Olindo Romano
ritorna a Erba

L'uomo condannato assieme alla moglie Rosa Bazzi per la strage sarà presente al processo per ingiurie, minacce e percosse a seguito della causa che era stata intentata da Raffaella Castagna per un episodio avvenuto nella corte di via Diaz il 31 dicembre del 2005

ERBA Domani mattina Olindo Romano tornerà nella «sua» Erba mentre Rosa Bazzi non sarà presente all'ultima udienza del processo che, originariamente previsto per il 13 dicembre 2006, è stato considerato la scintilla della strage di Erba.
Si tratta del processo per ingiurie, minacce e percosse a seguito della causa che era stata intentata da Raffaella Castagna per un episodio avvenuto nella corte di via Diaz il 31 dicembre del 2005. Il processo, rinviato per oltre tre anni, è giunto alla terza udienza: nelle prime due, quella del 21 dicembre 2009 e quella del 5 luglio, erano stati sentiti prima Rosa Bazzi e poi Olindo Romano.
Domani mattina, di fronte al giudice di pace Elisabetta Reitano, sono previste le conclusioni del pm Emanuela Radice e l'arringa della difesa con la sentenza. L'avvocato Fabio Schembri, legale con Luisa Bordeaux degli imputati, sarà presente in aula: il collegio difensivo di Rosa e Olindo è stato impegnato negli ultimi mesi  nella stesura del ricorso in Cassazione del processo per la strage, dopo i giudizi in primo grado al Tribunale di Como e l'Appello a Milano che hanno confermato i quattro ergastoli e l'isolamento.
Nel corso dell'ultima udienza si era registrato anche quello che poteva trasformarsi in una sorta di colpo di scena: l'avvocato Schembri aveva richiesto al giudice di pace la perizia psichiatrica per entrambi i coniugi Romano. «I dubbi sulla imputabilità e la conseguente richiesta di perizia per accertare la capacità di intendere e di volere - aveva specificato il legale - scaturiscono per la sproporzione fra il movente e quello che è successo».
Il pm onorario, Radice, si era opposta in modo chiaro: «Per quanto concerne i fatti in oggetto, che risalgono al 31 dicembre del 2005, non è emerso alcun elemento che abbia fatto supporre che fosse scemata la capacità di intendere e di volere da parte dei due imputati». Dello stesso parere si era poi dichiarato il giudice di pace Reitano che aveva ritenuto «non necessario l'accertamento psichiatrico per i reati da istruttoria».

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