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Sabato 12 Gennaio 2013
Concorso "Penna nera"
Premiati i racconti di Natale
Domenica 13 la premiazione al palazzo civico di Mariano Comense
MARIANO COMENSE - Domenica 13 gennaio alle 16 al palazzo civico si svolgerà la cerimonia di premiazione dei vincitori del concorso "Il più bel racconto da leggere a Natale" della cooperativa Penna Nera. Su La Provincia in edicola il 12 gennaio due pagine dedicate alla gara.
Di seguito il testo del racconto "Ho difeso il mio amore" di Claudia Rolfi, primo classificato della sezione "Ragazzi"
«Allora, vuoi venire ad aprirmi, dannazione, poichè questi due sacchetti pesano?», avevo ringhiato fuori dalla porta, con la bava alla bocca per la stanchezza. Poi, mi ero accorto che la porta era socchiusa, perciò senza attendere risposta, ero entrato velocemente, come il direttissimo delle sette e trenta per Milano. La vecchia storia della spesa a carico mio, ogni sabato, mi stava davvero infastidendo, soprattutto oggi alla vigilia di Natale, ma ...cosa non avrei fatto per la pace domestica?
Con cura, avevo posato le due buste all'ingresso, com'ero solito comportarmi, poi mi ero avviato con passo felpato, verso la cucina. A quell'ora ero certo di trovare la mia bella, lì a riordinare. L'avrei raggiunta di soppiatto alle spalle, mentre lei avrebbe finto di spaventarsi, dopo mi sarei avviato verso il salotto e sarei sprofondato nel nostro bel divano, morbido, in attesa di lei. Al mio amore piaceva scegliere personalmente il film, che avremmo visto insieme dal nostro lettore Dvd. A me, invece, dell'opera cinematografica prescelta non importava nulla, giacché mi bastavano il divano, il calore del suo corpo, da schianto, appiccicato al mio, ed anche il suo profumo. Quel buon odore così raffinato, l'avrei riconosciuto tra mille altri: era un miscuglio di pastasciutta e di crema antirughe per il viso!
Tuttavia, quella sera, non la sentivo cantare il ritornello: «Amore - amor - portami - tante - rose...», nè udivo il rumore di sottofondo alla sua voce, in pratica quel baccano che provocano tutte le donne, quando devono riporre padelle, piatti e posate al loro posto. Qualcosa di strano, quindi, doveva essere successo.
In effetti, la cucina era ancora in disordine e della mia bella, nessuna traccia, neppure il profumo aristocratico! Quatto quatto, mi ero allora diretto verso il bagno, sperando di avere le allucinazioni, a causa di tutto quel ben di Dio, mangiato a pranzo. «Le bistecche sono pesanti», brontolavo tra me e me «benché io le abbia sempre digerite bene!». Nonostante il bagno rifulgesse dell'olio di gomito pre-natalizio, non trovai ancora la mia compagna. Stavo sul pianerottolo del corridoio, quando mi parve di sentire rumori provenire dalla stanza da letto.
«Forse, avrà deciso di accorciare il tempo che ci separa dal passare la notte insieme, nello stesso letto, bacino contro bacino!», pensai maliziosetto. Nell'aria, per la verità, avvertivo anche uno strano odore, simile al ferro bruciacchiato: lo stesso aroma di quando si cucinano le salamelle sul barbecue, in giardino... ma a Natale?!
«A letto con il mio amore, deve esserci qualche mascalzone!», esclamai imbestialito. Non che io sia un tontolone, ma fino a quel momento il dubbio non mi aveva nemmeno sfiorato. «Che cosa avrei dovuto fare, allora?», rimuginavo dentro di me. «Dovevo cogliere il nemico di sorpresa e sbranarlo o far finta di niente, per gustarmi poi il piatto freddo della vendetta?».
In un attimo di pazzia, confidando nella mole imponente, regalatami da madre natura, mi scaraventai nella stanza, urlando come una belva feroce. Con tutta la rabbia che avevo in corpo, lo colpii alle parti basse, mentre ancora frugava nei cassetti del comò. Riuscii perfino a strappargli qualche pezzo di vestito e parecchi grammi di muscoli, sangue e peletti. Subito dopo, lo affrontai in viso, col mio cipiglio peggiore, ma lui, per la paura, preferì scappare. Fuggì dal balcone come un fulmine, coprendosi le spalle con un paio di colpi di pistola, quasi temesse fossi armato anch'io! Feci appena in tempo a vedere la mia bella, imbavagliata e legata stretta stretta come un salame, sopra una sedia, poi... persi conoscenza.
