Lei muore
lui la segue

Quando Rita Conforti si è spenta, a 91 anni, il marito Ettore l'ha seguita dopo due giorni

REZZAGO Ettore e Rita non hanno vissuto su una nuvola: nessun contorno a forma di cuore a cingerli quando si muovevano per le vie del paese. .
Però il 16 novembre scorso, quando Rita Conforti, 91 anni, alzandosi per prendere il giornale vicino al televisore scivolava e cadeva, è stato Ettore Maspes ad allungarsi per impedirle di battere la testa. Rita lo guardava quando l’aiutava a sedere sulla poltrona di casa, e quando - con ansia - attendeva il medico. Il peggio però a quel punto sembrava essere passato. Certo, lei si era fatta male, ma non una cosa gravissima. Due giorni dopo l’anziana signora veniva operata al femore. Pochi minuti soli di felicità: l’intervento era riuscito; poi le complicazioni postoperatorie purtroppo hanno portato - il 18 novembre - la donna al decesso. Un bruttissimo giorno, lo si leggeva sulla faccia di Ettore; ma lui era forte, era finito in un campo di lavoro a Berlino - uno schiavo di Hitler -; era scappato tornando in Italia, nascosto nella panca di un treno per ore e ore.
Ettore Maspes aveva 90 anni; diceva al figlio che stava bene, aveva il suo orto sopra casa, gli amici. Era giovedì 20 quando si alzava dal letto, andava in bagno verso le 7 e apriva le serrande; poi tornava a letto. Da solo. Alle 10 la nipotina, quella a cui voleva tanto bene e al cui fidanzato aveva donato l’ultimo gerlo realizzato, si preoccupava nel non vederlo in giro. «Quando siamo entrati era steso sul letto. Morto. Un attacco di cuore – spiega il figlio Dario -. Probabilmente non ha retto al dolore. Per noi è stato uno choc terribile, soprattutto per il modo in cui è accaduto».
Una storia d’amore, quella tra Ettore e Rita, iniziata il 20 ottobre 1956, quando si sposarono. Lei di Caglio, lui di Rezzago. Giunsero relativamente tardi all’altare - almeno per quei tempi -; ma in quegli anni in alcuni casi era più importante cercare di sopravvivere alla fame: «Mio padre era stato portato in un campo di lavoro a Berlino durante la guerra; da lì era scappato dodici giorni prima che il conflitto finisse. Si era infilato dentro una delle panche di un treno, e aveva viaggiato così fino all’Italia. Mi ricordo che mi racconto come, giunto qui in zona, andò da un amico a Inverigo e organizzo una cena incredibile, con polenta, pizzoccheri e quant’altro; aveva una grande fame arretrata».
Una coppia sopravvissuta dunque a tante difficoltà; si erano sposati quando lui aveva 39 anni, e lei 40. Poi il lavoro: «Lui faceva il muratore, mentre mia madre lavorava in tessitura ad Asso, alla Nessi. Si alzava presto, e scendeva a piedi da Rezzago».
Ettore Maspes qualche problema di cuore lo aveva: «Ma niente di grave, non aveva mai avuto malanni particolari; nulla insomma che facesse presupporre una fine di questo tipo».
Giovanni Cristiani

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