Il "papà" della Ticosa arrestato
«Mi sento in dovere con Salinitro»

Nelle intercettazioni telefoniche che hanno incastrato Marco Casamonti, progettista della nuova Ticosa, la raccomandazione all'ex dirigente del Comune che gestì l'appalto

Si sentiva in dovere con Francesco Salinitro, il progettista della nuova Ticosa arrestato la scorsa settimana a Firenze. Al punto da chiedere a una dirigente del Comune di Terranuova Bracciolini, in Toscana, di arrangiare in qualche modo una gara pubblica per riuscire ad affidare un incarico quale progettista proprio all’ex responsabile dell’urbanistica a Palazzo Cernezzi. Il retroscena emerge dagli atti dell’inchiesta sulla presunta corruzione dell’architetto fiorentino Marco Casamonti, professionista sulla cresta dell’onda definito dai magistrati come «un instancabile e formidabile organizzatore di trame». Trame e intrecci in cui si ritrova improvvisamente invischiato anche l’ex dirigente del Comune di Como, Francesco Salinitro. Il quale, prima della pensione e della collaborazione con lo studio Archea dello stesso Casamonti, aveva diretto il settore urbanistica proprio nei mesi in cui venne aggiudicato l’appalto per la sistemazione dell’ex tintostamperia. A carico di Salinitro, sia detto subito, non vi è alcuna contestazione. Né è ipotizzato alcun reato. Il suo nome, però, compare in diverse intercettazioni telefoniche, registrate dai Ros dei carabinieri.


«FAGLI 'STO INCARICO»
È il caso della chiacchierata del 14 ottobre scorso. Quando, un quarto d’ora prima delle 19, Casamonti chiama l’amica Iole Montefusco, responsabile dimissionaria (dopo lo scoppio dello scandalo) dei servizi ai lavori pubblici ed esproprio, dell’urbanistica ed edilizia e della pianificazione territoriale del Comune di Terranuova. Da settimane il condottiero dell’atelier Archea faceva pressing nei confronti della dirigente perché affidasse a Salinitro una consulenza. Quella sera Casamonti è ancora più chiaro nelle sue richieste: vuole che all’ex funzionario di Palazzo Cernezzi venga affidato un incarico di progettazione di uno dei numerosi lavori pubblici in quel del Comune toscano. Incalza Casamonti: «Ma che problemi ci sono a fargli ’sto incarico? Farlo e fare in modo che lui (Salinitro ndr) riesca a lavorare serenamente». Da quella chiacchierata, alla quale secondo gli inquirenti avrebbe assistito lo stesso ex funzionario in carica all’epoca dell’appalto per la nuova Ticosa, emerge chiaramente - sottolineano i magistrati - l’esistenza di un accordo per truccare le gare a Terranuova Bracciolini.
«Sono passati 6 mesi da quando si parla di ’sto incarico - insiste ancora Casamonti - Porca miseria, facciamola ’sta gara. Apriamo. Tu inviti i soliti cinque e... e punto e basta... però cerchiamo di chiudere questa vicenda perché se no... Dio bono, poveretto».


«MI SENTO IN DOVERE»
Nella lunga chiacchierata registrata dai Ros e finita negli atti giudiziari della procura fiorentina, Casamonti propone una via di uscita all’amica: «Se no dagli una consulenza. Potrebbe dargli una consulenza rapida sotto i 20mila euro e poi comunque fa la gara». Una proposta che non convince però Iole Montefusco: «Non tocchiamo i consulenti che si va subito alla corte dei conti». Scrivono i magistrati, nel loro atto d’accusa, che la dirigente dimissionaria all’urbanistica di Terranuova «dice di essere preoccupata», ma la replica è secca: «Casamonti dice che si sente in dovere di garantire qualcosa a Salinitro, tanto da essere disposto a elargirgli qualcosa dal punto di vista economico».


SALINITRO E L'ESPRESSO
Sulla presenza del nome di Salinitro negli atti d’inchiesta di Firenze aveva scritto anche l’Espresso, in un breve passaggio di un ben più ampio articolo dal titolo "Tangenti rosse". L’ex dirigente di Palazzo Cernezzi si è difeso dicendo che il contenuto dell’articolo de <+G_CORSIVO>L’espresso<+G_TONDO> è destituito di ogni fondamento e che, soprattutto, è destituita di fondamento la prospettiva secondo la quale la gara per la Ticosa potrebbe essere stata non trasparente. Lo fu, ha sempre detto Salinitro, anche perché Multi Development era stata l’unica concorrente, visto che l’altra società partecipante - la Gefim - non portò neppure la documentazione completa.

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