Biella: «Cantù, io scelgo Pecchia
E il colpo di Brindisi come top»

Parla il signor Acqua San Bernardo, che è anche consigliere di amministrazione e super tifoso

La seconda stella a destra, quella che Edoardo Bennato segue dritto fino al mattino (per arrivare all’isola che non c’è), per lui è la prima fila a sinistra, giusto a portata di Eagles. È il posto che occupa da quando, dicembre 2018, è diventato sponsor della Pallacanestro Cantù, allora più che mai un’isola che rischiava di non esserci.

E Antonio Biella, il signor San Bernardo, di acqua (concedeteci la banalità della citazione) ne ha vista passare sotto i canestri del PalaBancoDesio, ma non solo. Tanto da diventare pure tifoso e consigliere di amministrazione del club forse più anomalo, ma genuino d’Italia.

Una stagione normale per lei pare non esserci...

Beh, dai, la prima, malgrado salito in corsa e nel pieno della tempesta, almeno l’ho vista finire. Questa, invece, peccato che non si sia conclusa.

Avreste portato a termine il vostro progetto...

Di certo abbiamo riacceso l’entusiasmo, dimostrando tutti un grande attaccamento. Siamo ormai la Cantù dei canturini, ma così è forse una definizione un po’ limitata. Perché mi piace pensare possa definirsi come la Cantù dell’area del Canturino. Di tutti quelli che hanno riattaccato la spina e che hanno avuto la voglia di tornare a crederci, cercando di essere patriottici per la stessa Cantù.

Le è piaciuta la squadra?

Tantissimo in proporzione al budget che avevamo. È stato bravissimo Daniele Della Fiori ad allestirla. E dico lui perché è la punta diamante, ma penso ovviamente a tutti quelli che hanno collaborato. Coach Cesare Pancotto e squadra mi sono piaciuti tanto tanto.

E lei sempre lì in prima fila a fare il tifoso vero...

Là, dove sono io, i tifosi si sentono moltissimo e tutte le volte mi scaldano. Sono contento di essere sempre lì.

Qual è stato il successo più bello?

Dico Brindisi, perchè ho fatto la pazzia di andarla a vedere partendo il pomeriggio e tornando la mattina alle 5 in aereo. Unico della società, sono stato in curva con gli Eagles: bella emozione.

E la sconfitta più cocente?

Quella contro la Fortitudo all’overtime se ricordo bene. pensavo di portarla a casa e tutti ci tenevamo per i tifosi.

La sfida che rigiocherebbe e perchè?

Contro Milano, dato che purtroppo non c’ero. E quindi per rivederla, a patto però che il risultato resti identico...

Non è uno che si spaventa a dire le cose come stanno. Per cui ne approfittiamo e le chiediamo qual è il giocatore che più l’ha divertita.

Mi avete beccato... È un ragionamento che mi è capitato di fare spesso in queste notti un po’ insonni, tra pensieri lavorativi e normali ansie del momento.

E quindi?

Quindi rispondo Pecchia, perché mi piace che sia un italiano e perché il concetto mi piace, nella speranza che si possa costruire su di lui il futuro nostro e della pallacanestro nazionale, con un po’ più di nostri giocatori in mezzo a tanti stranieri.

E, a proposito di stranieri, come li mettiamo in fila quelli di oggi?

In generale mi sono piaciuti un po’ tutti. Però, visto che mi chiedete di scegliere, vi dico Burnell e Hayes. E Clark, soprattutto per lo stile di gioco, anche se quella fuga...

Negli annali di questa stagione rimarrà anche il suo beau geste di aprire a un co-sponsor pur di arrivare a un altro fuoriclasse...

Sono amico di Paolo Petazzi e di Cinelandia. Abbiamo tante passioni (dal golf al basket) che ci uniscono e ci siamo trovati bene insieme fin dai primi momenti. Quando si è trattato di pensare a un piccolo sacrificio, l’ho fatto più che volentieri, anche perché non era grandissimo e andava a solo vantaggio della squadra. Ci tengo però a dire una cosa.

Prego...

L’idea di ingaggiare Ragland è stata a tre: io e Paolo, appunto, più Andrea (Mauri, ndr). Sono convinto che ci saremmo salvati lo stesso, ma Joe mi è piaciuto e mi sarebbe ancor di più piaciuto vederlo in questo finale di stagione.

Comunque, lo ripetiamo, lei ha pur sempre fatto una grande cosa.

Però, per cortesia, non c’è bisogno di santificarmi. In certi momenti bisogna saper fare anche delle rinunce personali per il bene comune.

E per questo bene, e per quello dei tifosi, a un certo punto avete ingaggiato pure Purvis, che però non abbiamo potuto vedere. Era la chiara intenzione di voler puntare ai playoff?

Era la sicurezza di avere in casa una potenziale scoperta per l’anno venturo. E cioè provare a scommettere su un giocatore che ha avuto le carte in regola per diventare qualcuno, senza ancora riuscirci del tutto. Ce l’avessimo fatta, avremmo pescato un altro clamoroso jolly, al contrario sarebbe stato comunque un tentativo per dare qualcosa in più alla squadra.

Le è piaciuta la risposta del territorio alle vostre sollecitazioni?

L’abbiamo sentita. E direi molto più di due o tre anni fa. C’è voglia di fare sempre qualcosa in più- Magari partendo, o ripartendo, da una casa tutta nostra, e che adesso purtroppo non lo è.

Altro lavoro che si sta facendo...

Infatti. E forse con l’atavico quesito sul dove. A Cantù, come si è scelto, o nel mezzo della Brianza? Ognuno probabilmente avrà la sua risposta, io dico avanti così. Il palazzetto è una delle condizioni imprescindibili.

Quindi la strada imboccata pare quella giusta. Ottimista o pessimista per il futuro?

Questa storia del coronavirus ha condizionato, e rischia di farlo per tanto, ogni decisione. Sono convinto, però, che da questa situazione noi saremo tra quelli che potranno uscirne meglio.

In che senso?

Nel senso che noi ci siamo già passati. Che siamo abituati a vivere alla giornata e che abbiamo già navigato in acque tempestose.

Vi siete fatti, insomma, una serie di anticorpi...

Diciamo di sì. Potremmo essere molto più pronti di altri. Lo stesso ci sarà una grande ridimensionamento, e su questo credo che non ci siano dubbi.

Quindi che tipo di stagione si prospetta?

Forse è presto per dirlo. Ma sarà un anno difficile e dovremo prepararci a stringere i denti.

Tutti insieme, a cominciare dal consiglio di amministrazione di Pallacanestro Cantù. Vero

Verissimo. Fortunatamente abbiamo una bella squadra, aiutata dentro e fuori da tante persone che, pur tra pregi e difetti, hanno messo al servizio della società le loro alte professionalità. E mi riferisco ai nostri dipendenti, ai collaboratori e allo staff. Senza dimenticare...

Senza dimenticare?

Non me ne vogliano gli amici soci, ma io sul nostro stesso piano metto tutti coloro che, dal singolo biglietto all’abbonamento per la stagione, dal piccolo cartello al palasport al contratto triennale di sponsorizzazione, hanno partecipato concretamente alle fortune di quest’anno. Questo è il nostro patrimonio, è qui che dobbiamo continuare a investire. Sulla gente che, interna o esterna, sia disposta a buttare il cuore oltre l’ostacolo. Molto bene ha fatto Andrea Mauri a coinvolgere così tanti imprenditori interessati al progetto.

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