I profughi e la città
opportunità da vivere

Oggi in un vertice in Comune a Como, Prefettura e Cassa Depositi e Prestiti presenteranno un progetto destinato a far discutere. Destinare i locali del padiglione “G.B. Grassi” dell’ex Sant’Anna, all’accoglienza dei profughi. Il numero degli ospiti non è conosciuto e nemmeno si sa se si tratta di nuovi soggetti o se saranno spostati in questa struttura profughi oggi ospitati in altre realtà della città e della provincia. Nelle intenzioni di chi ha pensato questo progetto lo scopo è duplice. Da una parte dare una destinazione ad un’area da tempo al centro di polemiche e ad oggi quasi totalmente inutilizzata. Dall’altra ospitare i profughi in una struttura sufficientemente isolata e facilmente controllabile. Quanto tutto questo potrà provocare dibattito e polemiche non è dato saperlo, ma è facilmente intuibile. Quello dell’accoglienza è un nervo scoperto ed i numeri non possono non destare qualche preoccupazione. Attualmente nella nostra provincia sono ospitati un migliaio di persone, la maggior parte delle quali, circa 600, in città.

Ma il punto non sono tanto i numeri, comunque significativi, ma l’idea che sta dietro l’accoglienza. Troppo spesso si pensa che sia sufficiente dare cibo e alloggio a persone che fuggono dalle guerre, che questo sia sufficiente a lenire la loro sofferenza. Certamente è importante, ma non è tutto.

Queste persone fuggono perché nella loro terra non c’è speranza, fuggono perché inseguono il sogno di un domani per i loro figli. Guardano all’Occidente, all’Italia, come luoghi non solo ospitali, ma capaci di dare loro un’opportunità vera per costruire un domani.

Troppo spesso non è così, troppo spesso queste persone sono costrette a vivere in strutture magari accoglienti, ma senza nemmeno un’opportunità per costruirsi una vita. Abbiamo conosciuto storie di persone, nel nostro Paese, che da mesi vivono in alberghi o in strutture pubbliche soffrendo il tempo che passa senza sapere come riempirlo. Gente arrivata con un sogno che, con il passare dei giorni, si è quasi spento.

Allora la domanda vera è quale senso abbia l’accoglienza. Il problema non può essere solo quello di accogliere queste persone in strutture facilmente controllabili, di modo che l’impatto sociale sia il meno traumatico possibile. Bisogna favorire un’integrazione con il territorio, lavorare perché la paura dell’altro diventi un’opportunità di conoscenza e di condivisione. Non possiamo nascondere i profughi alla città, dobbiamo favorirne l’incontro.

Siamo sicuri che tutte queste preoccupazioni siano ben presenti in chi ha pensato a questo progetto. Ci troviamo di fronte a persone con sulle spalle un fardello enorme di sofferenza e negli occhi un altrettanto enorme desiderio di un futuro migliore. Serve offrire loro opportunità di incontro, di lavoro, metterli nelle condizioni di non sentirsi un peso, di ridiventare protagonisti della loro vita. Como è senza dubbio in grado di offrire tutto questo. Non può essere il numero a spaventarci. Dobbiamo preoccuparci solo di non essere disposti a fare un passo verso chi cerca un domani migliore.

Ecco perché aspettiamo di conoscere tutti i dettagli di questo progetto di accoglienza. Aspettiamo di conoscere non solo come l’accoglienza sarà strutturata, quali tipi di controlli verranno garantiti, ma soprattutto quali opportunità verranno offerte alle persone che saranno accolte. E come la città sarà coinvolta per non subire una decisione, ma per esserne protagonista.

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