Scuola tra riforma e proteste:
forum aperto a studenti e non solo

Uno spazio dedicato alla discussione sulla riforma Gelmini: invitiamo studenti, genitori e insegnanti a dire la propria in libertà sulla scuola, sulla riforma e sulla protesta

L'articolo di fondo di Antonio Marino, pubblicato ne La Provincia del 24 ottobre, ci offre lo spunto per aprire uno spazio dedicato alla discussione sulla riforma della scuola. Uno spazio per studenti, genitori e insegnanti per dire la propria in libertà sulla scuola, sulla riforma e sulla protesta

Il Sessantotto che torna, la Pantera che non è morta e graffia di nuovo, le scuole nella bufera, gli scontri di piazza, la polizia con i caschi in testa e la visiera calata. Titoli di giornali, e soprattutto di telegiornali, che lampeggiano come insegne al neon, mescolando l’acredine della polemica politica a fatti diversi, motivazioni diverse, iniziative diverse, il più delle volte piegati a tesi preconfezionate.
Io non so davvero cosa sia successo e cosa stia succedendo alla Sapienza di Roma, né se un unico consapevole disegno agiti le acque della scuola italiana. Quello che so sono andato a vederlo con i miei occhi e ad ascoltarlo con le mie orecchie al liceo scientifico Paolo Giovio di Como, "scuola occupata", come avverte una grande scritta verde su un lenzuolo steso attraverso la facciata dell’edificio di via Paoli.
Del Sessantotto che ricordo io, quello appeso alla barba di Mario Capanna, quello che trasformava un pezzo di Milano in un campo di battaglia, quello dei katanghesi che picchiavano come facchini e che magari oggi, nei loro comodi uffici dirigenziali, nemmeno se ne ricordano più, non ho trovato la minima traccia. Quanto alla Pantera, ho l’impressione che sia finita in qualche zoo e di sicuro non scorrazza affamata nei giardini del liceo scientifico di Como.
La scuola è occupata, ma ci sono aule dove chi vuole segue regolarmente le lezioni. «Allora - provoco intenzionalmente - aveva ragione Berlusconi ad affermare che va tutelato, anche con l’impiego della polizia, il diritto di chi intende continuare a studiare e non partecipare alle manifestazioni». «Lasciamo stare Berlusconi - mi risponde deciso un ragazzo con acconciatura vagamente rasta ma è chiaro che chi non vuole occupare non può essere costretto. E’ un fatto di libertà». Già, è un fatto di libertà che altri magari sono disposti a dimenticare senza troppi rimorsi, ma che per questo studente non vale la pena nemmeno di discutere.
Naturalmente, la bestia nera è la Gelmini. Ma vediamo quanto. «La riforma della Gelmini - interviene Marika, 16 anni, per niente intimidita - bisogna anzitutto leggerla, come ho fatto io. Non è tutta da buttare, ci sono anche cose accettabili». E allora? «Allora sono i tagli che non possiamo accettare, non le divise o il voto in condotta».
Inutilmente si cercherebbero fra gli studenti radunati in cortile bandiere di partito, ma anche segni espliciti di appartenenza politica. Il look è quello dei ragazzi di oggi, di kefiah neanche l’ombra, assenti i barbuti eroi di anni lontani. Gli occupanti sono giovani in grado di distinguere un dissenso da una crociata, di esprimere - giuste o sbagliate che siano -valutazioni nel merito, senza caricare a testa bassa seguendo i flauti dell’ideologia.
Anzi, sono perfettamente consapevoli che c’è un mondo di adulti pronti a saltare in groppa al cavallo che corre, a mettere il proprio timbro sopra qualcosa che di timbri non ne vuole avere. «Certo che temiamo le strumentalizzazioni - mi rispondono - ma in questa occupazione non c’è niente di politico. La scuola è come la società, divisa fra chi sta col governo e chi sta contro. Ma questo non c’entra. La nostra è un’iniziativa che ha un obiettivo preciso».
Già, e quale sarebbe questo obiettivo? «Tutelare il futuro di tutti - mi risponde Jacopo, 17 anni, rappresentante d’istituto». Addirittura? «Certo, perché noi cerchiamo di tutelare il futuro della scuola e se la qualità della scuola peggiora questo potrebbe danneggiare anche lei, quando avrà bisogno di un medico…». A parte i debiti scongiuri, il ragazzo sa quel che dice. I tagli sono il chiodo fisso, il boccone che nessuno sembra disposto a ingoiare. «Non si tratta soltanto della riforma Gelmini - continua Jacopo - ma anche della Finanziaria, di come è fatta. Sappiamo benissimo qual è la situazione economica, che è necessario tagliare le spese, che quella italiana è una scuola che deve essere migliorata e anche che ci sono degli sprechi da eliminare, ma non abbassando la qualità dell’insegnamento pubblico».
Se il ministro Gelmini fosse venuta a Erba, come era previsto, gli studenti avrebbero voluto porre a lei,  direttamente o indirettamente, i loro quesiti e le loro perplessità. E comunque pensano a qualche iniziativa che consenta di approfondire il problema e magari anche di avanzare proposte.
Certo, un’occupazione è un’occupazione, con le assemblee, i comitati, ma anche con un concertino di batteria e un improvvisato giocoliere che si esibisce fra i compagni. Qualcuno ha tagliato la corda e lasciato agli altri l’impegno, preferendo l’autogestione della giornata libera. Ma dall’immancabile megafono escono parole dure contro chi se ne approfitta, rischiando di dare all’esterno un’immagine falsa di quanto sta accadendo e di fornire un’arma a chi non aspetta altro per svalutare gli obiettivi della protesta. E così, quando alle due del pomeriggio monta la fame, arrivano le pizze, ma non è un picnic, è il presidio che continua.
C’è un punto ancora che val la pena di chiarire: quanto è successo a Milano, davanti alla stazione Cadorna, gli scontri con la polizia, la piazza bloccata, il tentato assalto ai treni. «Noi - taglia corto uno studente - siamo contro le degenerazioni. Quello che cerchiamo è il dialogo». Posso sbagliarmi, e certo l’opinione di uno non è quella di tutti, ma l’impressione è che davvero questi pretesi emuli di una stagione feroce altro non vogliano che un tavolo, ma non per rovesciarlo, solo per sedercisi e parlare.
Antonio Marino

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