Davide Van De Sfroos:
il giornale e i motoscafi di carta

In ogni paese c’è un’edicola e in ogni edicola campeggia «La Provincia».  Quando la corriera andava su e giù, portando a scuola il giovane Davide Bernasconi, quella costante non poteva non colpire un occhio già allenato a soffermarsi sui particolari

Quando la corriera andava su e giù, portando a scuola e riportando a casa il giovane studente Davide Bernasconi, c’era una costante che non poteva non colpire un occhio già allenato a soffermarsi sui particolari.
In ogni paese c’è un’edicola affacciata sulla via Regina e in ogni edicola campeggia, da sempre, la testata de “La Provincia”.
E se, per caso, si approfittava di quel viaggio per prolungare un discorso mai interrotto con il sonno notturno, se, al ritorno, la stanchezza aveva il sopravvento, c’era una sicurezza: aprire gli occhi e, anche se era buio, riconoscere a colpo d’occhio l’insegna per capire a che punto del viaggio si era arrivati.
Nella malaugurata ipotesi di un risveglio repentino, mentre il mezzo attraversa uno di quei punti di raccordo, bastava chiedere a un altro pendolare, che avrebbe risposto, immancabilmente, abbassando “La Provincia”, iniziata al mattino e continuata alla sera, una lettura che accompagna per tutto il giorno.
Quello studente divenuto grandicello, quel Bernasconi oggi noto come Davide Van De Sfroos, ha un rapporto tutto particolare con questo quotidiano, ricordi che risalgono alla prima infanzia.
«Il primo contatto non ha niente a che vedere con l’informazione, con le notizie, i necrologi o cose di questo genere - racconta - Perché ai bambini queste cose ancora non interessano. Invece mi ricordo che la carta delle pagine era ottima per farci gli aeroplanini anche se, da bravi ragazzi del lago, noi li giravamo e, invece di farli volare, li mettevamo in acqua e organizzavamo gare di motoscafi di carta. Ci si divertiva anche così... Quei miei amici, poi, crescendo li ho ritrovati anche su La Provincia, qualcuno da una parte, qualcuno dall’altra, diciamo qualcuno con i buoni, qualche altro con i cattivi perché, alla fine, ci passiamo tutti».
E lui ci è “passato”, e ancora ci passa, da protagonista.
C’è pure chi ha affermato che il giornale abbia fin troppo sostenuto questo artista.
In realtà questa “spinta” corrisponde alla missione di queste pagine: un quotidiano locale deve anche saper valorizzare gli artisti come i campioni sportivi del territorio, magari con una certa lungimiranza visto che, oggi, quello che all’inizio era un musicista “nostro”, che appariva unicamente da queste parti, oggi è inseguito da tutte le principali testate nazionali che si sono accorte di lui solo molto tempo dopo: «Ricordo i primi articoli che uscivano, ma ancora agli inizi, anche le due righe due mettevano una certa emozione. Per non parlare di quando mi sono ritrovato in prima pagina. Insomma, era anche una bella soddisfazione, dal mio punto di vista, per far capire a chi mi stava attorno che, in fondo, se lo diceva anche La Provincia forse non ero così folle a voler fare il cantautore. Oggi questi pensieri mi danno anche un’ulteriore emozione: mio padre è scomparso di recente. Nella sua vita non mi ha mai dato particolari segni di apprezzamento per quello che facevo, sembrava che fosse tutto naturale. Però ritagliava e conservava tutti gli articoli che uscivano su di me e credo proprio che fosse orgoglioso».
Le storie e i personaggi delle canzoni di Van De Sfroos sembrano, per certi veri, proprio uscite dalla cronaca di un quotidiano come questo.
«Certo - prosegue - E magari qualcuno c’è finito davvero perché io metto in musica delle vicende, magari accomunando quello che successe a uno a un mio ricordo e alla storia di un’altra persona ma i fatti notevoli sono sempre stati documentati.
Anzi, mi ricordo, tornando ancora all’infanzia, che avevo raccontato in classe alcune cose del passato della mia famiglia, di mio nonno, di quello che faceva e nessuno ci credeva. Allora sono andato in biblioteca, lo ricordo ancora, e ho testimonianze dell’epoca e quando le ho trovate, nero su bianco, ho fatto vedere a tutti che non mi ero inventato niente perché se «lo dice La Provincia», se "sta scritto su La Provincia" vuol dire che è vero».
Alessio Brunialti

© RIPRODUZIONE RISERVATA