Cantù, artigiani all'erta
contro le attività cinesi

Dopo le multe dei vigili a tre fra parrucchieri e centri estetici, le associazioni di categoria plaudono ma dicono che non è ancora abbastanza

<+G_DATA>CANTU'<+G_TONDO> Non solo divani e poltrone. I cinesi, in città, hanno aperto un nuovo fronte nell'artigianato, quello relativo alle attività di parrucchiere, estetista e centri massaggi approdate proponendo prezzi talmente bassi - tipo acconciature a una decina di euro - da risultare impossibili per la concorrenza. Concorrenza che manifesta una comprensibile insofferenza, specialmente dopo l'intervento della polizia locale, che ha effettuato controlli, riscontrando irregolarità in tre attività sulle quattro esistenti.
«Non è questione di intolleranza o razzismo nei confronti degli stranieri – premettono, unanimi, gli esponenti di Confartigianato e di Cna – qui si tratta di concorrenza sleale. Esistono attività senza regole, e le multe non bastano. Servono più controlli». Attività d'Oriente sottocosto, e non in regola. Dalle multe di questi giorni, si è salvato solo un centro estetico a gestione cinese. Perché sia il parrucchiere di via Carlo Cattaneo, che le massaggiatrici di via Vergani e – dall'altra parte del crinale – di via Carcano, sono stati puniti dalla polizia locale. Multa da 860 euro per i due centri massaggi, da 500 per il parrucchiere, come prevedono le norme delle due diverse tipologie. Motivo, uguale per tutti: l'assenza del direttore tecnico, la persona abilitata a svolgere l'una e l'altra professione. E potrebbe arrivare anche la sospensione, con la chiusura dei tre esercizi per alcuni giorni.
Le associazioni di categoria sono soddisfatte, ma solo in parte. Ben venga la mossa, dicono. Ma si dovrebbe intervenire a trecentosessanta gradi.
Per Confartigianato, la referente provinciale è Ornella Gambarotto. Conosce bene la situazione in città. «E al sindaco Tiziana Sala l'avevo detto da tempo – dice la Gambarotto – gli irregolari devono chiudere. Se dovessi aprire un'attività in Cina, mi dovrei adeguare. Non vedo perché in Italia si debba chiudere un occhio. Non penso che portino via il lavoro ai professionisti. Ma è una questione di rispetto delle leggi. Oltre alla polizia locale, dovrebbe intervenire l'Asl, la finanza, l'ispettorato del lavoro. Per i loro prodotti, hanno ad esempio il libro degli smaltimenti? Sono certificati? Rispettano la legge 626, per la sicurezza negli ambienti di lavoro? C'è troppo lassismo». Sui centri massaggi, la Gambarotto si limita di proposito a un commento stringato: «Non spendo una parola, tocca alla Questura verificare cosa fanno. Ho mandato apposta alcuni miei amici, a informarsi dei loro servizi. Non dico altro».
Simile il punto di vista di Cna, rappresentata a livello provinciale da Marco Rossi. «Cantù ha avuto almeno il coraggio di partire con le multe – dice Rossi, area benessere – mentre a Como stanno ancora dormendo. A volte, sembra che queste attività siano intoccabili. Mentre tutti gli altri, giustamente, devono avere attestati e certificati. Rovinano il mercato, il giro di vite deve essere reale. Vale per i cinesi e per gli italiani fuori norma». Insomma è già battaglia.

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