Nei boschi un cimitero
di automobili abbandonate

Passeggiando nei boschi sopra la città di Como, soprattutto quando si scelgono sentieri poco battuti, capita di fare strani incontri: mufloni, cinghiali, un cervo e... diverse automobili

COMO Passeggiando nei boschi sopra la città di Como, soprattutto quando si scelgono sentieri poco battuti, capita di fare strani incontri: mufloni, cinghiali, un cervo e... diverse automobili. Alcune buttate giù dalle scarpate e ridotte a scheletri, altre mollate bellamente nel mezzo di qualche mulattiera.
È quasi scontato supporre che si tratti di macchine rubate, occultate tra gli alberi perché ovviamente il ladro non poteva portarle dal demolitore e ad abbandonarle a un angolo di strada avrebbe corso troppi rischi. Ma il ladro, probabilmente, si sarebbe peritato quantomeno di rimuovere la targa dal veicolo, mentre tre delle sei auto che incontriamo lungo il nostro itinerario ce l'hanno ancora. Evidentemente la logica, si fa per dire, che c'è dietro, è la stessa che ogni tanto spinge persone insospettabili a scaricare nel verde lavandini, frigoriferi o lavatrici, invece di potarli alla piattaforma ecologica. Una logica, per fortuna, incomprensibile ai più, che continuano a ritenere le discariche abusive puri atti di inciviltà. Che però alla collettività costano parecchio, tant'è vero che alcune delle auto "imboscate" sono lì da più di dieci anni, sono note alle autorità preposte, ma nessuno le rimuove.
Epicentro di questo fenomeno è la zona balzata da qualche tempo all'attenzione dell'opinione pubblica, poiché interessata dalla costruzione di un traliccio di 60 metri. Già, quella fascia tra gli 850 e 1100 metri sul livello del mare, dove si incrociano i confini di ben quattro comuni (Como, Brunate, Blevio e Tavernerio), rischiando di farla diventare "terra di nessuno", quando si tratta di accertare responsabilità e prendere decisioni. La prima automobile la incontriamo salendo a piedi da Civiglio a San Maurizio, negli ultimi metri del sentiero, prima di sbucare in via Eroi Brunatesi (strada sterrata che incrocia via Alle Colme, quella del Ciclope). Sulla destra, in fondo a un pendio erboso, spunta la carrozzeria di una Mini Minor rossa, ridotta all'osso (mancano vetri, targa e motore), ma ancora inconfondibile. Ma le vere sorprese si trovano in via Regonda, la strada sterrata che parte dalla piazza del faro e, passando dietro la chiesa di San Maurizio, si inoltra nei boschi, dove piano piano si restringe fino a diventare un sentiero. Un tempo lo si poteva percorrere agilmente fino a Blevio, oggi invece il lungo tratto in discesa è quasi cancellato. E fino a una decina di anni fa doveva essere più larga, e ben tenuta, anche la parte in piano. Ora con un fuoristrada si arriva a fatica alla fonte Regonda, ma in altri tempi qualcuno ha portato e, abbandonato, un centinaio di metri più avanti una Fiat Panda bianca e, ancora più in là, una 126 verde, un'Alfa 33 grigia e un'A 112 bianca. Quest'ultima espone il bollo pagato fino al 1999, mentre attraverso il lunotto sfondato dell'A 112 si scorge un calendarietto del '93. Ma, quel che più conta, le ultime tre, a differenza delle altre, hanno la targa: rispettivamente CO 428403, MI 2V9846, MI 0753V. I proprietari, riferisce un residente di San Maurizio che frequenta questi boschi da decenni, sono noti: madre e figlio che avrebbero utilizzato i mezzi per portare materiale vario (da copertoni di auto a reti del letto) con cui è stata fatta la recinzione di un terreno soprastante. Poi le hanno abbandonate lì. Accertati i loro nominativi e la competenza territoriale (di Blevio), la macchina amministrativa si è evidentemente arenata, al pari della 500 che si scorge in fondo a una scarpata semisommersa da terra e fogliame, tornando verso la piazza di San Maurizio. E con questa fanno sei.
Pietro Berra

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Eco di Bergamo C'è un'auto nel bosco