei ristoranti più belli si torna finalmente un po' soli . Ma vale la pena sopportare tutti questi sacrifici perché alla fine quando guardi il conto ti accorgi che la vita in Cina costa almeno un quarto rispetto all'Italia: nonostante le tante luci sempre accese, lo sfarzo dei grandi magazzini, i grattacieli che arrivano a toccare le bubi e la grande quantità di banche e di uffici finanziari.

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