Da quel giorno, sono ancora più felice di prima. Infatti, non devo più aspettare il sabato per ricevere quattro coccole da lei sul divano, bensì il mio amore è gentile e affettuoso con me a ogni ora del giorno, e mi ha pure esonerato dall'andare a ritirare la spesa dal droghiere dell'angolo. La ferita d'arma da fuoco, infertami da quel ladrucolo, sta guarendo lentamente, cosicchè non so quando possa finire questa pacchia. E' cambiato tutto in meglio, grazie anche alle referenze che il maresciallo dei carabinieri ha stilato su di me: «Si ribadisce l'importanza del comportamento assunto dal Labrador per la cattura del malvivente. Senza, infatti, il rinvenimento, nella bocca del cane, di cospicue quantità di pelle, muscoli e sangue del ladro, sarebbe stata difficilissima l'identificazione e, quindi, impossibile l'arresto del delinquente. Si sta valutando di assegnare una medaglia al merito per l'eroe che ha difeso il suo amore, mettendo a repentaglio la propria vita».
A me, tuttavia, non interessano tutti questi salamelecchi umani, preferisco di gran lunga le salamelle del droghiere e, soprattutto, adoro quello che mi ripete ogni sera sul divano la mia bella: «Sei il mio tesoro e mi hai salvato la vita, cosicchè mai smetterò di farti questi grattini sul tuo pancione adorabile!».
Di seguito il racconto "Un topolino nel presepe", primo classificato della sezione "Bambini" di Martina Borghi.
«Era davvero una brutta giornata: pioveva a dirotto!
Topolino Martino era proprio stanco e infreddolito, aveva girovagato a lungo in cerca di un posto dove poter stare al calduccio, ma senza successo.
<+tondo>Poi, all'improvviso, vide una finestrella aperta, entrò e trovò riparo in una soffitta. Cominciò a curiosare qua e là. Tra mobili vecchi, oggetti rotti e libri impolverati, notò uno scatolone, sul quale era disegnata una stella cometa tutta coperta di brillantini d'oro. Iniziò a rosicchiarlo in un angolo finchè il buco fu abbastanza grande e riuscì ad entrare. Trovò tante statuine del presepe: la Madonna, San Giuseppe, l'asino, il bue, un tenero bambino, tre Re Magi, un cammello, la lavandaia, il fornaio, alcuni pastori e tante pecorelle. In un angolo vide anche una capanna con una mangiatoia; stanco e infreddolito si sdraiò lì dentro, si coprì con della paglia e si addormentò.
Il mattino dopo era la vigilia di Natale; un bambino prese lo scatolone e lo portò di sotto perché voleva costruire il suo presepe.
Prese i personaggi e li mise al loro posto, poi vide il topolino ed esclamò: «Ehi! Tu da dove sbuchi? Non mi ricordavo di avere una statuina a forma di topo! Sei così morbido... sembri vero! Beh! Ti metterò qui: vicino ai Re Magi!».
Topolino Martino si era proprio spaventato ed era rimasto così immobile da sembrare davvero una statuetta.
Quella notte, la magica notte di Natale, Martino si accorse che le statuine avevano preso vita e chiese ad uno dei Re Magi: «Chi siete? Dove state andando?». Melchiorre gli rispose con la sua voce forte e gentile: «Siamo i Re Magi e stiamo seguendo la stella cometa che ci condurrà da Gesù Bambino, il re dei Re. E' un bambino speciale, tanto buono, che farà grandi cose... Gli stiamo portando i nostri doni: oro, incenso e mirra». «Posso venire anch'io con voi? Mi piacerebbe tanto...» chiese il topolino. «Certamente!» gli risposero i Re Magi.
E insieme camminarono a lungo, finchè giunsero alla capanna, dove si era fermata la stella cometa. Martino si accorse che tutti avevano un dono per il Bambino: una morbida coperta di lana di pecora per riscaldarlo, del latte appena munto, del formaggio fresco, un pezzo di pane...
