Sui bond parla la Casa Bianca
Per Washington sono falsi

Sulla vicenda dei 134,5 miliardi di dollari in titoli di credito, una posizione ufficiale sull’autenticità delle carte sequestrate agli inizi di giugno al valico con la Svizzera arriva nientemeno che dalla Casa Bianca

Se l’Italia sceglie la strada del silenzio, sulla vicenda dei 134,5 miliardi di dollari in titoli di credito, una posizione ufficiale sull’autenticità delle carte sequestrate agli inizi di giugno al valico con la Svizzera arriva nientemeno che dalla Casa Bianca. E, in particolare, dal portavoce del Us Secret Service di Washington (il corpo alle dirette dipendenze della presidenza di Obama) Darrin Blackford, che al quotidiano Avvenire ha inviato una mail in cui spiega: «Non abbiamo alcun rapporto (sul caso dei bond sequestrati ndr) che possiamo rendere pubblico. Comunque posso confermare che i bond a cui fate riferimento sono strumenti contraffatti». Insomma, stando agli investigatori statunitensi le carte che i funzionari di dogana e le fiamme gialle hanno trovato nella valigetta di due cittadini giapponesi non solo non avrebbero il valore astronomico di 134,5 miliardi di dollari, ma non avrebbero alcun valore del tutto. Eppure sull’intera vicenda resta il mistero. Un mistero alimentato dai troppi silenzi che, a due mesi dal clamoroso sequestro, forse travalicano le esigenze di riservatezza. Anche perché i primi a fornire risposte sul tema sono gli stessi statunitensi. Che in quanto rapidità bagnano il naso ai colleghi italiani, se si pensa che la mail di risposta del portavoce del Secret Service al cronista di Avvenire è stata spedita solo quattro ore dopo l’invio della richiesta di informazioni. A gettare ombre sul mistero, in ogni caso, ci si mette a modo suo una fonte dell’ambasciata Usa a Roma, citata sempre nell’articolo del quotidiano economico, secondo la quale «non abbiamo mai sentito di una nostra commissione investigativa sul tema dei bond», com’era invece stato ventilata meno di un mese fa. Dunque, ricapitolando. Il 3 giugno due giapponesi in doppiopetto, Mitsuyoshi Watanabe e Akihiko Yamaguchi, vengono fermati alla stazione internazionale di Chiasso con documentazione valutaria per un valore di 134,5 miliardi di dollari. Dalle carte emerge che i titoli di credito sequestrati sarebbero di proprietà di una fantomatica "Dragon family". Si scopre che su alcuni blog statunitensi, a dispetto del silenzio imposto in Italia, qualcuno non solo pubblica i nomi dei due giapponesi fermati - mai emersi da fonti ufficiali - e il coinvolgimento della "Dragon family", ma pure la fotocopia dei passaporti dei due cittadini nipponici. Quindi la procura si mette a indagare anche su Alessandro Santi, imprenditore di Carimate coinvolto - non si sa a quale livello - nella vicenda. Infine ecco emergere un ordine esecutivo risalente alla presidenza Kennedy che sembra accreditare l’autenticità quantomeno di una parte del tesoro sequestrato. Ora la nota proveniente da Washington chiarisce la posizione ufficiale Usa: tutto falso. Ma il giallo sembra lontano dall’essere chiarito.

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