Giudice di pace, addio
Cantù dice no al consorzio

Bocciata la proposta prestentata dal Partito democratico

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CANTU' Amministrare la giustizia è compito dello Stato, quindi sia lo Stato ad accollarsene i costi, perché il Comune non ha intenzione di farlo. Anche se questo significherà, per i cittadini, vedersi portar via un servizio.
Il servizio è quello del giudice di pace, figura che la città perderà perché, come ormai noto, il Governo, nell'ambito delle misure della cosiddetta spending review, ha ridisegnato la geografia giudiziaria nazionale, il che ha portato a tagliare, tra gli altri, il tribunale canturino. Tutto accorpato al foro di Como, quindi.
Il Partito democratico ha presentato in consiglio comunale una mozione, illustrata all'assembla dal capogruppo Antonio Pagani, per chiedere all'amministrazione municipale di attivarsi per conservare questa risorsa, dividendo la spesa con i tanti Comuni del Canturino che vi farebbero riferimento.
La legge prevede infatti che entro 60 giorni dalla pubblicazione sul bollettino ufficiale del ministero della Giustizia i Comuni interessati, anche consorziati tra loro, possano richiedere il mantenimento degli uffici del giudice di pace, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio.
In soldoni, per Cantù significherebbe un esborso annuo di 40.000 euro. Decisamente troppi, secondo l'assessore alle Attività economiche Luca Delfinetti: «La giunta ha espresso parere negativo, perché una tale spesa non pare sostenibile. È vero che si avrebbe la perdita di un servizio, ma non ritengo che creerebbe eccessivo scompiglio per i cittadini».

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