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Mercoledì 09 Gennaio 2013
In 40 mila a Milano
per il gioiello di Varese
Tanti sono i visitatori che hanno ammirato la diatreta Cagnola, preziosissimo vaso del IV secolo, all'esposizione dedicata all'imperatore Costantino, a Palazzo Reale di Milano. Abbiamo chiesto a Daria Banchieri, conservatore del Museo Civico Archeologico di Villa Mirabello di Varese di spiegarci perché la diatreta sia tanto affascinante e misteriosa.
Faceva parte delle collezioni del nobile Guido Cagnola e da lui donata al museo di Varese nel 1947; non vi sono elementi che documentano le modalità del rinvenimento e tanto meno la provenienza di questo reperto. Fu pubblicato per la prima volta nel 1870. A. Kisa e altri studiosi agli inizi del '900 sostenevano che la diatreta fosse stata rinvenuta in Sardegna. Per M. Bertolone (direttore del Museo di Varese dal 1937 al 1965) citando il Cagnola il reperto proveniva dal Piemonte, zona di Alessandria. Di fatto il pezzo è stato acquistato da G. Cagnola sul mercato antiquario . Il conte Cagnola era un collezionista molto colto e possedeva anche vetri di epoche più recenti che in parte sono stati donati al Museo di Varese.
A che epoca risale il manufatto? Qual era il suo uso?
I cosiddetti vasa diatreta (dal greco diatretos= forato) erano oggetti in vetro di eccezionale pregio, prodotti fin dal I secolo d.C., ma soprattutto fra la fine del III e gli inizi del IV secolo d.C., che potevano permettersi solo personaggi di alto rango: venivano utilizzati come coppe durante banchetti. La coppa Cagnola (ascrivibile alla seconda metà del IV secolo d.C.) sembra invece aver avuto la funzione di lampada, sospesa per mezzo di catenelle fissate a una fascetta in bronzo di cui si notano ancora le tracce in un lieve cambiamento di colore del vetro al di sotto dell'orlo. I diatreta tardo romani si possono dividere in due gruppi: a decorazione figurata (come nel caso della Coppa Cagnola) e non come nel caso dell'altrettanto celebre pezzo chiamato Coppa Trivulzio
Il procedimento tecnico comprende due fasi: dapprima la fusione o più probabile soffiatura del vetro in una forma grezza; segue poi un delicato lavoro di intaglio e incisione della superficie esterna con trapano e ruota in modo che il rivestimento decorativo resta legato al corpo del vaso esclusivamente per mezzo di ponticelli.
La decorazione della Coppa Cagnola è composta da colonne alternate da maschere tragiche sospese da festoni. La differenza di colore della parte decorata rispetto alla coppa è dovuta alla soffiatura di due strati di vetro di colore diverso.
È la prima volta che la diatreta è sotto i riflettori di una mostra?
No, già alla fine degli anni '80 prese parte all'esposizione dedicata ai "Vetri dei Cesari", negli Stati Uniti e in Europa.
Cosa ci dice la diatreta varesina sull'arte vitrea dei Romani?
I Romani sono famosi in questo campo. In Italia settentrionale si diffonde il vasellame in vetro in coincidenza con l'affermarsi della tecnica della soffiatura a canna libera metodo della lavorazione della massa vetrosa che si afferma a partire dalla fine del I sec. a.C. Questa tecnica permetteva di produrre rapidamente, e quindi a prezzo inferiore oggetti con forme semplici e standardizzate. Vi erano officine molto attive fra il Ticino e il Po che poi elaboravano forme nuove. In particolare fra i balsamari caratteristici vi sono quelli sferici o a forma di colombina che si diffondono fra 30 e 70 d.C.; nel nostro territorio li troviamo per esempio ad Angera) oltre che nell'area Ticinese e nell' alto Piemonte.
Il vetro lo troviamo ancora andando molto più indietro nel tempo nella seconda età del Ferro: ricordo il bel bracciale in pasta vitrea gialla facente parte del corredo della tomba femminile di Lomnago (Bodio Lomnago (metà III-II sec. a. C.).
Ancora più indietro nel tempo - Bronzo Finale: XII-X sec. a.C. ci portano le perle a botticella con decorazione spiraliforme e quelle ad anello trovate anche ultimamente durante gli scavi nell'abitato preistorico dell'Isolino Virginia che a oggi risulta essere il sito più a Ovest con la presenza di questo genere di perle: un grosso centro di produzione delle stesse è Frattesina (RO). Lungo la via adriatica dell'ambra è probabile che viaggiassero anche le perle di vetro. Le perle a botticella a Nord delle Alpi sono anche chiamate Perle delle Palafitte per la loro presenza in insediamenti lacustri del tardo Bronzo Nord alpino
Nell'area insubrica, c'erano località specializzate nella produzione di vetri?
In epoca romana il Locarnese ha una tradizione relativa alla lavorazione del vetro.Molti sono i corredi delle necropoli del territorio varesino, in particolare Angera, ma anche Cocquio Trevisago, Biandronno, Daverio nei quali è frequente trovare oggetti in vetro: balsamari, coppe, urne cinerarie, bottiglie.
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