Big bang lariano nel 2020
"Buco nero? Rischio remoto"

Fisici dell’Insubria nell’esperimento che affinerà quello in corso al Cern di Ginevra. Servirà a forografare con più precisione la "particella di Dio", sempre che si riesca a catturarla, e a chiarire altri misteri della materia

«La tecnologia che stiamo mettendo a punto servirà per "the next big thing"... sperando di non sparire tutti il nel buco nero il mese prossimo».
Sorride sornione Massimo Caccia, docente di Fisica all’Università dell’Insubria. Il mondo ha appena tirato un sospiro di sollievo, dopo che gli scienziati del Cern di Ginevra hanno azionato il macchinario per riprodurre il big bang senza causare l’apocalisse da più parti ventilata, e lui sta già lavorando al "prossimo grande evento", che nel 2020 dovrebbe fotografare con precisione ancora maggiore l’origine dell’universo. Si chiama Ilc, ovvero International Linear Collider, una supermacchina che per fotografare le particelle utilizzerà dei sensori messi a punto da Caccia insieme al suo gruppo di 7 ricercatori della facoltà di Scienze di Como. «Con Lhc rompi il marmo e scopri la vena - spiega Caccia utilizzando una similitudine scultorea -, con il linear collider completi il capolavoro». Il nuovo "autoscontro" per fasci di materia e antimateria sarà un tubo lungo 30 chilometri (3 in più di Lhc) e costerà 5 miliardi di euro (uno in più dell’anello appena inaugurato). «Tra il 2010 e il 2012 verrà scelto il sito dove collocarlo - dice Caccia, poi si inizierà la costruzione che in sette anni ci porterà a completarlo». Le pianure di Chicago sono il pole position per ospitare la supermacchina. E Caccia e soci non nascondono di «fare il tifo per Obama», che da presidente degli Stati Uniti probabilmente favorirebbe l’esecuzione dell’esperimento del secolo nella sua città.

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