Giofrè, un canturino ai vertici della A
«Zero contagi, è andata di lusso»

Si racconta il genereal manager della rivelazione Happy Casa Brindisi

Milano a punteggio pieno dopo sei giornate. Ci poteva stare e, infatti, ci sta. Bologna (sponda Virtus), Venezia e Sassari - le tre sue più accreditate indicate avversarie - inseguono in classifica a 4 lunghezze, precedute però da Brindisi, a tutti gli effetti dunque vicecapolista. Una sconfitta all’esordio per la squadra di coach Vitucci e poi cinque successi di fila. È dunque un Happy Casa decisamente molto happy quella che sta lasciando il proprio segno su questo primo scorcio di campionato. E se il team pugliese è lì a tamponare l’Armani, una parte del merito va senza dubbio ascritta a colui che ha “disegnato” la squadra durante il mercato. E quel “lui” è un canturino, vale a dire Simone Giofrè che ricopre il ruolo di ds.

«Calma, sei partite dicono poco - commenta -; potremmo semmai riparlarne al termine del girone d’andata per verificare come si saranno eventualmente consolidati i valori. Naturalmente prendiamo atto dello stato dell’arte, o meglio prendiamo ciò che viene. È onesto riconoscere che sinora non abbiamo subìto svantaggi dalla situazione Covid (Brindisi è uno dei quattro club a non aver avuto ancora alcun “positivo”, ndr). Zero contagi: direi che ci è andata di lusso, ma siamo consapevoli che prima o poi toccherà anche a noi perché non credo che soprattutto i giocatori - di qualunque squadra - la possono scampare perché decisamente troppo esposti. Del resto questo rischio l’avevamo tutti messo in conto nel momento in cui abbiamo deciso di dar vita al campionato e quindi di giocare».

Ma la serie A in questo momento può ancora definirsi un torneo equamente competitivo? «Certo che no, ma ribadisco lo è sin dalla sua partenza perché si gioca sempre in una situazione al limite. Prendiamo ad esempio proprio Cantù: ha saltato due partite, verosimilmente vedrà rinviata anche la terza consecutiva, non si allena o allenerà per un minimo di due settimane e quando tornerà in campo non potrà avere la stessa condizione fisica di prima. E qualche rivale potrà trarne vantaggio. L’importante, tuttavia, è che non ci sia alcuno tra noi che voglia apposta trarre vantaggio dalle disgrazie altrui perché sarebbe un colpo mortale per l’intero movimento. Al di là di ciò che dispone il protocollo. Questo proprio no, e non c’entra con il fatto che abbiamo accettato che questo campionato potesse essere diversamente equamente competitivo»

«E poi una sottolineatura - aggiunge -: questa è la stagione in cui nessuno ha fatto il precampionato perché la Supercoppa non lo è stato poiché quando giochi lo fai condizionato dal dover far risultato e non certo per dar modo all’assieme di crescere giorno dopo giorno tramite gli allenamenti».

Torniamo a voi. L’impressione a inizio stagione è che aveste potuto comunque ritagliarvi un ruolo significativo alle spalle delle big.

«Presi individualmente, abbiamo ingaggiato americani di talento e questo lo sapevamo, ma non potevamo essere altrettanto certi che poi potevano funzionare una volta messi assieme. Voglio dire, non era scontato. Se invece ora è così è perché da un lato c’è il segno distintivo del nostro allenatore che ha sempre dimostrato di sapere formare gruppi coesi e dall’altro la disponibilità “alla squadra” mostrata dai nostri Usa. Harrison, per dire, è un autentico faro, ha una personalità debordante eppure sa sacrificarsi eccome per i compagni. La sintesi è che questa Brindisi ha già un’anima di squadra e la circostanza in questo periodo fa davvero la differenza».

Ci confida che idea s’è fatto di Cantù? «Che un gruppo così nuovo e tanto giovane ha assolutamente bisogno di tanto rodaggio. Ma che è una squadra imprevedibile, con tanti giocatori d’energia, arma quest’ultima importantissima in questo campionato in cui ci sarà un continuo su e giù».

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