Solo lui non aveva niente da offrire e per questo era dispiaciuto. Cercò di farsi venire un'idea, ma quando arrivò il suo turno non gli era ancora venuto in mente niente.
Si avvicinò al Bimbo tremando e guardandolo provò così tanta tenerezza che non potè fare a meno di dargli un dolcissimo bacio sulla guancia e con i suoi baffetti gli fece il solletico.
Gesù Bambino gli rispose con un sorriso e per ringraziarlo di quel dono semplice ma speciale, perché fatto con il cuore, esaudì il suo più grande desiderio: lo fece diventare una statuina. Per tutto l'anno Martino avrebbe abitato nello scatolone, ma ogni notte di Natale si sarebbe risvegliato insieme a tutti gli altri per festeggiare la nascita di Gesù.
Così da quel giorno Topolino Martino visse per sempre nel presepe, accanto a quel Bimbo così speciale che era venuto nel mondo per portare Pace e Amore nei cuori delle persone.
Di seguito il racconto "Malik ed i pupazzi di neve al cioccolato" scritto da Annamaria Matera di Cosenza, prima classificata della sezione "Adulti".
«Malik era una bambina color cioccolato, una bambina tenera e dolcissima, così bella che veniva voglia di coprirla di baci. Aveva due grandi occhi scuri da cerbiatto, ma erano occhi tristi, da cerbiatto ferito, perché, pur vivendo in un paese bellissimo, Malik era molto, molto povera. Il suo papà non aveva un lavoro e nemmeno la sua mamma lo aveva, così, spesso, in casa non c'era niente da mangiare.
Quando la piccola compì sei anni, il suo papà radunò la sua piccola famiglia e disse: «Malik ha ormai compiuto sei anni e deve andare a scuola, ma se rimaniamo qui, non potrà farlo mai, perciò ho deciso che partiremo, lasceremo questo posto e andremo, tutti insieme, in cerca di fortuna, perché io voglio che la mia bambina abbia un'istruzione e una vita migliore della mia».
<+titolino>L'addio ai cieli stellati
<+tondo>Non ci volle molto tempo per radunare le loro poche cose, così, qualche giorno dopo, Malik, la sua mamma e il suo papà lasciarono per sempre la povera capanna di paglia e fango dove avevano vissuto fino a quel momento. Erano tristi perché sapevano che forse non avrebbero più visto quel loro meraviglioso Paese, i suoi cieli stellati, il deserto silenzioso, nè avrebbero più sentito il barrito degli elefanti e il ruggito del leone. <+togli_rientro>
<+tondo>Sapevano che non avrebbero mai più visto la pelliccia maculata del leopardo, la fierezza della tigre, agili gazzelle correre nella savana e le giraffe dal lungo collo, brucare le foglie dai rami più alti degli alberi. Il papà di Malik, dopo varie peripezie, trovò lavoro in un Paese molto, molto lontano dall'Africa e perciò anche molto diverso. Era un piccolo paese di montagna, nel Nord dell'Europa, un Paese ospitale, ma freddo, ammantato di neve per buona parte dell'anno.
Quando arrivò, Malik si trovò in un mondo che per lei era sconosciuto, un mondo tutto bianco e completamente nuovo. Non fu facile per lei abituarsi a quel clima e a quel paesaggio, ma, per fortuna, i bambini l'accolsero fra di loro senza badare troppo al colore della sua pelle e le vollero subito bene. Appena ne avevano avuto la possibilità, i suoi genitori avevano voluto che Malik, come ogni bambino, avesse qualche balocco.
Quando i genitori l'accompagnarono in un grande negozio di giocattoli, Malik quasi impazzì per la gioia; si aggirava tra gli scaffali, senza neanche avere il coraggio di sfiorare tutte quelle meraviglie, ma quando arrivò nel reparto dei peluches, due grosse lacrime cominciarono a scenderle lungo le guance: sullo scaffale più basso, all'esatta altezza dei suoi occhi, leoni, tigri, elefanti e giraffe di ogni dimensione, la guardavano con occhi dolci e malinconici, come se non aspettassero che lei, come se non volessero altro che una sua carezza. Malik tuffò il viso in quella morbidezza e li strinse tutti in un unico abbraccio.
