Cadorago, l'abito non fa il frate
Storia di due francescani

La vicenda di due frati accolti inizialmente con diffidenza in paese e che, poi, hanno trovato un giaciglio, cibo e acqua

CADORAGO - «È triste costringere gli angeli a mostrare i documenti....». La lettera di una nostra lettrice, Simona Cairoli di Cadorago, si conclude con questa considerazione amara ma la storia che ci ha voluto far sapere è tutt’altro che triste. Gli angeli a cui si riferisce sono due frati francescani che, nel loro peregrinare per raggiungere a piedi Assisi, sono passati per Cadorago bussando alle porte per chiedere cibo, acqua e un giaciglio. In un giorno di metà agosto, la loro insolita presenza era stata accolta, almeno inizialmente, in modo a dir poco titubante fra i cittadini. Un atteggiamento comprensibile, di questi tempi, in cui leggiamo di truffe e furti nei modi più ingegnosi possibili: vuoi che a due ladri non possa venire in mente di travestirsi addirittura da frati per mettere a segno un bel colpo?Ma, almeno questa volta, no. Questa volta è andata diversamente: «La fiducia verso il prossimo è ormai sepolta sotto le nostre paure - ci ha scritto Simona Cairoli - ma quel giorno mia sorella ha creduto in loro e li ha accolti nel prato del giardino di casa sua. Quel giorno, il 18 agosto, era una data particolare per noi, il giorno seguente sarebbe stato l’anniversario della morte di nostro padre, che era molto legato ai francescani».I due frati hanno poi ricevuto da mangiare e da bere da tanti altri residenti che hanno vinto le loro paure moderne: non avevano di fronte ladri mascherati ma veri francescani, di nazionalità belga, impegnati nel loro viaggio di fede diretti ad Assisi. «L’unica cosa che mia sorella gli aveva chiesto, era che pregassero per nostro padre: la mattina seguente non c’erano più, erano partiti presto ma avevano lasciato sul tavolino un’immaginetta della Madonna e un bigliettino in cui ci ringraziavano per averli accolti e ci rassicuravano di aver pregato per nostro papà».Una storia d’altri tempi, con un lieto fine anche se, come conclude la sua bella lettera la signora Cairoli,: «Quanta tristezza costringere gli angeli a mostrare i documenti....»
Guglielmo De Vita

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