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Martedì 06 Gennaio 2009
Le nostre pagelle ai politici comaschi
Dai anche il tuo voto
Una giuria di giornalisti ha dato un voto a dieci politici lariani.
Si attendono commenti e giudizi anche da parte di chi legge
Sul giornale di ieri abbiamo "giocato" a dare le pagelle ad alcuni dei nostri politici. Non sentenze, dunque, che si danno alla fine dell’anno, bensì uno sprone a fare meglio per coloro che sono chiamati ad amministrare il nostro territorio. La giuria, se così la possiamo chiamare, era formata da cinque giornalisti (Giorgio Gandola, Antonio Marino, Bruno Profazio, Francesco Angelini, Giorgio Bardaglio), ognuno dei quali ha attribuito un voto, con tanto di motivazione. Il risultato finale, che qui sotto riportiamo, è stato ottenuto facendo una media tra i singoli giudizi espressi.
5.5 Stefano Bruni
5.5 Fulvio Caradonna
5,5 Umberto D’Alessandro
6 Sergio Gaddi
6 Alessio Butti
6 Leonardo Carioni
6,5 Simona Saladini
6 Luca Gaffuri
5,5 Chiara Braga
6 Giorgio Pozzi
Di seguito i voti (con le rispettive motivazioni) dei singoli giornalisti.
Giorgio Gandola
Stefano Bruni 5 - Diciotto mesi fa fu rieletto sindaco con un mezzo plebiscito. Si è messo la corona in testa e da quel giorno passeggia come re Sole per il centro. Senza una maggioranza vera e con alcuni incarichi non pubblici ancora da spiegare (non certo a noi, ma alla città), il re è nudo. Ma guai a chi glielo fa notare.
Fulvio Caradonna 5,5 - Politico con una qualità rara: non ha peli sulla lingua. E grande lavoratore, anche se qualcuno comincia a obiettare: «Fallo pure fannullone». Ha la delega più tremenda, quella alla viabilità, che a Como significa spesso delega al caos. In città sono in molti a sperare che finisca in un tombino. Troverebbe il mondo di mandare tutti a quel paese anche da laggiù.
Umberto D’Alessandro 5 - Assessore all’Urbanistica in una Como che non ha la più pallida idea di quale sia il suo futuro urbanistico. Si dibatte, neppure per colpe sue, fra cemento e gru. Un muro del pianto.
Sergio Gaddi 6,5 - Aggrappato alle grandi mostre come Francesca Bertini alle tende (anche per via della tendenza al melò), è accusato di spendere troppo da chi, dentro la giunta, non gli vuole bene. Ma senza le mostre di Gaddi, la cultura pubblica sarebbe un’eterna merenda con vino e salame. Parlando di Rho. Ceci n’est pas une pipe? Allora teniamoci Magritte.
Alessio Butti 6 - Vigila da Roma sulla politica comasca, conferma solide entrature e un’indiscutibile abilità tattica. Ma anche lui è costretto a invecchiare dribblando a centrocampo senza molte chances di andare in gol per il territorio. Chi vorrebbe più chiarezza, provi a percorrere l’autostrada Como-Milano sulla terza corsìa.
Leonardo Carioni 6,5 - Sa quello che vuole e soprattutto quello che non vuole. Non vuole assessori dalle note spese d’oro, non accetta assessori impelagati con il cemento, non sopporta le fronde interne e neppure essere preso in giro dalle parti del casinò. Per contro, adora il gelato alla vaniglia e usare il guanto di ghisa. Che non a caso è una lega.
Simona Saladini 6 - Non è riuscita a far fermare Berlusconi sul lago e neppure a sposare Brad Pitt, ma la signora ci piace. Perchè restituire ai cittadini i soldi sfilati dagli autovelox mascherati sarà anche un reato, ma fa tanto Robin Hood.
Luca Gaffuri 5,5 - Troppo veltroniano, quando alza la voce sussurra. Di fronte ad alcune spacconerie istituzionali, in altri tempi, altre minoranze avrebbero rovesciato i tavoli.
Chiara Braga 6 - E’ a Roma, sta imparando. E ha il pregio di tenere gli occhi bene aperti sul territorio.
