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Domenica 22 Marzo 2009
An addio, la tristezza dei comaschi
Ma niente lacrime come a Fiuggi
A Roma 10 delegati. Caradonna: «Per chi è nato nel Msi c’è un po’ di sofferenza»
In trentadue anni di attività politica l’assessore alle Grandi opere di Palazzo Cernezzi Fulvio Caradonna, è passato dal Fronte della Gioventù (nel 1977, a 16 anni) e ha condiviso la storia della destra con Fini (è uno dei pochi comaschi che gli da del tu), La Russa e Gasparri. «A 18 anni ero segretario regionale del Fronte della gioventù - racconta Caradonna - e Fini era segretario nazionale. Lì nacque l’amicizia che dura da allora. Poi ci ritrovammo nell’esecutivo nazionale». L’assessore non nasconde che l’addio ad An non è indolore: «La tristezza è indubbiamente molta perché la storia del Msi è una storia che ha avuto momenti allora di lotta dura, a rischio della vita, eravamo davvero ridotti in un ghetto. Si viveva fianco a fianco nei rapporti umani: poi c’è chi diventato presidente della Camera e chi assessore. Già da questo punto di vista il passaggio in An era stato traumatico. Il percorso è giusto: certo che per chi, come me, è nato nel Msi c’è un po’di sofferenza, ma il vero momento difficile è stato nel ’95». Due le anime in questa due giorni di Roma: gli ex missini e chi è entrato in politica dopo la svolta di Fiuggi. «Adesso - chiude Caradonna - la difficoltà effettiva è cercare di far decollare questa nuova casa non solo a livello nazionale, ma a livello locale. Bisogna mettere insieme logiche di partito come quella di An con quella meno rigida di Forza Italia. Sostengo da sempre che a livello nazionale è più semplice, a livello locale vedremo nei prossimi mesi».
Tra i dieci delegati lariani, ovviamente, anche il presidente provinciale e senatore Alessio Butti: Fronte della gioventù dalla fine del 1978, poi nel 1992 alla Camera per il Msi (la legislatura più breve, quella in cui esplose Tangentopoli, quella del cappio lumbard e delle spugne in aula degli esponenti del Msi appunto). Poi Fiuggi e il ritorno in Parlamento dal ’96 ad oggi. Anche per lui niente lacrime perché il vero passaggio è datato 1995 e ormai consegnato ai ricordi. «Fiuggi fu un momento emotivamente importantissimo - racconta - Mi trovai a piangere insieme ad altri amici e amiche sulla frase "Lasciamo la casa del padre per non farne più ritorno". Fummo tutti colti dall’emozione. C’era Tatarella». Primavera 2009, la situazione è ben diversa: «Questo non è un funerale - chiude Butti - ma una sfida politica vera e nuova. Saremo e resteremo la destra nel centrodestra».
Oggi con l’intervento di Fini si archivierà definitivamente il simbolo della fiamma rimasto anche dopo Fiuggi e resistito 63 anni. Resteranno solo tre cose: l’azzurro, il bianco e il tricolore. Ma il partito di An, di fatto, muore. E con lui bandiera e simbolo
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