Brunate, 10 anni di guerra
per una tomba

L'ex sindaco Pandakovic dal giudice: "Trattato come un trafugatore di cadaveri"

BRUNATE - A più di dieci anni di distanza dal giorno in cui il Comune di Brunate per la prima volta se ne occupò, la vecchia cappella Monti del cimitero del paese è ancora al centro di una accesissima polemica, declinata soprattutto (ma non solo) in salsa giudiziaria.
Lunedì 17 ottobre, in tribunale, davanti al giudice Francesco Angiolini, si è tenuta una nuova udienza del processo aperto nel 2008 a seguito di una denuncia che l'ex sindaco Darko Pandakovic aveva sporto, per diffamazione, nei confronti di Marco Pedraglio e Manuela Alunni, entrambi brunatesi ed entrambi consiglieri di minoranza negli anni della sua "reggenza".
Pandakovic li accusava, e li accusa, di essere gli estensori di un volantino anonimo distribuito in paese, in cui, nel febbraio del 2007, lo si accusava di avere dissotterrato illegalmente alcune salme - dalla cappella Monti, appunto - per spostarle altrove, senza avere avuto autorizzazioni Asl.
Ora: l'anno scorso sembrava che la causa fosse stata felicemente risolta; imputati, querelante e rispettivi avvocati (Raffaele Bacchetta e Girolamo Alfieri per i due consiglieri comunali, Davide Giudici per l'architetto Pandakovic) avevano raggiunto un onorevolissimo accordo, in base al quale l'ex sindaco avrebbe ritirato la querela se Pedraglio e la Alunni avessero donato 1300 euro di libri alla biblioteca del paese.
Per motivi più o meno incomprensibili, l'accordo è saltato, così ieri mattina il tribunale ha voluto ascoltare le ragioni di Pandakovic, che ha ricordato l'intera vicenda: «La cappella era in condizioni di degrado pietose, e con essa anche le sepolture (l'ultimo erede della famiglia Monti era scomparso nel 1941, ndr). L'intenzione del Comune - ha raccontato l'architetto - era soltanto quella di farsi carico del problema, di risolverlo nel migliore dei modi, ma il progetto fu accolto con una animosità e con una carica davvero infamanti, all'opposto dell'impegno che noi ci avevamo messo. Mi accusarono di essere una sorta di trafugatore di cadaveri». Dopo il sindaco, anche Pedraglio ha reso spontanee dichiarazioni: «Non è vero che ce l'avessimo con lui. Ci eravamo limitati a evidenziare quello che aveva detto il Tar, e cioè che laddove erano state sepolte le salme rimosse dalla cappella, in realtà non si sarebbe potuto tumulare nulla. Quanto allo scritto - ha concluso Pedraglio - non ce ne siamo mai assunti la paternità». Il processo è stato aggiornato al prossimo 23 novembre. Il tribunale ascolterà l'ex segretario comunale Cosimo Montalto, autore del verbale di una seduta del consiglio in cui, a quanto pare, Pedraglio, la paternità dello scritto se l'era assunta eccome.

Stefano Ferrari

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