Un mercato fragile
E la forza dei piccoli

Si fa presto a dire export: quanti hanno improvvisato partendo con i loro prodotti verso l’estero, hanno incontrato una brutta fine.

Del resto, chi è rimasto aggrappato all’Italia, sperando in una ripresa consistente dei consumi, non ha avuto sorte migliore.

Le imprese che ieri hanno affollato il Cdo International Day, hanno dimostrato nell’atteggiamento - oltre che nei numeri - la vivacità e la volontà di affrontare il mercato globale. Bella espressione, e promettente, quest’ultima, ma l’attualità costringe a scrivere a fianco un ulteriore aggettivo: fragile.

Fantastico avere l’intero pianeta come potenziale partner di affari. Tanto più quando si realizzano prodotti come quelli comaschi, in più settori. Ma già ciò costa fatica, costa quattrini e quindi aumenta drasticamente il rischio di impresa. Oggi spalanca porte alla velocità della luce e altrettanto rapidamente può richiuderle.

Il caso emblematico - che Como e la Brianza hanno sofferto particolarmente - è quello della Russia. Doveva essere il mercato capace di perdere la testa per il made in Italy, e con un portafoglio in grado di dare soddisfazione negli ordini alle nostre aziende.

Non è tramontato del tutto - anche se per alcune imprese purtroppo è così - ma con le tensioni internazionali si è affievolito.

Ora si affaccia l’Iran, con un interesse elevato per il made in Italy. Gli imprenditori presenti ieri a Lecco, non hanno nascosto la diffidenza, proprio per l’esperienza scaturita dalle vicende russe e non solo. E se non durasse? E se dopo aver investito con fior di sacrifici, anche questa opportunità sparisse nel nulla?

Gli esperti hanno rassicurato che non sarà così: a questo traguardo internazionale si è arrivati dopo anni di sforzi impostati anche da parte del Governo italiano. Insomma, il terreno era tenuto in qualche modo fertile.

Ma è emerso anche e soprattutto di più. Vale a dire, che di fronte a un mercato immenso e anche per questo più fragile, l’unica via di sopravvivenza è diventare più forti.

E ciò non significa certo velare la propria cultura: ogni riferimento alla vicenda delle statue coperte per non “offendere” il presidente iraniano durante la sua visita non è casuale.

Al contrario, da una parte bisogna proprio avere consapevolezza delle proprie potenzialità, di ciò che si sa fare ancora oggi nonostante le difficoltà. Dall’altra, occorre studiare nei minimi dettagli il cammino, le caratteristiche per sfondare in un Paese, le sue peculiarità, le sue regole.

Non un lavoro da poco. Per questo motivo, è più facile farlo insieme. Con altre aziende (anche se l’esempio di reti latita ancora nel territorio) o con le associazioni, ascoltando sempre e comunque le esperienze di chi già ha perlustrato quella strada e facendone tesoro.

Forza che significa preparazione, appunto. E che vuol dire pure pazienza, visto che occorrono anni per capire un’altra nazione, la sua mentalità, i suoi gusti.

Ancora una volta, dopo anni durissimi anche per il Lario, non piove dal cielo alcuna occasione sulle imprese. Sono loro a doverla conquistare, come è sempre accaduto, in ogni epoca.

E ieri le aziende hanno dimostrato che nonostante tutto ciò che hanno passato, non hanno intenzione di tirarsi indietro. Già questa è una prova di forza.

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