Artigiani in rivolta sugli studi
Uno su due è fuori dai parametri

Piccole imprese in rivolta contro gli studi di settore: oltre 9mila piccoli artigiani comaschi rischiano un accertamento del Fisco per non essere in regola con i parametri di reddito fissati dagli studi di settore. Un fenomeno legato alla crisi he ha falcidiato fatturati e ricavi fino a 40%. Ed ora il pericolo è una valanga di ispezioni.

Sono più di novemila gli artigiani e le piccole imprese del Comasco non congrue per quanto riguarda gli studi di settore, novemila aziende che dovranno, nonostante la crisi, mettere mano al portafogli e adeguarsi. Delle 18.500 aziende artigiane presenti sul territorio provinciale, circa la metà non rispettano i parametri fissati dallo stato. Per queste realtà che rappresentano il tessuto produttivo italiano e comasco, crisi o non crisi, l’unica strada percorribile sarà pagare oppure attendere gli eventuali controlli. In questo momento però ogni sforzo economico distoglie l’attenzione dalle problematiche reali dell’azienda e dalle perdite di fatturato, per alcune superiori al 40%, e le mette in forte difficoltà, quasi a rischio. Per Giorgio Colombo, segretario generale di Confartigianato Como, il momento difficile e acuito da questi parametri non calibrati sulle reali potenzialità delle imprese, che rischiano di metterle in ginocchio: 
"Personalmente non sono mai stato un amante degli studi di settore, e non lo sono soprattutto in questo momento in cui ci troviamo a raffrontarci con una crisi che non può risultare nei parametri prestabiliti – spiega Colombo -. Io credo, e mi sembra una cosa logica e assodata, che l’eventuale prova di lavoro nero debba arrivare da parte dello stato, e non basarsi su tabelle e presunzioni".
L’artigiano è innocente fino a prova contraria, secondo Colombo, gli studi di settore invertono invece questo assioma, l’artigiano è colpevole fino a quando non dimostra il contrario: "Ripeto, deve essere lo stato a dimostrare che qualcuno non ha rispettato la legge, e non viceversa – riprende Colombo -. Si tratta della normale etica del rapporto, in ogni caso non siamo noi, non sono gli artigiani a fare il nero. Alla fine però siamo quasi costretti, per evitare problemi, ad adeguarci e il costo ricade anche su Inps, Irap, Irpef". Di certo il sistema non porta a distinguere chi lavora rispettando le regole e chi non lo fa: "Dei 18.500 artigiani iscritti all’albo in provincia di Como, la metà circa non risulta essere congrua – riprende il segretario di Confartigianato -. Il dato è confermato anche per quanto riguarda gli imprenditori associati, ottomila, e quelli che fanno contabilità da noi, circa cinquemila, il rapporto e un’azienda congrua ogni due".
Momento difficile per gli artigiani, e gli studi non vanno di certo incontro ai problemi del settore: "Prima della crisi tra il 75% e l’85% delle aziende erano congrue, ora la percentuale è scesa. Mi sembra che quel tipo di controllo crolli sotto la crisi. Bisogna intervenire per almeno modificare i parametri. Confartigianato poi da tempo ha intrapreso azioni per far crescere il concetto di regolarità". A queste difficoltà si assommano i ritardi nei pagamenti o i mancati pagamenti, di aziende o pubblica amministrazione: "La pubblica amministrazione paga ormai dopo sette mesi, poi ci sono i problemi con i privati. Gli studi di settore più queste difficoltà porteranno probabilmente a novembre molte imprese ad aprire finanziamenti in banca per pagare l’acconto delle tasse".

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