Baldi Rossi: «Sono rimasto a Cantù per combattere»

Il capitano in pectore: «La società ha rifiutato i soldi di Trapani, e questo mi ha onorato»

«Domani conto di chiudere con Filippo Baldi Rossi», disse lo scorso 7 luglio uno scatenato Valerio Antonini, proprietario della nuova Trapani Shark, in un’affollata conferenza stampa. Ma Filippo Baldi Rossi era e resterà un giocatore di Cantù, senza “se” e senza “ma”. Rientrato dalle vacanze con la famiglia, è lui in prima persona a raccontare la turbolenza estiva arrivata dalla Sicilia, che ha fatto tremare i tanti tifosi canturini che per un paio di giorni hanno temuto di perdere l’ex azzurro. E c’è molto altro nelle sue parole, dal il bilancio della sua prima annata in Brianza, alle aspettative per il futuro. Ecco la “versione di Pippo”.

Filippo, è necessario partire dalla fine. Com’è andata con Trapani, una trattativa nata e finita nel giro di 48 ore?

La verità è che Trapani ha davvero grandi ambizioni, e questo va sottolineato perché sta allestendo bella squadra, con giocatori di serie A e altri molto ben inseriti nel contesto della A2. Quello che so io, tramite il mio agente, è che volevano farmi sentire un giocatore importante del progetto.

Era un’offerta importante?

Conosco il buyout proposto a Cantù: un’offerta davanti a cui era impossibile non tentennare, parliamo di una cifra pazzesca per la A2. Con me, in realtà, non si è arrivati a un’offerta vera e propria, se non la proposta di un biennale, perché c’è stato il muro alzato coraggiosamente da Cantù.

Con quale spirito resterai quindi a Cantù?

Questa società ha fatto scudo in maniera forte davanti all’offerta di Trapani. Questo mi fa capire tante cose, soprattutto che c’è grande senso di appartenenza e che davanti a un’offerta importantissima, hanno vinto altri valori. Credo che questa società abbia colto anche la parte “extra campo” che posso dare io. Di solito noi giocatori siamo giudicati solo per punti e rimbalzi e per questioni tecniche. Credo proprio di aver trasmesso anche altro in questo primo anno trascorso a Cantù.

Che ripartenza immagini?

Riparto carico, con grande voglia di fare. Non ho sentimenti di rivalsa per come è finita l’anno scorso, ma certamente sono concentrato sul momento del raduno e della preparazione, che sarà importantissima per collaudare gruppo e chimica squadra.

Quattro conferme nel roster, oltre a coach Sacchetti: che idea ti sei fatto di questa continuità?

Per come è finita la scorsa stagione, era giusto prendersi una pausa e fare delle riflessioni, che coinvolgessero tutti gli aspetti, per capire da dove partire e in che direzione andare. Partire dallo zoccolo duro degli italiani, mi pare un’ottima base di partenza.

Felice per le conferme?

Non era semplice trattenere giocatori importanti come Nikolic e Bucarelli. Nikolic è esploso, Bucarelli ha disputato un campionato importante: forse nemmeno lui si aspettava. Lo stimo tanto, ha una concretezza incredibile, come poche altre guardie in A2. Sicuramente con Sacchetti, la società ha scelto una linea tecnica precisa: noi dobbiamo creare armonia, Meo ci mette la tecnica e la tattica.

E dell’arrivo di Burns sei soddisfatto?

È un gran bel colpo. Con lui ho giocato all’Europeo, in Nazionale: in A2 farà la differenza. Ha un’arroganza fisica necessaria in A2, oltre a un lato tecnico che ci darà un plus importante.

Passo indietro: cosa è andato male l’anno scorso?

Cantù in campionato ha dominato, poi ci sono stati problemi, soprattutto fisici. Hunt e Rogic erano stati due cardini nei primi sei mesi. Poi ci siamo confrontati a un livello superiore, contro squadre che hanno cominciato a metterci le mani addosso e forse un po’ l’abbiamo patito. Prendiamo Pistoia: non è nata per la A, ma ci è arrivata con merito.

Quindi bisognerà ispirarsi a questo tipo di realtà?

Bisognerà prendere spunto, sicuramente, perché l’esperienza insegna. Magari essere più “underdog” nell’atteggiamento, anche perché non c’è bisogno di sbandierare il nostro obiettivo. Si sa dove vogliamo arrivare. E, aggiungo, servirà più voglia di condividere, più spirito di squadra.

Come si raggiunge questo obiettivo?

Bisogna essere contenti di essere qua e bisogna far capire ai nuovi per chi si sta giocando. Starà un po’ a noi della vecchia guardia impegnarci in questo senso. Con Cesana, per esempio, ci siamo già parlati… ricordo bene come giocò a Desio. Lui è un esempio: spesso contro di noi c’è chi fa la partita della vita, è una vetrina giocare bene e battere Cantù.

Sembrano parole dette da un capitano. A proposito, molti tifosi ti vorrebbero vedere con i gradi…

Immagino servano prima dei passi, perché devono essere tutti d’accordo. Prima di tutto coach e società. So che tanti tifosi lo vorrebbero, ma aspettiamo prima che me lo comunichino. Io però, capitano o no, sarò lo stesso dell’anno scorso, d’esempio e sempre propositivo per la squadra. L’ho sempre fatto in carriera, anche alla Virtus. Per me è fondamentale trasmettere energia positiva, per tutti. Se poi arrivano anche i “gradi”, si può fare ancora meglio.

Altro passo indietro, forse doloroso. Vi siete chiesti cosa non sia funzionato nella semifinale contro Piostoia?

Con Bucarelli e Nikolic, finché siamo rimasti a Cantù, non è stato semplice parlarne. Io, pur essendo “assetato” di basket, mi sono rifiutato di vedere le finali tra Pistoia e Torino. Ma tra compagni si è provato ad analizzare cosa si poteva fare meglio. Non ci sono colpe da dare, ma solo considerazioni da fare. Quest’anno l’obiettivo sarà lo stesso, ma ripartiremo conoscendo le cose che vanno migliorate e quelle da non ripetere.

Stesso girone in campionato, il Verde, ma nuove rivali. Che idea ti sei fatto della prossima stagione?

Ci sono tante ottime squadre, in entrambi i gironi. A luglio, dico che i dieci giocatori che vestiranno la maglia di Cantù dovranno pensare soprattutto a questa, non a quella degli altri.

E che campionato ti aspetti, se si può fare una previsione?

Difficilissimo, perché è un dato di fatto che tante squadre partiranno con le nostre stesse ambizioni e con roster profondi per arrivare fino in fondo. Noi dobbiamo sapere che tutte le domeniche sarà una finale, a partire dall’1 ottobre. Da lì costruiremo la nostra identità, che non s’inventa con un semplice “switch on-off”: non esiste l’interruttore che ti fa vincere i playoff, ma c’è una mentalità da mostrare sul campo con cui si arriva al momento clou della stagione.

E i prossimi playoff andranno affrontati senza affari alla Logan. Che ne pensi di questo cambio di regolamento?

Che si partirà tutti dallo stesso piano. A me non dispiaceva come regola: se una squadra ha davvero bisogno, un ingresso nel roster puoi aiutare a fare uno step importante. Ma non è detto che siano mosse che danno un risultato: Pistoia è un esempio, non ha aggiunto nessuno e ha vinto. Ma altre volte in effetti le aggiunte hanno aiutato.
L.Spo.

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