Giorgio Pozzi s.v - Lo stiamo giudicando come commissario di Forza Italia, come leader dei liberal, come consigliere comunale di Mariano, come presidente di Acsm o come sultano degli immobiliaristi? Lui è oltre, a braccetto con Gianni Letta.
Bruno Profazio
Stefano Bruni 7 - Nonostante il carattere altero lo penalizzi, merita un bel voto per la tenacia con cui affronta la passione del secondo mandato costellato dal tradimento dei suoi consiglieri. Un sindaco rieletto è un’anatra zoppa perché non può ricandidarsi e allora viene massacrato dalla sua maggioranza. Se riuscisse a condurre in porto paratie e Ticosa potrebbe passare alla storia della città, nel caso voto massimo.
Fulvio Caradonna 7 - Il voto premia la concretezza e la disponibilità. E’ impossibile risultare simpatici se si è ministri delle Tasse, ma vale lo stesso per gli assessori ai Lavori pubblici. Inoltre ha la rara dote di rispondere alle domande dei cittadini, un segno di educazione che non è comune tra i suoi colleghi.
Umberto D’Alessandro 8 - Voto alto per le battute (da assessore ai bus disse alla gente che si lamentava per i ritardi dei mezzi pubblici: «Alzatevi prima la mattina». All’opposizione che gli contestava le mancate segnalazioni sui presunti abusi in via Magni rispose: «Garantisco io»). Malgrado tutte le bordate che riceve resta sempre a galla. Ah, D’Alessandro, se il Titanic si fosse chiamato Umberto non sarebbe mai affondato.
Sergio Gaddi 7 - E’ il più dinamico assessore. Un solo limite per uno con la faccia alla Belmondo: si mette troppo in mostra.
Alessio Butti 7 - L’ex enfant prodige della politica comasca meriterebbe molto di più ricordando quella volta che infilzò Franco, "non Francesco", Marini presidente del Senato. Si batte per il territorio e per le tv a Roma, il sindaco lo indica già come suo successore. Lui tace, tanto sa che è tutta pubblicità.
Leonardo Carioni 7 - Gli amici leghisti che lo chiamano Leo gli darebbe almeno nove per come sta in Provincia. Il 7 lo penalizza un po’. Abilissimo nel rifilare al sindaco Bruni il suo vice Cattaneo. Bossi lo voleva alla guida dell’Expo, ma non è andata forse perché alla roulette esce il rosso o il nero, mentre il casinò di Campione, che controlla, è al verde.
Simona Saladini 8 - La vispa Simona è un’indubbia reginetta. Merita l’ottimo per come coniuga il gossip con la politica. Vende bene le bufale come le nozze Brad Pitt-Jolie, vende meno bene le ville a Berlusconi. E’ concreta come una casalinga. Cascherà sempre in piedi da cavallo: ha un amico Cavaliere.
Luca Gaffuri 7 - Si merita il voto perché non è facile fare il leader dell’opposizione con la faccia del bravo ragazzo da oratorio. Potrebbe migliorare smettendo i panni del commercialista che contesta il sindaco per gli incarichi. Se lascerà la giacca per il maglione farà Meraviglia.
Chiara Braga 5 - E’ l’unica insufficiente. Ma è giovane e ha tutto il tempo per recuperare. Meriterebbe la sufficienza ampia per l’impegno parlamentare, ma il profilo moderato la rende un «pd» già anziana.
Giorgio Pozzi 8 - Merita una bel voto per come sa costruire in politica. Mentre tutti si demoliscono a vicenda, lui edifica.
Antonio Marino
Stefano Bruni 5 - Come chiunque altro, Stefano Bruni ha pregi - ampiamente riconosciutigli da chi l’ha votato per due mandati consecutivi- e difetti. Paradossalmente, però, sembra talvolta darsi da fare per nascondere i primi ed evidenziare i secondi. Ha, insomma, un non trascurabile problema di comunicazione che finisce per produrre un’immagine forse peggiore della realtà. La quale, peraltro, sul piano delle realizzazioni concrete attende ancora una serie di conferme.
Fulvio Caradonna 6 - Essendo il responsabile della viabilità è il più odiato degli assessori. Ma, invece di adottare un profilo basso e diplomatico, rivendica orgogliosamente il merito del proprio lavoro, che comunque non è peggiore di quello svolto dai predecessori. Se lo si punzecchia, se ne ottengono reazioni stizzite e dichiarazioni al fulmicotone. Sufficienza d’incoraggiamento.