«Finalmente vi rivedo! Quanto mi siete mancati!».
«Scegline uno - le disse il papà - non possiamo comprarli tutti».
«Sì, papà, hai ragione, ma quale scelgo? Potrei prendere il leone, o l'elefante... Però, anche la giraffa è bella. E la tigre? Auff! Non so proprio cosa fare!».
«Se me lo permettete, io vorrei regalare a questa bimba tutti i pupazzi - disse una voce alle loro spalle - il negozio è mio e sarebbe per me un grande onore poter fare felice una bambina tanto bella».
«Oh, grazie signore, grazie! - gridò Malik, abbracciandolo alle ginocchia, senza neanche aspettare la risposta di suo padre.
«Sono stato bambino anch'io e so quanto può essere doloroso a questa età, separarsi dagli amici più cari. Adesso, vai, torna a casa, tra un po' arriveranno anche i tuoi amici».
«Ringrazia il signore, Malik - le disse il papà, che non aveva avuto cuore di rifiutare, tanta era la gioia che aveva visto negli occhi di sua figlia.
«Grazie ancora, signore» e si sollevò sulla punta dei piedi, nel tentativo di dargli un bacio.
«Ciao, cioccolatino! Torna presto a trovarmi». «Ci puoi contare» disse Malik, uscendo, mentre gli lanciava un bacio sulla punta delle dita. Quando il furgoncino del negozio scaricò i peluches, Malik li sistemò tutti intorno al suo lettino. «Ci scalderemo a vicenda. Qui non è come casa nostra, qui fa molto freddo e quando arriverà la neve, ne farà ancora di più, ma per fortuna, ora ci siete voi».
Passò qualche giorno, Natale era ormai vicino e una mattina, svegliandosi, Malik non sentì al di là della finestra, i soliti rumori, ma un gran silenzio.
Quasi spaventata da questa novità, rimase a letto, con le coperte tirate fin sotto il naso e gli occhi ben aperti, in attesa, fino a quando gridolini di gioia e risate scoppiettanti stuzzicarono la sua curiosità.
Allora, corse a spalancare la finestra e non potè trattenere un «Ooooooh» di meraviglia.
<+titolino>Un'enorme torta di panna
<+tondo>Le strade, gli alberi, i tetti delle case erano tutti ricoperti da uno spesso strato di neve soffice e spumosa, che aveva trasformato il paese in un'enorme torta di panna montata, nella quale si poteva sprofondare fino alle ginocchia, immergersi, rotolare. <+togli_rientro>
<+tondo>Quando il paese cominciò ad animarsi, in mezzo a tutta quella neve, Malik riconobbe i suoi compagni di scuola che, imbacuccati, giocavano felici, lanciandosi palle di neve, scivolando e facendo capriole.
«Malik, vieni anche tu. Dai, che ci divertiamo».
«Ma non avete freddo?».
«Freddo? E chi lo sente il freddo? E poi, devi cominciare ad abituarti, Natale è vicino e dobbiamo cominciare a costruire gli omini. È un'usanza del nostro Paese: per Natale, ogni casa dove c'è un bambino, deve avere nel suo giardino un pupazzo di neve, perché è a lui che Gesù Bambino consegnerà i doni per i più piccoli». Malik era diventata improvvisamente triste.
«Che hai, Malik? Perché sei triste?». «Perché io non so costruire un pupazzo di neve, anzi, non ne ho mai visto uno e quindi per Natale non avrò regali».
«Ti aiuteremo noi e avrai il più bel pupazzo di neve del paese. Scendi, cosa aspetti?».
Bijorn, il più pratico e risoluto del gruppo, disse: «Cominciamo subito, se ricomincia a nevicare, dovremo smettere. Guarda Malik e impara, perché il prossimo anno sarai tu ad aiugare noi. Per costruire un pupazzo di neve, si deve fare una grossa palla per il corpo e una più piccola per la testa, così... e poi bisogna vestirlo». Ogni bambino aveva portato qualcosa per decorare il pupazzo: il cappello di un papà, la pipa del nonno, la sciarpa dello zio. Alle mamme erano state rubate vecchie scope di saggina, una carota per il naso, due bottoni azzurri per gli occhi.
