Morto il nipote di Mussolini
Chiese un processo sul nonno

Figlio del jazzista Vittorio, nel 2007 fu ospite di Alberto Botta ad Acquaseria. Voleva indagini sulla morte del duce e della Petacci, ma la Procura archiviò

MEZZEGRA - Guido Mussolini, figlio di Vittorio e nipote del duce, è morto l'altra notte a Roma. Aveva invano cercato a Como chi avesse ucciso il nonno Benito. I funerali saranno celebrati oggi pomeriggio nella Capitale.

Si è spento senza avere raggiunto l'obiettivo, a fronte «della rassegnazione del papà e dello zio Romano, l'uno convinto dell'inutilità di ogni iniziativa chiarificatrice, l'altro dedito a musica e pittura».

Ossessionato dall'«omicidio»
A un certo punto della sua vita, sette anni fa, aveva deciso di fare riaprire le indagini con un'istanza inviata alla corte d'Appello di Milano ed alla Procura della Repubblica di Como, oltre che alla Procura generale presso la corte di Cassazione a Roma. Del caso, a Como, era stato interessato il pubblico ministero Maria Vittoria Isella.

Guido era convinto che quello commesso fosse stato un omicidio, in quanto, oltre al nonno, quel 28 aprile 1945 era stata fucilata anche Claretta Petacci. Le istanze, tra l'altro, erano state rivolte ad ottenere la riesumazione della salma del duce, nel convincimento che nei giorni successivi all'esecuzione fosse stata effettuata una sommaria autopsia, con necessità invece di dare corso a nuove perizie rese possibili dalle nuove tecnologie. Un'azione legale della quale si erano occupati alcuni avvocati, tra i quali Luciano Randazzo.

Prima di avviare l'azione legale Guido, accompagnato dalla moglie e dagli avvocati, era venuto prima a Como, poi sul Lario, dove, il 28 e 29 settembre 2007, aveva portato a compimento una serie di accertamenti con l'aiuto di Alberto Botta, già sindaco di Sant'Abbondio - Acquaseria e consigliere provinciale.

Botta ricorda di avere ospitato Guido e la moglie a casa sua, mentre gli avvocati avevano preso alloggio a Menaggio. Insieme, il gruppo aveva effettuato sopralluoghi a Musso e si era incontrato con l'allora parroco, don Giorgio Della Valle, a Dongo, dove aveva visitato la Sala d'Oro, a Menaggio, dove si era incontrato con Bruno Solano, uno dei testimoni dell'epoca, con visita alla casa di Emilio Castelli, federale fascista, l'ultimo luogo dove Mussolini, ancora duce d'Italia, trascorse l'ultimo giorno prima della cattura, avvenuta a tra Musso e Dongo.
 
Sui luoghi dell'epilogo
Botta aveva mostrato la documentazione storica raccolta nella casa ad Acquaseria, gli aveva rivelato le confidenze da lui acquisite direttamente da Michele Moretti, il partigiano "Pietro Gatti", protagonista dell'epilogo, e aveva condotto il gruppo a Mezzegra, a casa De Maria, in via del Riale, dove Mussolini e la Petacci, ormai nelle mani dei partigiani, avevano passato l'ultima notte prima dell'esecuzione.

Leggi la testimonianza di Alberto Botta nell'edizione de La Provincia in edicola martedì 4 dicembre

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