Intascò i soldi della ditta. Condannata, può tenerseli

La paradossale vicenda con protagonista un’impiegata di un’azienda di Orsenigo. Per il giudice civile la colpa è della banca

Assurdo ma vero: in Italia se scappi con soldi che non ti appartengono, c’è la concreta possibilità che non ti capiti proprio un bel niente, neppure nel caso in cui qualcuno ti acchiappasse e ti condannasse. Soprattutto, c’è il caso che i soldi non tornino più a legittima destinazione.

È andata così a un’azienda agricola di Orsenigo, quando un’impiegata anziché liquidare i fornitori versava i soldi sul suo conto personale. Tra il 2003 e il 2007 a dirottare qualcosa come 430mila euro nelle proprie tasche, salvo poi chiudere i suoi guai con la giustizia, nel novembre del 2008, con un patteggiamento tombale e pressoché simbolico: due anni, 800 euro di multa e pena sospesa.

E il denaro? Mai restituito. Due sentenze civili di primo e secondo grado hanno stabilito che responsabile è al 70% la banca e al 30% l’azienda, per omesso controllo. Ai tempi non c’era ancora il codice Iban e, secondo i giudici, la banca avrebbe dovuto controllare che il conto di destinazione del denaro fosse intestato ai fornitori e non, come invece accaduto, all’impiegata infedele o al marito

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