Umberto D’Alessandro n.c. - Difficile dare un voto all’assessore all’urbanistica. Il suo pessimo rapporto con la stampa ne ha fatto un cultore del mutismo, dietro al quale si può celare qualsiasi cosa. Non classificato per mancanza d’informazione.
Sergio Gaddi 6 - Pirotecnico, cordialone, guascone. Ha prodotto le grandi mostre, amate e contestate. Però ha prodotto qualcosa. Non è poco, anche se i soldi per ripianare i debiti ce li mette il Comune. Come, peraltro, li ha sempre messi per l’Autunno Musicale.
Alessio Butti 6,5 - Il suo tormento è la terza corsia dell’autostrada, promessa ancora da mantenere. Però a Roma si dà da fare e a Como anche, magari con interventi che sono il classico sasso nello stagno. E sa il cielo se ce n’è bisogno.
Leonardo Carioni 5,5 - Ha fatto qualche scelta positiva e ha assunto anche posizioni chiare in momenti difficili. E’ tuttavia troppo preso dall’appartenenza leghista che qualche volta gli fa perdere di vista qualche interesse concreto del territorio.
Simona Saladini 7 - Ha restituito ai multati soldi versati per ammende che, secondo lei, erano finiti nel posto sbagliato. Vicenda intricata per la quale è stata condannata. Ingenua e in buona fede. Invece di una condanna meritava un premio.
Luca Gaffuri 6 - L’opposizione a Como è quella che è. Ma Gaffuri fa quello che può, altri nemmeno quello.
Chiara Braga 5,5 - E’ giovane. Il che è insieme un pregio e un difetto. Però ai problemi del territorio dedica passione autentica. Si farà.
Giorgio Pozzi 5 - Si è trovati davanti a un intreccio di problemi tutt’altro che semplice. Si è dato da fare, ma senza riuscire a tagliare la testa al toro. Mi aspettavo di più.
Francesco Angelini
Stefano Bruni 5 - «Sindaco è chi il sindaco fa», direbbe Forest Gump. Nel senso che fa gli interessi di tutti?Boh, dovrebbe essere così, forse non è così. Gli elettori che ne pensano? Meglio non stuzzicarli come ha fatto durante il bilancio annuale dell’attività. Prigioniero.
Fulvio Caradonna 5 - Con le sue deleghe dovrebbe cantare e portare la croce. Lui però preferisce cantarle ai cittadini. Perlomeno è sincero. Tanti diavoli nessun capello.
Umberto D’Alessandro 3 - E’ l’Araba Fenice della giunta comunale, cioè: che ci sia un assessore all’urbanistica tutti lo dicono, dove sia (o che lo sia lui), nessun lo sa. Come nessuno sa come andranno a finire Ticosa, Sant’Anna ed ex Trevitex. Metafisico.
Sergio Gaddi 6- - Quattro per le brutte abitudini di guardarsi sempre allo specchio come un ritratto di Dorian Gray. Si svuotasse un po’ di sé forse farebbe meno fatica anche con i compagni di merende in giunta. Sei e mezzo per le mostre. Sgarbino.
Alessio Butti 5,5 - L’affondo su Varese è il colpo d’ala di un politico che crede sempre di riuscire a librarsi in alto ma a volte disegna la traiettoria del tacchino. Visto che se la prenderà anche per questo giudizio, mezzo voto in meno. L’augurio è che il 2009 gli porti questa benedetta terza corsia. Il suo motto? "Potrei ma non vogliono".
Leonardo Carioni 5 - A volte sembra uno spot per l’abolizione delle Province. È come un calciatore che trascura la squadra di club a vantaggio della nazionale (nel suo caso la Lega). Qualcuno gli dica che Varese fu provincia di Como, non viceversa. Insubrico.
Simona Saladini 6 - «Chi troppo in alto sal, cade sovente/precipitevolissimevolmente». E lei forse ha esagerato. Certo se il Cavaliere si fosse insediato a Villa Belinzaghi, sarebbe stata un’altra storia. Un voto in più per le multe restituite. Robin Hood in gonnella.
