Mille persone in coda
per visitare il castello del santo

Con la benedizione del vescovo a Carate Urio la rinnovata piazza è stata intitolata a Josemaria Escrivà, fondatore dell'Opus Dei, il parco e le sale dello storico edificio sono state aperti al pubblico

CARATE URIO - Nel nome di un santo, Josemaria Escrivà, fondatore dell’Opus Dei, al quale sabato mattina con la benedizione del vescovo Diego Coletti è stata intitolata la rinnovata piazza dell’imbarcadero di Urio, il lago di Como ha aperto i cancelli di uno dei tesori più preziosi, il Castello di Urio. Il parco e le sale sono stati visitati da più di mille persone.
La funzione religiosa nella parrocchiale è stata presieduta dal vescovo, presenti il vicario della prelatura Opus Dei, Lucio Norbedo e diversi sacerdoti; è seguito lo scoprimento della stele con una scritta sobria, San Josemaria Escrivà sacerdote 1902-1975, fondatore dell’Opus Dei, presente a Carate Urio dal 1955 al 1973.
Un tributo alla memoria del santo impegnato nelle attività di formazione dirette soprattutto a aiutare a trovare Cristo nel lavoro, nella vita familiare e nella quotidianità, senza distinzioni tra manager e operaio, professionista o docente universitario, impiegato o studente, uomini o donne. Un invito a santificare il lavoro prendendosi cura degli altri. Magari con un semplice sorriso, come ha sottolineato il vescovo Diego davanti a un gran numero di partecipanti tra i quali il prefetto, i sindaci di Carate, Cernobbio, Moltrasio, Lenno, Laglio, Brienno e il corpo musicale caratese al quale il presule ha riservato particolare apprezzamento. Sia il sindaco Daniele Maggi che monsignor Norbedo hanno ricordato la presenza in quella piazza di San Escrivà durante le passeggiate quotidiane, a tu per tu con la gente semplice del luogo, durante le pause di lavoro al Castello, diventato centro di spiritualità, frequentato in un anno da oltre 13mila persone per corsi di formazione e ritiri spirituali.
Si racconta che l’allora don Josemaria, dopo aver fondato i centri dell’Opus Dei a Roma, Milano e Palermo, abbia pensato al Lago di Como e il disegno del Signore, abbia indirizzato alcuni suoi collaboratori sulla riva di Torno. Da qui, ammirando Urio, baciato dal sole, l’occhio è caduto sul Castello. Era il 1954, la proprietà riconducibile al barone slavo Langheim, quanto a finanze, navigava in acque burrascose e in quella fase è stato facile il subentro della società A.diGi. con sede a Milano che ha rilevato immobile e parco. Il recupero è avvenuto in maniera esemplare e da allora tanta gente per l’intero arco dell’anno si avvicenda per momenti di meditazione e formazione. All’interno le antichità sono state valorizzate, nella cappella ci sono tutte le memorie del santo che riuniva i gruppi sotto la secolare magnolia.
Marco Luppi

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Eco di Bergamo La visita al castello