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(Foto di CUSA)
Nuovo arrivato «Sono uno che non molla. Un difensore deve soprattutto impedire all’attaccante di far gol. Ed essere semplice»
Tutto tranne che banale. Basta parlarci dieci minuti, nel divanetto fuori dall’hotel Palace, per capire che Filippo Delli Carri non è il prototipo di ragazzino trasparente, scolaretto in provetta imposto dai tempi moderni. Sguardi e parole hanno una direzione ben precisa, senza paura. Un talento che, dalla Juve Under 23, temeva di aver sprecato tempo alla Salernitana, seppure in serie A, con solo cinque presenze. E che ha una fretta e una determinazione notevoli per riappriopriarsi del suo ruolo: promessa del calcio italiano con presenze in nazionale U20.
Certo. Dovevo ripartire dopo una stagione a Salerno un po’ così. Non bisognava sbagliare la scelta. Ne abbiamo parlato con il mio procuratore, e l’offerta del Como è parsa invitante.
Il fatto che qui ci sia una società strutturata e ambiziosa e che ci sia tutto per lavorare bene. Un’occasione che non posso sprecare.
L’anno scorso non è stato bello.
Sì, ma da quando è arrivata la rivoluzione di Sabatini non ho più giocato. Ok, eravamo in tanti, ci sta la selezione, ma uscire dalla riunione tecnica non era piacevole.
Sì, ho giocato cinque partite. All’inizio ero un po’ spaventato, o comunque prudente. Passavo dalla C alla A... Poi ho visto che ci potevo stare. Ho esordito a Firenze, dove non sono andato male anche se un mio errore in uscita ha favorito un gol avversario. Ma ero integrato, ho giocato alcune partite con le big, contro il Napoli, contro l’Inter... Sono passato dalle partite della Juve Under 23 dove sugli spalti c’erano i parenti dei giocatori, a 30mila tifosi scatenati. Un impatto da digerire. Ma alla fine mi sono sentito all’altezza.
Ero talmente deluso che non mi sono nemmeno potuto godere la salvezza...
Mah, ero troppo avvelenato. Certo, l’esperienza di Salerno ti resta dentro. Mai visto nulla di simile. Lì, quando c’è la partita chiudono i negozi... Una città si riversa allo stadio. Pazzesco. Però per me è stata una chance persa.
Speriamo. Ribery quando aveva voglia, certo non lo prendevi. Ma ci sono stati anche momenti delicati, in gruppo.
Sono uno che non molla, per me ogni partita è una battaglia. Un difensore deve soprattutto impedire all’attaccante di far gol. Ed essere semplice.
Facile: Chiellini. Tanta letteratura sui difensori, ma poi lui mostra che con la semplicità, il lavoro e il tempismo si diventa indispensabili.
Un po’ ce l’avevo evidentemente nel carattere, ma fondamentale è stato l’incontro con una persona.
Eziolino Capuano, allenatore che ho avuto nella mia esperienza a Rieti. Capuano molti lo conoscono per le sue esagerazioni nelle dichiarazioni, youtube è piena di gag e frasi ad effetto. Ma per me è un gradissimo, mi ha cambiato come persona, ha tirato fuori da me il meglio, mi ha dato la grinta e la determinazione. Gli dirò sempre grazie.
Il ruolo... No, scherzo, è che io ero troppo piccolo quando lui giocava, mi ricordo vagamente le sue ultime stagioni a Lanciano e a Foggia. Ma sarebbe banale dire che ho preso da lui. I fatti della vita hanno portato vederci raramente, è venuto a vedermi l’anno scorso in A a Salerno. Ma parliamo poco di calcio. Adesso lui, finita una squalifica, è direttore sportivo del Pescara la mia città. la squadra da dove sono partito.
Davvero? Non lo so neanche e sono cose che non mi interessano. Mi interessa solo riprendere in mano la mia carriera.
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