Il giallo del lago: un terzo uomo
dietro la morte di Chiara Bariffi

Nel giallo della giovane bellanese uccisa e getta nel lago il 1° dicembre 2002 ancora tanti punti oscuri nella ricostruzione degli inquirenti che il 19 aprile hanno arrestato con l'accusa di omicidio Sandro Vecchiarelli e Massimo Barili

Avvistata alle 6 del mattino del 1° dicembre da due testimoni, gettata nelle acque del lago di Como ancora viva la sera dello stesso giorno intorno alle 22,30 a bordo della sua auto.

C’è un «buco» di sedici ore nella ricostruzione dell’omicidio di Chiara Bariffi la trentenne di Bellano scomparsa nell'inverno del 2002 il cui corpo è stato ripescato il 12 settembre del 2005.
Un «buco» che Sandro Vecchiarelli e Massimo Barili, i due amici della giovane arrestati il 19 aprile con l’accusa di omicidio volontario, cercheranno di ricostruire portando prove e testimonianze a loro favore durante gli interrogatori di garanzia davanti al gip Elisabetta Morosini.
Gli inquirenti sono sicuri che all’alba la ragazza invece di tornare a casa si sia trattenuta ancora a casa dell’amico Sandro e qui si sia sentita male dopo una notte di eccessi. Credendola morta con l'aiuto dell'amico Massimo, avrebbero deciso di caricare la donna sulla sua auto e gettarla nel lago usando un carro con argano guidato da una terza persona morta nel frattempo.
 Dove rimase l’auto di Chiara tutte quelle ore, ancora non è chiaro. La via dove risiedeva ai tempi Vecchiarelli non è certo nascosta, difficile che nessuno l’abbia notata. Stesso discorso per la manovre necessarie a caricare Chiara svenuta sul suo fuoristrada per portarlo nel luogo dell'inabissamento. Tante ore durante i quali i genitori della ragazza bellanese avevano già dato l’allarme temendone la scomparsa e le ricerche erano iniziate.

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