Crac Parmalat, per Tanzi
chiesti 13 anni di carcere

Nuova udienza al processo per il crac Parmalat e il pm di Milano ha chiesto al giudice una condanna per l'ex patron dell'azienda, Calisto Tanzi, 13 anni di carcere.

Con una richiesta di condanna forse senza precedenti per un processo in cui l'accusa principale è quella di aggiotaggio, si è conclusa la requisitoria della Procura di Milano contro Calisto Tanzi e altri otto imputati per reati connessi con il crac Parmalat: 13 anni di carcere per l'ex patron dell'azienda di Collecchio (Parma), ritenuto il "perno" di una vicenda paragonata anche a "un brutto film di mafia" che, in un certo senso, è stato precursore del film di questi giorni che sta spazzando via molte banche d'affari. A chiedere la condanna sono stati il procuratore aggiunto Francesco Greco e i pm Eugenio Fusco e Carlo Nocerino. Al termine della requisitoria di Greco, cinque ore in cui è stata ricostruita nei minimi dettagli la "frode al mercato" gestita - secondo l'accusa, da Parmalat con Bank of America e i suoi manager, la parola è passata a Fusco. Un buon quarto d'ora per parlare della posizione di Italaudit (ex Grant Thornton), la società di revisione finita alla sbarra in base alla legge sulla responsabilità amministrativa, per poi passare alla richieste. Pesanti. Prima però il magistrato, rivolgendosi al collegio, ha fatto una premessa: "questo è un aggiotaggio irripetibile per la sua gravità", per la sua durata nel tempo, per "il concreto pericolo dell'alterazione dei titoli", per la frode ai danni di un esercito di bondholders, per "l'intesità del dolo". Pertanto, nonostante gli imputati siano incensurati, "non si possono concedere le attenuanti generiche tenuto conto anche delle motivazioni che hanno spinto ciascuno di loro al delitto e della condotta contemporanea e susseguente ai fatti contestati che ha dimostrato come se ne siano infischiati dei risparmiatori". Dopo di che gli anni di reclusione conteggiati in base alle aggravanti, alla continuazione e ai reati satellite (ostacolo all'attività degli organi di vigilanza e concorso in falso dei revisori): 13 per Tanzi, tre anni e mezzo per Giovanni Bonici, ex responsabile di Parmalat Venezuela; cinque anni per Paolo Sciumé e Luciano Silingardi e quattro anni per Enrico Barachini, ex consiglieri indipendenti del gruppo; sei anni per Luca Sala, cinque anni per Luis Moncada e tre anni e mezzo per Antonio Luzi, ex dipendenti di Bank of America e definiti da Greco "giocatori d'azzardo con le carte truccate". Riguardo a Italaudit, 300 mila euro di pena pecuniaria e confisca di 600 mila euro. E se Giampiero Biancolella, uno dei difensori di Tanzi, ha sostenuto che "esiste una discrasia tra le pene che sono state patteggiate e la pena chiesta per Tanzi", e il suo collega Fabio Belloni ha sintetizzato con una battuta "grande imputato grande pena", diverso è stato il parere di Marco De Luca, legale della nuova Parmalat: "Una richiesta così forte e una condanna così forte possono essere un monito severo alle istituzioni finanziarie rispetto al futuro del mondo economico e all'utilizzo di strumenti trasparenti e rispettosi degli interessi dei risparmiatori". Per il prof. Carlo Federico Grosso, che rappresenta il comitato dei circa 32 mila risparmiatori truffati, "le richieste dei pm sono assolutamente coerenti con il contenuto della loro requisitoria in quanto avevano definito gli episodi di aggiotaggio come unici nel panorama della criminalità economica del nostro parese". Non solo. Questa mattina Greco nel suo intervento - in cui tra l'altro ha citato la love story tra Naomi Campbell e il finaziere Marcus Elias, nuovo proprietario di Parmalat Brasile - ha detto che "il crollo della finanza internazionale di questi giorni che ha fatto sparire il settore delle banche d'affari, è la migliore dimostrazione che l'intuizione dei magistrati di Milano e Parma era giusta: le banche erano corresponsabili nel crac di Parmalat, hanno collaborato con false informazioni al mercato, con artifici a tenere in vita un titolo che già da due anni doveva andare in default". Parmalat è stata definita una "gallina dalle uova marce d'oro" e la sua vicenda paragonata a "un brutto film di mafia", dove gli istituti di credito, in particolare Bank of America, sapevano ed erano complici perché hanno "avuto un occasione di guadagno" e perché hanno venduto al gruppo "quelle schifezze di cui parlano i giornali. Quei titoli tossici che erano stati tutti rifilati a Parmalat".

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