Panarisi si gioca tutto
sull'ora del delitto

La morte di Antonio Di Giacomo fu provocata da un trauma cranico importante, prodotto da due colpi d'arma da fuoco che hanno trapassato il cranio. All'udienza in tribunale a Como slitta l'interrogatorio di Cappellato: "Giudice sto male"

COMO Giovanni Scola, anatomopatologo: «L'autopsia fu eseguita il giorno 14, nel pomeriggio. Si è accertato che la morte fu provocata da un trauma cranico importante, prodotto da due colpi d'arma da fuoco che hanno trapassato il cranio. I colpi sono stati diretti verso il lato destro della testa della vittima, uno quasi al vertice del capo, l'altro poco più sotto. I fori di uscita dei proiettili sono due: uno accanto all'orecchio sinistro, uno un po' più in avanti, verso la tempia sinistra. Non ho ravvisato la presenza di bruciature sulla cute: in altre parole i colpi non sono stati esplosi a bruciapelo ma da una distanza di almeno 60 centimetri, e comunque con una modesta inclinazione, dall'alto verso il basso. I tramiti delle due ferite, quasi paralleli, inducono a ritenere che i proiettili siano stati esplosi in rapida successione».
La dinamica, la tempistica, addirittura la meccanica dell'uccisione di Antonio Di Giacomo sono state al centro della seconda udienza del processo in corte d'Assise contro Leonardo Panarisi e Emanuel Capellato, nel giorno in cui i due imputati avrebbero dovuto sottoporsi al cosiddetto esame, facendosi cioè interrogare. La loro audizione è stata rinviata non senza qualche tensione tra il tribunale, che avrebbe voluto procedere quantomeno all'interrogatorio di Panarisi, e le parti, decise a chiedere che fosse sentito prima Capellato, il quale, invece, stava male. «Non me la sento, signor giudice, facciamo domani, se sto bene», ha detto al presidente Vittorio Anghileri, chiedendogli di poter lasciare l'aula per fare ritorno in carcere, a Torino.
Dell'udienza, aggiornata a oggi, resta allora lo "scontro" in aula tra l'anatomopatologo dell'ospedale Sant'Anna Giovanni Scola e i consulenti delle difese, i medici legali milanesi Andrea Gentilomo e Claudia Castiglioni che si sono a lungo confrontati sulla distanza più o meno plausibile tra il pranzo - che Di Giacomo consumò con Capellato in una osteria di via Carloni - e la morte, che la procura fa risalire a pochi minuti dopo le 15.40. Gentilomo, in particolare, ha contestato a Scola la mancanza di alcuni dati a suo modo di vedere fondamentali per poter datare il decesso in modo anche soltanto approssimativo. Ne è uscito un controinterrogatorio molto tecnico, ma sostanzialmente inutile: il consulente della difesa di Panarisi riteneva che la morte potesse collocarsi entro lo spazio di un'ora, massimo un'ora e mezza dall'ultimo pranzo, in un orario antecedente l'arrivo dell'imputato in via Cinque Giornate (le celle telefoniche lo identificano da quelle parti alle 15.38); il consulente della difesa di Capellato, invece, tendeva a posticipare il decesso fin oltre la soglia delle due ore, rendendo più plausibile il coinvolgimento diretto di Panarisi.
Prima della sospensione, in aula ha deposto anche Luca Ganzetti, consulente informatico della Procura, che ha fornito un proprio contributo all'identificazione di un orario plausibile. Il computer marca Fujitsu di Capellato, sul quale quest'ultimo consultò assieme a Di Giacomo alcune immagini di orologi, fu acceso alle 14.29. L'ultima visualizzazione di una foto è delle 15.11. Il computer fu spento alle 15.35. Il povero Di Giacomo morì, probabilmente, qualche minuto dopo. Questa mattina si ricomincia. Ore 9.
St. F.

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