Ballerini: «Il sogno per il Giro?
Una volata giusta per me»

Il professionista canturino sarà uno degli uomini più importanti della Deceuninck-Quick Step

Dieci giorni fa Davide Ballerini ha compiuto 26 anni. Quello che si dice un atleta nel pieno degli anni. E sta lavorando per ottenere il meglio. Passato dalla Astana alla Deceuninck-Quick Step, il professionista canturino è rimasto nel giro delle grandi squadre Pro Tour, è nel taccuino del ct Cassani (che non l’ha portato al Mondiale Imola perché troppo duro per lui) e gironzola dalle parti della vittoria ogni volta che corre: ha vinto una tappa al Giro di Polonia, è arrivato secondo per un soffio al Campionato Italiano, ha sfiorato successi di tappa alla Tirreno Adriatico.

E adesso va al Giro d’Italia. Una piccola beffa: il suo sogno è fare le grandi classiche del Nord, gare che rappresentano (per passione e caratteristiche) il suo obiettivo storico («Prima o poi ce la farò», e non si capisce bene, quando lo sussurra con un sorriso disincantato, se si riferisce al fatto di “partecipare” o di “vincere”...), ma il Covid ha rivoluzionando il calendario, sovrapponendo Roubaix ecc al Giro. Così eccolo concentrato sulla corsa rosa. Pronto a dire la sua in qualche volata.

Ciao Davide. Come stai?

Sono uscito dalla Tirreno-Adriatico un po’ stanco. Il ritiro di Livigno mi ha permesso di ricaricare pile ed energie. Adesso sono pronto.

Per la verità non ci aspettavamo di vederti al Giro d’Italia. Non avevi detto che eri passato alla Deceuninck per un programma ritagliato sulle classiche del Nord?

Sì, è vero. Ma il Covid ha cambiato tutto. Avrei fatto le classiche, e poi il Giro d’Italia. Poi c’è stata la rivoluzione del calendario, le due cose si sono sovrapposte e dunque andava fatta una scelta.

Ha deciso la squadra, o avete deciso insieme?

Mah, la squadra sente sempre il parere dell’atleta. Abbiamo deciso insieme. Per le classiche del Nord ci sarà tempo il prossimo anno.

Che Giro sarà per te?

Ho studiato il percorso e ho già adocchiato qualche tappa adatta a me. Ce ne sono tre o quattro.

Quali?

Ad esempio la quarta, in Sicilia. Le mie tappe sono quelle dall’andamento nervoso, qualche asperità in mezzo al percorso e poi l’arrivo con lo sprint. In una di queste vorrei arrivare nel gruppo che conta e poi giocarmela. Anche perché il mio compito adesso è cambiato.

In che senso?

Nei programmi di inizio anno, avrei dovuto essere l’uomo che apriva la strada a Fabio Jakobsen. Poi lui ha avuto quel brutto infortunio al Giro di Polonia, e adesso la squadra mi lascerà libero di giocarmi le mie carte in volata.

Obiettivo?

Beh, sarebbe bellissimo vincere una di quelle tappe che ho detto. Ma non è così facile come dirlo. Ci proverò, questo è sicuro.

Chi saranno gli uomini di classifica della vostra squadra?

Direi Masnada e Knox.

Secondo te chi è il favorito di questo Giro?

Credo che i pronostici di tutti convergano. Fulgsang e Thomas credo che abbiano qualche carta in più rispetto agli altri.

Che voto dai alla tua stagione?

Un sette e mezzo è troppo? Sono abbastanza soddisfatto. Sono andato bene al Giro di Polonia, c’è stata la beffa del Campionato Italiano, mentre alla Tirreno ero un po’ stanco.

Al Giro di Polonia hai vinto una tappa.

Sì, una bella soddisfazione.

Ma hai vissuto anche il dramma di Jakobsen. Sei arrivato sul luogo dell’incidente (in volata il suo compagno stretto alle transenne ha colpito in pieno un fotografo finendo in coma, ndr) appena successo...

È stato bruttissimo. Abbiamo pensato al peggio. Ho visto uno spettatore che portava via il casco, brutte immagini. Sono arrivato lì, non sapevo cosa fare, ho lasciato che agissero i soccorritori. Sono state brutte ore, quelle successive. Poi per fortuna le notizie che arrivavano dall’ospedale erano confortanti.

Salire in sella dopo certe esperienze non deve essere facile...

Non ho chiuso occhio tutta la notte, dopo l’incidente. Poi devi resettare.

Non vi siete fatti mancare nulla quest’anno, alla Deceuninck. L’incidente di Remko Evenpoel al Lombardia è stato un altro momento di grande paura. E sempre a un ragazzo della vostra squadra.

Ho parlato con Remko e mi ha detto di essere stato molto fortunato. Se cadeva qualche metro più in là, avrebbe potuto andare molto peggio. Mi ha detto di aver avuto la sensazione di essere caduto in piedi. Se fosse caduto di testa sarebbe certamente stato ancora peggio. Quando fai un vol del genere, è fondamentale come atterri sul terreno. E dire che non era oltre il limite, così mi ha detto: ha fatto quella curva a velocità normale.

Evenpoel è così forte?

Al Giro di Polonia mi ha impressionato. Dopo l’incidente di Jakobsen, ha messo il numero di Fabio dentro la tasca e ci ha detto: scappo a 50 km. dall’arrivo e vado a vincere per lui. Ho pensato che fosse un intendimento dettato dall’emozione, dalla voglia di fare un omaggio al nostro compagno. Cose che si dicono... Beh, l’ho visto andare via a 50 km. dalla fine e andare a vincere. È davvero forte. Anche considerata l’età.

Tu sei anche compagno del nuovo campione del mondo Alaphilippe. Come lo descriveresti?

Un ragazzo eccezionale. Abbiamo fatto 50 giorni di ritiro prima della stagione. Beh, il ritiro è un momento pesante non proprio divertente. Ma quest’anno è filato via leggero, merito di Julian che è simpaticissimo, ti coinvolge, fa gruppo. Davvero uno speciale. Ho visto il Mondiale in tv e ho fatto il tifo per lui.

Veniamo alla questione della volata del Campionato Italiano. Nizzolo che ti sfila all’ultimo centimetro e tu che impenni la bici...

Stavo imprecando. Non ho visto Nizzolo alla mia sinistra, non l’ho curato, mi è spuntato all’improvviso. Ormai non lo aspettavo più.

Ok, ma su quella volata c’è stata parecchia letteratura.

Dici?

Sì, in diretta tv ne hanno parlato. Hanno detto che forse tu stavi anche esultando. Che l’avevi già fatto.

Sì, l’avevo fatto al Memorial Pantani del 2018. Avevo impennato per festeggiare. Un gesto che mi viene naturale.

Allora non è che hai perso la volata perché stavi già esultando...

Ma no dai... Diciamo metà e metà... Un gesto di potenza sulla bici. Ma l’ho persa perché Nizzolo mi ha fregato.

Il tuo ds Bramati si è arrabbiato, così si dice.

Sì, mi sarei arrabbiato anche io, quando si perde di un soffio.

Sei deluso dal fatto che non ti hanno chiamato al mondiale?

Ci speri sempre, perché la maglia azzurra è la maglia azzurra. Però, obiettivamente, non era un percorso adatto a me. E poi sono contento ci fosse il mio compagno Bagioli. È bravo, se lo merita.

Insomma, sei sereno.

Sì, anche se andarci vicino non è come vincere. Quando sei lì, devi concretizzare. Ci proverò al Giro d’Italia.

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