Sport
Venerdì 15 Aprile 2011
Greeen e la Hicks d'accordo:
"Un segnale contro il razzismo"
Su "Vorrei la pelle nera", Tabu è perplesso: "Non penso sia necessario vestire indicazioni del genere"
Trinchieri: "Rispetto l'iniziativa ma mi sembra che un po' svilisca la nostra costante coesistenza"
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CANTU' - Una settimana dopo l'esplosione ("telecomandata", secondo molti, perché si giocava col Geas…) del caso Wabara, la decisone della Fip di far scendere in campo domenica prossima tutti gli atleti con un segno di colore nero - e viceversa, bianco per i giocatori di colore - come monito contro ogni tipo di razzismo, porta a chiedere l'opinione di Mike Green, Jonathan Tabu e coach Andrea Trinchieri.
Lo statunitense Green è sintetico nelle sue risposte: «Sì ho saputo cosa è successo alla giocatrice, ed oggi mi hanno informato dell'iniziativa per la partita di domenica e credo che rispondere subito in questo modo sia un ottimo segnale. Quanto a me non mi sono mai trovato in esperienze simili, né negli Usa e nemmeno dopo in Turchia ed in Belgio ed ora in Italia».
Più loquace, e con un vissuto un po' diverso, Jonathan Tabu, belga nato in Congo: «Ho sentito quanto accaduto a Wabara, e non riesco a capire come possano accadere ancora certe cose, oltretutto contro un'atleta che è anche in Nazionale. Sono manifestazioni che dovrebbero essere proibite dappertutto».
Sorride però Tabu quando gli spieghiamo del "segnale bianco" che gli verrà chiesto di portare domenica: «Ma perché credo che non ci sia mai differenza fra esseri umani, non penso sia necessario "vestire" indicazioni del genere. Quanto ad episodi di razzismo che mi abbiano coinvolto direttamente sì, ne ho vissuti in Belgio sia sul campo da basket che nella vita di tutti i giorni, come i miei familiari, e sono gesti stupidi che si commentano da soli».
E c'è anche il commento di Andrea Trinchieri, figlio di un italoamericano e di una croata: «Sono di famiglia multietnica e che ha vissuto sulla propria pelle una guerra civile. Non concepisco affatto l'intolleranza e su questa vicenda mi sono fatto delle domande dandomi anche delle risposte. Quello di cui sono sicuro è che il nostro sport ha il più alto grado di integrazione razziale fra tutte le discipline e, pur rispettando l'iniziativa di domenica prossima, ho come l'impressione di svilire un po' la nostra costante coesistenza, di scendere a livelli che non sono i nostri».
Poi Trinchieri continua: «Io non c'ero a Casnate e quindi non so cosa sia successo. La cosa indubbia è che a Wabara va la mia totale solidarietà. Quanto a noi, noi della Bennet, quando ci troviamo con giocatori nuovi nessuno sta a guardare passaporto o colore della pelle. Ed è anche il segreto di Cantù che ha avuto giocatori di colore più amati di molti italiani e questo il pubblico canturino lo ha sempre dimostrato. E se io a Brindisi non sono stato certo salutato con "ciao, come stai? tutto bene?" è sicuro che l'insulto razziale non fa parte del mondo del basket».
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