La crisi tessile travolge la Ratti
In cassa integrazione 567 addetti

La crisi dei mercati finanziari sta pesando anche sull'industruia comasca. La Ratti, azienda quotata in Borsa, ha annunciato il ricorsso alla cassa integrazione per 567 addetti, coinvolti sia operai che impiegati. Per l'azienda un crollo del giro d'affari del 30%.

È allarme crisi anche per la Ratti, industriale tessile di Guanzate. Dal 27 ottobre scatta infatti la cassa integrazione ordinaria per l’intera struttura produttiva con 567 dipendenti coinvolti. Dieci settimane di fermo della produzione per un giorno alla settimana ogni quattro giorni di lavoro, scanditi sulla base delle turnazioni, e il provvedimento coinvolgerà gli impiegati degli uffici. La procedura coinvolge oltre l’80% dei 650 impiegati e operai della sede di Guanzate, in cui, nel mese di agosto, sono state accorpate la divisione commerciale Effe e la Tessitura ex Campi di Malnate. L’annuncio è stato dato ieri dalla stessa azienda, che ha motivato il provvedimento al sindacato con un calo del fatturato del 15% nell’ultimo trimestre e con le pesanti ripercussioni sul mercato causate dall’attuale crisi finanziaria delle Borse. Il fatturato del 2008 rispetto al 2007 è stimato in ulteriore calo di almeno il 6%. «La prima preoccupazione - ha spiegato Gloria Paolini, segreteria Femca Cisl - è che l’azienda resti sul territorio. E, ad oggi, la famiglia Ratti ha ribadito in un incontro la volontà di rimanere a Guanzate, escludendo quini ulteriori delocalizzazioni della produzione. Un allarme - spiega la Paolini - che abbiamo voluto che fosse smentito proprio per le continue voci che invece ipotizzavano questa eventualità». «L’accorpamento delle sedi distaccate - ha spiegato Gloria Paolini - era, ad agosto, un chiaro indice della volontà di sviluppare una politica industriale sul territorio. Ora però vanno considerati i nuovi dati. L’azienda ha dichiarato che lo stato di crisi è dovuto al calo del volume d’affari del 30%, solo nell’ultimo trimestre. Bisogna poi considerare - ha spiegato Paolini - che tendenzialmente questo trimestre è sempre positivo, è il più ricco dell’anno e di norma riequilibra e rafforza i risultati dei primi sei mesi, di solito più deboli. Quindi l’utilizzo della cassa integrazione, in questa fase, ha un significato ben pesante sotto il profilo della tenuta della produzione». Ma un’altra preoccupazione si avvertiva ieri fra i lavoratori e i commenti del sindacato. Per conoscere la reale portata di questa crisi - veniva spiegato - si dovrà attendere la metà di dicembre, quando le parti tornranno ad incontre i vertici dell’azienda per fare il punto della situazione. Il timore di oggi è che in quella occasione si possano prendere ulteriori e più pesanti provvedimenti. «La famiglia Ratti ha dichiarato di voler attendere la fine dell’anno per valutare meglio l’impatto negativo della crisi finanziaria - ha spiegato Gloria Paolini, dopo l’incontro con i vertici aziendali -. Se nel 2009 l’azienda prospetterà interventi diversi, di tipo strutturale o di riduzione del personale, allora si imporrà la necessità di una valutazione critica della gestione. Il rilancio, crediamo, passi anche da una revisione delle competenze più alte. Da parte nostra, del resto, sono già state introdotte forme di flessibilità non solo negli orari di lavoro e sui contratti ma anche nelle competenze». Ieri, intanto, i lavoratori si sono riuniti in assemblea con il sindacato per capire la situazione e preparare i prossimi incontri con l’azienda. Ha partecipato quasi il 60% dei dipendenti. «Attendiamo l’incontro di dicembre - ha concluso Patrizia Baitieri, segretario Filtea Cgil - per verificare la soluzione alla attuale crisi, le prospettive di sviluppo e i numeri. La crisi è certo globale, era già in atto all’inizio dell’anno, ma il crollo finanziario mondiale ne ha pregiudicato il rilancio. Non sono coinvolte solo le grandi aziende, come la Ratti. Tutto il comparto tessile comasco sta soffrendo. L’azienda Ratti, in questo contesto, ha già dato prova sino ad oggi di voler e di aver sviluppato un buon piano industriale».
Amalia Barbara Di Bartolo

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