Cantù, il meglio degli ultimi 20 anni
C’è un parterre de roi tra gli esclusi

Dopo aver giocato con i migliori quintetti del millennio, i tanti rimasti fuori

Di quanta gente forte sia transitata in Brianza in questi ultimi due decenni te ne rendi conto nel momento in cui vai a ripercorrere annata per annata, “riscoprendo” qualcuno che magari nel frattempo ci si era anche, colpevolmente, dimenticato.

Più d’uno, infatti, avrebbe meritato di stare al piano superiore, vale a dire di ritrovarsi tra i nomi che abbiamo speso nell’articolo di cui sopra.

Andando a ritroso nel tempo, la prima figura che si scorge - e vista la sua imponenza non si fa certo fatica a vederla... - è quella di Sofo Schortsanitis, il camerunense-greco che arrivò qui poco più che diciottenne. E in quella stagione, 2003-2004, “Baby Shaq” non passò inosservato.

L’annata seguente, un paio di esterni si presero la scena: il play tascabile Shawnta Rogers e la guardia americana poi naturalizzata italiana, Brett Blizzard, mortifero da dietro l’arco dei 6.75.

Nel 2007-2008, gestione tecnica affidata a Luca Dalmonte, fecero scalpore la qualità e l’estro di altri due esterni. Stiamo parlando del regista Dasahun Wood - che al suo primo anno da professionista a Cantù chiuse il campionato con 17,9 punti e 3,4 assist a partita, con il 45% da tre punti - e di Gerald Fitch, l’uomo che giocava in pantafole.., uno da 16 punti di media, con un talento smisurato che andava però di pari passo con un carattere che definire istrionico par persino eufemistico.

Era invece il 2009-2010 quando approdò a Cantù quell’autentico signore che risponde al nome di Michele Mian: a fine carriera, eppur preziosissimo nello spogliatoio e quando entrava dalla panchina.

Il 2010-11 portò invece in dote il talentuoso Sundiata Gaines e il più solido Jason Rich, mentre la stagione successiva ecco comparire un play quadratissimo quale Mike Green.

Un salto alla 2012-13 per scoprire Jeff Brooks e un altro alla 2014-15 per una coppia di americani che ha davvero lasciato traccia di sè. Alludiamo a Darius Johnson-Odom e a James Feldeine, due che in più occasioni hanno strappato applausi a scena aperta al pubblico del Pianella.

E poi via verso l’era Gerasimenko che ha visto giungere in Brianza un discreto numero di buoni giocatori. Si era iniziato con i vari Walter Hodge, Kyrylo Fesenko e Roko Ukic, si era proseguito attraverso Tremmell Darden e Dominic Waters, si era andati avanti con Randy Culpepper, Jeremy Chappell e Jaime Smith sino a giungere - è storia dell’altroieri - a Frank Gaines, uno capace di terminare la scorsa stagione a oltre 20 punti di media.

Insomma, detto che qualcun altro ce lo saremo comunque perso per strada, non è certo mancato l’imbarazzo della scelta.

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