Paratie, dovevano
pensarci un po’ prima

A giudicare dalla quantità di gente che ancora ieri si cimentava con il solito selfie sul lungolago - che poi rimbalza sui social fino ad Anchorage, Alaska, e altro che Lakecomo il più bello del mondo - vien da pensare che un’ordinanza simile a quella emessa a tutela di Clooney dalle parti di Laglio gioverebbe anche in città, a tutela della nostra reputazione.

In realtà ce la siamo già giocata tutta, e purtroppo non da ieri. La storia la conosciamo bene, ma è impossibile non accorgersi di quanto buon senso sia andato in questi anni a farsi benedire. L’ennesima dimostrazione arriva dal progetto che lunedì sindaco e giunta porteranno in Consiglio. Le immagini, e le relazioni allegate, dicono moltissimo. Per esempio che il nuovo elaborato sposta sullo sfondo l’aspetto idraulico del progetto, a tutto beneficio di aspetti estetici, e con una particolare cura al cosiddetto arredo urbano.

Sarà anche una lettura semplicistica - e peraltro del senno di poi sappiamo tutti - ma è davvero difficile scacciare il pensiero che sarebbe bastato fare altrettanto fin dall’inizio per evitare a tutti lo scempio di questi anni.

Quel che accadde è noto. Finiti i soldi per le opere idrauliche - le paratie mobili a scomparsa (o paratoie, come si diceva allora) -, i progettisti pensarono bene che per arginare l’acqua sarebbe bastato un muro. Così, più che le paratie, scomparve il profilo del lago, scomparvero le imbarcazioni ancorate al porto Marina, scomparvero mezzo Tempio Voltiano, Tavernola e Cernobbio, risucchiati con il loro profilo dietro alla celebre gittata di cemento che qualche panchina e un po’ di verde avrebbero reso - nelle intenzioni suoi loro ideatori - più digeribile. E poi le Cassandre: quelli che all’epoca (pochi in realtà, anche tra i tanti feroci nemici dell’iniziativa) sostenevano che il progetto non tenesse sufficientemente conto dei rischi connessi alla cosiddetta subsidenza. Per carità: di scettici a priori, e già di per sé poco credibili, è piena la storia degli ultimi vent’anni, e basti citare quelli che dicevano no comunque alla stazione unica, no comunque al tunnel del Borgo Vico, no comunque alla Borgo Vico bis e alla Pedemontana, no comunque al nuovo ospedale. E però oggi qualcuno avrà di che esultare, visto che - sempre le ultime relazioni stilate dall’ufficio tecnico del Comune - confermano che quel pericolo c’era e c’è ancora , attribuendovi peraltro gran parte delle ragioni che hanno determinato l’esplosione di un preventivo cresciuto oggi fino alla somma mostruosa di 33 milioni di euro.

Negli ultimi quattro anni, il lungolago cittadino - gli alberghi, le banche, i caffé, le case - è scivolato di circa quattro centimetri verso il basso, alla media di un centimetro all’anno: prima dell’inaugurazione del cantiere, una subsidenza di questa portata si sarebbe registrata in quarant’anni. Così si corre ai ripari, «limitando al minimo gli scavi », e adoperandosi su un progetto che «lascia quasi inalterato l’andamento del fondo del lago, nell’ottica di mitigare le interazioni delle opere con l’ambiente circostante», tanto che «perfino le scale esistenti a bordo lago, che il progetto originario e le successive modifiche prevedevano di rimuovere, non verranno più rimosse», per evitare altri guai. Bastano quelli che abbiamo, ammette il Comune. Ripartire da qui sarà già un buon risultato..

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