AD Tubi, il made in Como
che fa scuola all’estero
Nuova fabbrica negli Usa

L’azienda sta completando uno stabilimento in North Carolina. «Il mercato americano già ora vale il 30%, margini di crescita importanti»

Con una quota mercato estero del 90% del proprio fatturato, Ad Tubi Inossidabile è fuori dalle logiche della delocalizzazione low cost. Specializzata nella produzione su progetto di semilavorati per settori di applicazione come energia, geotermia e termodinamica o ancora nell’industria chimica e petrolchimica conta 70 dipendenti nelle due sedi comasche, due a Shanghai e altri in via di assunzione in Usa.

«Lo scorso luglio - dice Andrea Degano, chairman e ceo - abbiamo costituito AD Tubi Usa, una società di diritto americano, nel North Carolina. Abbiamo scelto un mercato competitivo come quello degli Stati Uniti, perché, con un giro d’affari del 25/30%, la nostra presenza lì è ormai consolidata».

La strategia

La genesi dell’investimento inizia con una lunga ricerca di partnership, ma si concretizza con l’acquisizione di un immobile industriale appena dismesso in una piccola comunità rurale del North Carolina. «In termini di superficie lo stabilimento e l’area circostante che abbiamo acquistato, è esattamente quello che cercavamo perché ci potrebbe permettere un’eventuale futura espansione del fabbricato».

La produzione di tubi per applicazioni di trasferimento di calore quali: condensatori, riscaldatori di acqua di alimentazione, scambiatori di calore, impianti di desalinizzazione e applicazioni nucleari implica costi di logistica, trasporto e imballi che hanno un’incidenza notevole in termini di costo ecco perché AD Tubi Usa gestirà dall’America tutte le fasi della produzione, realizzazione e investimenti, il tutto supervisionato però dall’Italia. Entro fine marzo terminerà la ristrutturazione del sito, a cui si è cercato di dare, in termini estetici e di risparmio energetico, un taglio più curato, più mitteleuropeo; i macchinari, tutti prodotti in Italia, termineranno invece di essere installati nei prossimi mesi. Mentre i in Italia il direttore di stabilimento sta seguendo un periodo di formazione tecnico pratica per conoscere tutta l’attività industriale dell’azienda, negli Usa si sta procedendo alla selezione del personale locale americano che opererà direttamente sulle linee di produzione; per ora dei candidati si sa solo che la quota rosa sarà significativamente numerosa; di nessuno però si conosce l’età anagrafica essendo questo un dato potenzialmente discriminante. Gli shift supervisor o capi turno seguiranno in Italia un programma di formazione tecnica; a proposito di loro vale la pena sottolineare una sostanziale differenza fra la nostra e la loro organizzazione dei turni: in America non c’è rotazione nella turnazione e chi lavora sui turni ha sempre lo stesso orario. La retribuzione è leggermente diversa in funzione del turno scelto, e, in un certo senso paradossalmente per noi ,non è chi lavora di notte ma chi è impegnato sul secondo turno, cioè primo pomeriggio e sera, ad essere meglio pagato perché deve sottrarre tempo alla famiglia.

Nel distretto rurale di Siler City figure con un profilo qualificato come quello del Quality Manager sono difficili da reperire, ma ci si affida al triangolo universitario di livello eccelso per la ricerca di neo laureati con le competenze richieste.

La selezione

Nella formazione pratica degli operatori di base ancora una volta le università, nella fattispecie il Community College della Contea, ricoprono un ruolo essenziale perché nei propri laboratori di saldatura, elettromeccanica, meccatronica viene addestrato il personale in funzione di un piano formativo concordato con l’azienda.

La deindustrializzazione, soprattutto nell’ambito del manifatturiero è un fenomeno che negli ultimi decenni ha toccato vaste area degli Stati Uniti; le elezioni di Mr Trump con la sua politica di protezionismo economico e dei dazi non è stato certo la ragione principale, ma, insieme a problemi di logistica, ai costi della movimentazione dei prodotti, ai rischi connessi alla manipolazione e al carico/scarico del prodotto dal container, ha rafforzato la decisione di aprire uno stabilimento americano.

«La nostra prospettiva è quella di mantenere le quote di mercato e nel contempo di aumentarle perché gli spazi ci sono e abbiamo una buona reputazione negli Usa; siamo ben visti dalla clientela locale perché siamo più friendly, aperti e collaborativi rispetto ai competitors americani; siamo cioè orientati anche alla soddisfazione del cliente e non solo a fare profitto, fornendo servizi a 360 gradi oltre a ciò che riguarda la manutenzione offriamo servizi sul trasporto e sull’imballaggio».

Diversa la motivazione che ha portato l’azienda ad aprire un ufficio commerciale di rappresentanza in Cina. L’ufficio in co-sharing ha sede a Shanghai ed è gestito da un responsabile cinese insieme ad un assistente. L’azienda cinese vuole un interlocutore cinese; non vuole un Sales Office, ma vuole l’AD Tubi China. Per muoversi nel mercato cinese è necessario gestire un livello di complessità molto alto. L’investimento in Cina è stato di natura commerciale, diluito negli anni. «Dall’idea di una joint venture con imprese cinesi si è passati alla decisione di aprire un ufficio commerciale più consono alla struttura societaria con un consulente, selezionato in Cina tramite agenzia specializzata, che arriva da un’industria locale di produzione di tubi, ha contatti, sa di cosa si parla, conosce i nostri processi e ha una vasta esperienza in questo settore».

Un manager trentenne cinese rappresenta un costo importante perché guadagna molto di più di un manager trentenne italiano, ma aprire un ufficio di rappresentanza con un responsabile cinese è meno complesso di una joint venture dal punto di vista della tutela legale al riparo dall’influenza politica del partito nella gestione organizzativa. Il mercato a cui Ad Tubi China si rivolge parte dall’Australia e comprende Cina, Sud Est Asiatico fino all’India con buone prospettive di espandersi ulteriormente.

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