Luca Gaffuri 5,5 - Ruzzare ruzza, ma altri, ai bei tempi, di fronte a certi spropositi avrebbero fatto volare i banchi della maggioranza in consiglio. Sospettarlo di inciuciare però è ingeneroso. Buonista.
Chiara Braga 5,5 - Un po’ come quegli studenti che ce la mettono tutta per arrivare alla sufficienza. Ma poi è meglio che a Natale la maestra riceva il panettone. Tanto fa a Roma, poco si vede a Como. Del resto l’opposizione alla Camera non è una passeggiata di salute. Matricola o meteora?
Giorgio Pozzi 5,5 - Un colpo al cerchio e uno alla botte. Del resto per governare Forza Italia a Como è necessario avere doti da equilibrista. Magari pensare un po’ meno al proprio futuro e un po’ di più a quello della città aiuterebbe. Una carezza (anzi un abbraccio) e un pugno.
Giorgio Bardaglio
Stefano Bruni 5 - Svezzato a brioches e guanciale morbido, lo rovina la mascella serrata e l’incapacità assoluta a mediare, a compattare la truppa, a trovare un compromesso. Al di là della simpatia, conta ciò che ha fatto e il panorama è desolato. Troppe cose ferme al palo.
Fulvio Caradonna 5 - Una premessa: l’uomo c’è simpatico, perché gli puoi dire di tutto e lui, dopo averti mandato a quel paese, non porta il broncio. I meriti si fermano lì. Gli imputiamo soprattutto un tendenza smaccata al "pressapoco", in un assessorato in cui invece occorrerebbe la meticolosità d’un pignolo.
Umberto D’Alessandro 7 - Avete letto bene. Un sette se lo merita tutto. Fors’anche un otto. Perché solo un fuoriclasse riesce a rimanere attaccato alla poltrona senza aver combinato nulla, se non qualche danno, con una sfacciataggine che rasenta l’insolenza. La colpa non è sua, ma di chi lo ha messo lì, cioè il sindaco.
Sergio Gaddi 5 - Chiedeteci «chi scegliereste per un aperitivo?» e lo vorremmo a fianco. La politica però è un’altra cosa. Coltiva con il paraocchi il suo orticello e guai a chi glielo tocca. Ma non di sole "grandi mostre" vive l’uomo: per promuovere la cultura ci vuole altro.
Alessio Butti 5,5 - Quando ci capita di incrociarlo sorridiamo. È la dimostrazione di un inesorabile destino: moriremo tutti democristiani. Lui almeno così sta vivendo, come i baroni della politica contro cui si scagliava il giovane Alessio. Studia da primo a Como, ma intanto è sempre secondo a Roma. Una debolezza che paghiamo sul territorio.
Leonardo Carioni 6 - Lo salva la portata tutto sommato modesta del ruolo che copre. Scaltro più di Bruni, ha un’abilità contadina nel fiutare umori e destini. E come Pertini che «non sbagliava una lacrima» lui, nell’irrequieta Lega, non fallisce mai cavallo, bandiera e alleato.
Simona Saladini 5,5 - L’esperienza da poco conclusa in amministrazione provinciale non depone a suo favore. Inimicarsi tutte, ma proprio tutte le donne della Commissione pari opportunità era impresa ardua: ci è riuscita. In un partito in cui mancano i pompieri, non si può usare il tailleur come un maglio.
Luca Gaffuri 5,5 - Meriterebbe un sette, perché anche grazie a lui, per la prima volta in anni e anni, l’opposizione a Como esiste. Si becca l’insufficienza. Motivo: non sempre ha fatto fronte compatto coi colleghi del Pd, restituendone la solita idea: non ce la faranno mai.
Chiara Braga 6 - Dio ci scampi dall’ammazzare un cucciolo. Confidiamo una paura: che si monti la testa. L’abbiamo temuto quando abbiamo letto un suo biglietto con firmato "Onorevole" davanti al nome.
Giorgio Pozzi 6 - Anni fa, quand’era caduto in disgrazia, gli avevamo pronosticato - al massimo - la presidenza d’una comunità montana. Senza prendersela, con la pazienza del predatore, ci ha smentito. Non compreremmo mai da lui un’auto usata, ma è un politico. Vero.
E voi? Cosa ne pensate?
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