Il ritorno di “Ai lov dis gheim”
La versione di Gianni (Corsolini)

Tradizionale appuntamento settimanale con la più longeva delle rubriche de La Provincia

Sono in casa, e quindi mi dedico alla lettura, un piacere che nel mio caso è ancora, in primis, quella di un libro cartaceo. Perchè in fondo non possiamo rinunciare al libro? La sostanza stessa del nome rimanda alla corteccia (“liber”), al papiro (“biblion”), faggio (dall’antico “bock”) insomma ci dice che il libro è adatto al momento che stiamo vivendo per la sua resistenza a qualsiasi blackout, senza contare la comune identità con la parola “libero”.

I libri, infatti, si leggono nel tempo libero, e ci rendono più liberi perché sono una foto del mondo, della natura, della vita. Forse le Fondazioni, che hanno deciso di investire meno nella cultura a favore di welfare e sanità, dovrebbero considerare che la cultura a suo modo è un contributo per la sanità, specie quella della mente - che in certi attimi della vita come quello che stiamo vivendo, è cruciale.

Anche la pallacanestro non è scevra dalle caratteristiche della lettura, dal contributo di conoscenza che produce. Mi ha fatto piacere leggere che Gigi Datome ha regalato il suo libro “Gioco come sono” a Federica Pellegrini, che ha dichiarato di averlo letto con attenzione, soprattutto perché non riguarda lo sport individuale, ma ha trovato le stessi emozioni, sentimenti e incubi che un atleta di un certo livello prova di fronte alle gare decisive.

La nostra Pallacanestro Cantù, sempre vicina a questo binomio gioco e cultura, diversi anni fa ha organizzato una trasmissione televisiva presso Antenna 3 a Castellanza. La trasmissione, che veniva registrata tutti i lunedì, si intitolava “La pallacanestro gioca e legge”.

Abbiamo coinvolto come conduttore il giornalista Rai Guido Oddo, mentre gli ideatori erano il nostro Massimo Canali e il meranese Massimo Sacilotto, che era spesso a Milano come press agent sia di personaggi del mondo del cinema e della cultura. Alla trasmissione sono intervenuti diversi scrittori del mondo del “Giallo”, come Lucarelli, Gualtieri, Volpato e Pinketts. Ne ho parlato al telefono con Sacilotto, che ricorda con affetto Massimo Canali e tutto il nostro ambiente, anche perché recentemente ha incontrato, in occasione di una partita amichevole giocata nella sua regione, Andrea Lanzi.

Mentre portavo avanti la mia confusione “a vanvera” nelle letture, mi è capitato sotto mano un vecchio libro di Enzo Bettiza, giornalista di origine dalmata, “Esilio”, dove lo stesso Bettiza ha narrato lo scontro in casa perché il papà cattolico voleva, come poi è stato, iscriverlo al liceo a Zara, mentre la mamma musulmana pensava diversamente. Rileggendo queste note su Zara, ho pensato all’amico allenatore Andrea Trinchieri, oggi impegnato a Belgrado dove allena il Partizan, che è una delle squadre migliori dell’Eurozona. Il suo inizio fu nelle giovanili a Milano, dove allenava una squadretta della Pio X, poi pian piano si fece strada e i risultati attirarono l’interesse di noi di Cantù. Nell’anno in cui da noi giocava “l’alpino” Michele Mian (che era stato allenato da Trinchieri a Veroli), Antonello Riva era manager a Veroli, per cui a entrambi chiesi un’opinione non solo sul tecnico ma anche sull’uomo: Antonello confermò l’ottimo parere di Mian, che mi disse che giocare a basket per lui significava non solo andare in palestra e fare il proprio mestiere con passione, ma soprattutto tornare a casa ogni giorno con la soddisfazione di aver lavorato per migliorarsi, «e con Trinchieri mi capita sempre questa soddisfazione». E così Trinchieri venne a Cantù e ha fatto un ottimo lavoro.

L’ho chiamato e abbiamo parlato a lungo della sua situazione; naturalmente gli ho fatto i complimenti per la sua carriera di livello europeo (ha allenato con successo anche in Germania e in Russia). Anche lui è confinato in casa, ma a Belgrado tra quindici giorni ricominceranno gli allenamenti…

Gianni Corsolini

© RIPRODUZIONE RISERVATA