Anche le telecamere fanno flop
Carate Urio, indagini al palo

E' sempre più fitto il mistero che avvolge la morte di Antonio Dubini, l'imprenditore ucciso sabato sul cancello di casa. Interrogati i familiari, si cercano testimoni. I sistemi di videosorveglianza lungo la statale Regina non hanno, finora, fornito risposte

Como - Convocazione in Procura, al quinto piano del palazzo di giustizia, per i familiari di Antonio Dubini. Moglie e figli hanno risposte alle domande del pubblico ministero Antonio Nalesso, il magistrato che coordina le indagini e che ha voluto sentire per la prima volta anche la primogenita dell’imprenditore, rientrata a tappe forzate da una vacanza all’estero.
Le audizioni della vedova e dei figli non hanno fornito nessun ulteriore contributo a una inchiesta ormai nel novero delle più impervie che la storia della procura comasca ricordi. Al tramonto del quarto giorno si chiariscono meglio alcuni dettagli relativi alla dinamica dell’omicidio, resta in piedi l’ipotesi di un movente legato al denaro, sfumano le chance di pescare indizi (o addirittura prove) dove, a torto, si era creduto di poterne raccattare più facilmente che altrove. Le telecamere, per esempio: nell’era del «comune videosorvegliato» (etichetta che le amministrazioni si appuntano con orgoglio, un po’ come un tempo si faceva con i «comuni denuclearizzati») non se ne trova mezza che funzioni a dovere. Gli impianti video tra Carate Urio e Como forniscono risposte eterogenee: c’è quello che funziona perfettamente e tutto coglie ma che non registra nulla; c’è quello che registra tutto ma lo fa martoriando la stessa videocassetta Vhs da anni, dal ché deriva una qualità dell’immagine pessima; c’è quello che funziona e registra ma purtroppo, sabato pomeriggio, era spento; c’è, infine, quello finto, una scatola di cartone vuota che serve soltanto a intimorire i malintenzionati.
La salma, intanto, resta a disposizione degli inquirenti, anche se l'autopsia è stata già effettuata. Confermate tutte le anticipazioni: a uccidere è stato quasi sicuramente un uomo (lo si deduce dalla forza con cui sono stati portati i colpi) che impugnava una lama di media lunghezza e che ha colpito Dubini con 22 fendenti.

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