Valeria, il trans comasco
"Io e i miei clienti... normali"

La storia di un trans che lavora sulla Lomazzo Bizzarone: "Mi vuole la gente che si ritiene normale, nessuno pensa di essere gay. Glielo faccio credere. In due ore mi cercano una decina di clienti. Perchè lo faccio? Per aiutare i miei fratelli. Non tutti vogliono arrivare fino in fondo. Molti vogliono solo parlarmi e guardare. Arrivano in tanti, giovani, vecchi, pensionati, sposati"

Bregnano «Così fan tutti», dice Valeria con quella faccia di chi è abituata a veder arrivare uomini che hanno lasciato a casa mogli, figli e la maschera del conformismo per arrivare a guardare sotto il suo mini abito. Per come la vede lei, dall’alto dei suoi stivali neri altezza coscia, non ci sono drammi, storture, perversioni o scandali nel pellegrinaggio notturno dei suoi clienti. È gente «normale», che la mattina dopo prende una giacca e una cravatta da un armadio e timbra un cartellino prima di andare in ufficio o dietro uno sportello.
Conta così poco il lavoro, in quel frangente, che Valeria non sta neanche a far l’elenco delle professioni, fa prima a riassumere: «Tutti».
Tutti significa che in tutte le categorie - giovani, vecchi, sposati («soprattutto sposati», ammicca Valeria), pensionati, ricchi, poveri - c’è qualcuno con il vizietto. «E ovviamente - ride lei - nessuno arriva mai perché è gay o cosa». «No, no - agita l’indice di una mano tanto curata da sembrare davvero quella di una donna -. Arrivano tutti per caso. Perché hanno voglia di fare un’esperienza nuova, qualcosa di diverso. Nessuno dice mai che preferisce gli uomini». Basta lasciarglielo credere. Perché i clienti la vivono (o dicono di viverla) così. Come un gioco. Perché guardare un trans da vicino è come andare a Disneyland, perché la notte è lunga, la moglie dorme, i figli stressano, il lavoro soffoca e la fuga dalla realtà e quello che ci vuole. Per come la vede questa peruviana di 29 anni, nata maschio, trasformata in femmina, tranne per un particolare, non c è bisogno di scomodare Freud. È che per molti uomini va così. «Io mi sono fatta questa idea, gli italiani sono viziosi. Capisci? Vogliono vedere bene bene come sei fatta tutta tutta. Se domani ne arriva una nuova, vanno. Se anche è più brutta, vanno lo stesso. Pagano per vedere come è fatta. Poi tanti vogliono parlare. Se sei lesbica, per esempio, mica puoi dirlo alla tua amica. Lo dici a una lesbica che sa cosa senti tu. In certi casi è lo stesso. E poi come si dice, il tuo migliore amico è il tuo peggior nemico, certe cose non gliele puoi dire». Valeria vive a Milano, arriva alla sua rotonda, tra Bregnano e Cermenate le sere in cui ha voglia di lavorare.
«Adesso c’è la crisi, ma fino a qualche mese fa si lavorava tanto». Tanto vuol dire più di dieci a sera, con orario di lavoro da mezzanotte alle 2 e mezza».
Più di dieci a sera? Sembra un’enormità. Ma Valeria frena subito: «No, no, cosa hai capito. Non tutti vogliono fare tutto, tanti vogliono questo, tanti altri quello».
Non tutti gli uomini vogliono arrivare fino in fondo, tanti chiedono alternative, «ma tanti altri vogliono solo guardarti, toccarti, parlare».
Sesso a pagamento con un trans per parlare. Meglio che andare dallo psicologo. Perché quello è indice di debolezza. Il trans, invece, si incontra di nascosto, al buio, di notte e se non sei Marrazzo non userà quel che avete fatto sulla sua auto per ricattarti.
«Ah sì, Marrazzo. L’ho sentito in tv. Io politici non ne ho mai visti. Gente in uniforme sì». Pure loro in una lista che non fa salvo nessuno. Non è un problema che esplode appena entri nei palazzi del potere. È un vizio che si tiene nascosto fuori dalle mura di case borghesi. A Como le Natalie e le Brenda fanno pagare trenta euro per dieci minuti un quarto d’ora.
«C’è di tutto - aggiunge Valeria mentre si tira le maniche del golfone fino alle nocche -. C’è anche chi ti ruba, gli albanesi, i rumeni, quelli picchiano anche. A me mai, ma altre sono stata rapinate. Quando i travestiti sono arrivati su questa via (e indica la Lomazzo Bizzarone) c’erano le prostitute. E i loro protettori arrivavano con le macchine per investire i trans. Allora - informati - sono andati a fare le denunce e il problema è stato risolto».
«Io faccio questo lavoro per soldi - dice Valeria, che ha i denti bellissimi, le labbra carnose con il rosetto rosa e gli occhi sottolineati sopra e sotto da due archi fatti con la matita nera -. Ho fatto tanto per i miei fratelli». Altro che finire sulla strada per avere i soldi per gli interventi di chirurgia plastica. «Quelli li ho fatti prima di 18 anni perché qui costano tanto, ma in Perù no. Ma poi ho lavorato per la mia famiglia. Siamo in tanti. Quanti? Tanti». Giura che ha rifatto solo «il naso» (piccolo, bellissimo), il seno («la quinta») e il «sedere». Ritocchi che Valeria ha cercato per cercare quell’armonia di curve che un uomo insegue quando vuole trasformarsi in donna.
«I miei sanno che sono un travestito, ovvio, ma non sanno che faccio questo lavoro», dice, mentre gli occhi scivolano verso l’asfalto. «Mi state facendo perdere un cliente». Sfreccia via una vecchia station wagon bianca e nel giro di mezz’ora sulla strada, saranno due i clienti persi per Valeria. È solo l’una e mezza di notte di un mercoledì qualsiasi, ma più diventa tardi, più le auto aumentano. «Ho lavorato in Spagna, in Francia, in Germania. Lì si lavora solo in appartamento. Da cento euro in su. Qui paga 100 euro solo chi vuole andare al motel». Non è neanche una delle notti più fredde, eppure si gela. Difficile fare il travestito in strada. «Difficile lavorare in strada - corregge il tiro Valeria -. Io adesso me ne vado in Perù, così riposo. Poi magari vado a lavorare al caldo. A Nizza, magari». Ormai ha imparato a riconoscere i clienti. «All’inizio è stata dura. Sono arrivata e ho detto, questo è il mio lavoro. Adesso guardo nel finestrino e se vedo che uno è fuori, dico no. Qualcuno chiede "pippi?". Io non pippo. Ma dico sì. Senno il cliente non mi carica in macchina. Perché una mia amica che "pippa" mi ha spiegato che il cliente che prende cocaina sente delle cose, adesso non so cosa, ma vuole che anche il trans le senta».
Tristezza, malinconia, depressione, non sono vocaboli del mondo di Valeria. «Io non ho amiche. Solo due, in Perù, ma qui sono sola. E sto bene così. Sono serena. Perché questo è un mondo di ipocriti». Per come la vede lei, il prossimo girerà l’angolo tra poco e per come la vede lei, si pentirà solo se e quando lo scopriranno.
Anna Savini

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