Una ventina di chicchi di caffè servirono per disegnare una bocca sorridente, due rami secchi furono le braccia. «Signori e signore, ecco a voi il signor Tuttobianco - annunciò Bijorn con un inchino e un ampio gesto della mano, che fece volteggiare nell'aria fino a togliersi il cappello -. Malik, ti piace? Sei contenta?».
«Sì, sì, grazie! È bellissimo, anche se... è così bianco!».«Dai, non chiedere l'impossibile. In fondo, la neve è bianca anche sulle montagne del tuo Paese. Non devi sentirti diversa da noi perché non lo sei e sorridi, perché sono sicuro che la mattina di Natale, ai piedi di questo pupazzo, per te, ci saranno tanti doni».
Per niente rincuorata da queste parole, Malik rientrò. Là, circondata dai suoi amici di peluche, si sentiva veramente a casa. Prese il leone e, tuffando il viso nella sua folta criniera e abbracciandolo forte, gli disse: «Hai visto, leone? Hai visto come è bello il mio pupazzo? Peccato che sia così bianco!».
Intanto, fuori, Bijorn aveva radunato i suoi amici.
«Malik non è contenta e credo di saperne anche il motivo, ma ho un'idea e voi tutti dovete aiutarmi a realizzarla, perché a Natale non devono esserci bambini tristi. Ci vediamo qui, in questo preciso punto, a mezzanotte. Mi raccomando, non mancate, ho bisogno del vostro aiuto».
A mezzanotte, infatti, tutti i piccoli amici di Malik si ritrovarano nella piazza del paese. Bijorn arrivò trascinandosi dietro un grosso sacco e una piccola scala.
«Ma cosa hai in questo sacco?» gli chiesero tutti quanti in coro.
«Ho chiesto a Sugar, il pasticcere, di farmi un grosso regalo e di darmi tutto il cacao che aveva».
«Cacao? Tu vuoi dire che questo enorme sacco è pieno di cacao? E cosa dobbiamo farcene?»
«Dobbiamo cospargerlo sui pupazzi di neve, così, domani mattina, quando Malik si sveglierà, li troverà tutti dello stesso colore della sua pelle e sarà finalmente contenta».
«Sarà come fare degli enormi gelati al cioccolato e per la prima volta, i nostri omini di Natale saranno buoni anche da mangiare. Bravo, Bijorn! Hai avuto un'idea fantastica».
L'aria era così fredda che fece solidificare il cacao non appena si poggiò sulla neve, trasformando i pupazzi in buffe statue di cioccolato, dolci e profumate, che brillavano sotto la luce della luna. Il mattino dopo, al suo risveglio, Malik trovò un mondo completamente diverso. All'inizio non capì, ma quando si rese conto di cosa stava vedendo, sentì una grande gioia, una felicità che le fece spuntare le lacrime agli occhi: nei giardini davanti alle case, tutti gli omini di neve si erano miracolosamente trasformati e ora splendevano sotto il sole, mostrando fieri un colore nuovo e strano, che somigliava molto a quello del cioccolato e della sua pelle.
«Leone, giraffa, elefante, venite a vedere, guardate che meraviglia - diceva con gli occhi che le brillavano per la felicità.
«Questi buffi pupazzi al cioccolato somigliano tanto agli uomini del nostro Paese, ma non è per questo che devi sentirti felice - le disse il leone, mostrando tutta la sua saggezza da re della foresta.
«Devi essere felice perché hai trovato dei veri amici. non appena la temperatura si alzerà, i pupazzi si scioglieranno e non rimarrà altro che una scura pozzanghera sul terreno, ma questo non deve rattristarti perché anche senza di loro, da oggi in poi, qui, tu potrai sentirti a casa, perché la nostra casa è dove ci sono persone che ci vogliono bene e credo che i tuoi nuovi amici te ne vogliano veramente tanto, se hanno fatto tutto questo per te».
«Eh sì, è proprio vero che ad ogni Natale si rinnova il miracolo dell'amore - commentò burbero l'elefante, alzando in alto la proboscide per la commozione, mentre Malik correva fuori per ringraziare e scartare i pacchetti dei suoi doni, posti ai piedi di un buffo pupazzo di neve... al cioccolato».
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