Brienza capolista a Pistoia: «Come sarebbe bello vederci ai playoff»

Il coach canturinio: «Non pensiamo a salire, ma lavoriamo con i giovani. Seguo la S. Bernardo»

Serie A2, un campionato che parla canturino. Nel girone Verde, la S.Bernardo è prima con 2 punti di vantaggio su Cremona (che ha però una partita disputata in meno), nel girone Rosso la capolista è Pistoia, allenata da un canturino di nascita ed estrazione sportiva come Nicola Brienza, fresco di colpo in trasferta contro Udine. Ed è l’ex allenatore della Pallacanestro Cantù a spiegare i segreti di questo ottimo inizio di stagione. Con un occhio ovviamente puntato sulla propria squadra, che allena per la seconda stagione consecutiva, e l’altro su Cantù. Ovvero, il primo amore che non si scorda mai.

Coach Brienza, Cantù in qualche modo “domina” la A2. Che ne pensa?

Parto da noi. È bellissimo essere al comando nel nostro girone, ma non è detto che si debba salire in serie A per forza. E chiaramente, sono felice anche che Cantù sia prima nel girone Verde.

Cantù ha cambiato cinque giocatori, voi invece come avete approcciato la nuova stagione?

Abbiamo chiuso bene la scorsa stagione, in semifinale playoff. Grazie alla bravura di un altro ex canturino, il nostro ds Sambugaro, siamo riusciti a confermare il nucleo dell’anno scorso.

Un vantaggio?

Sì, perché questa situazione permette di avere una struttura di vissuto che oggi ci dà dei dividendi: il gruppo già si conosce, non si inizia da zero. Non basta ovviamente, ma aiuta magari a vincere qualche partita in più.

Resta un’ossatura, per Pistoia, molto giovane: è una scelta precisa?

L’anno scorso eravamo la squadra più giovane del campionato, quest’anno abbiamo aggiunto altri giovani, compresi i due Usa. Questo è positivo, Pistoia è un club che cerca la valorizzazione. I nostri ragazzi che hanno esordito in A2 l’anno scorso stanno crescendo. È un mix davvero interessante.

Pistoia ha cambiato girone rispetto a un anno fa. Differenze?

La vera differenza sono i rientri a casa molto più scomodi. Onestamente dal punto di vista tecnico non vedo grossi divari. In entrambi i gironi ci sono tre-quattro squadre che puntano in alto: Cantù, Cremona, Treviglio da una parte, Fortitudo Bologna e Udine dall’altra. Le squadre meno ambiziose, per budget e obiettivi, più o meno si equivalgono.

Pistoia davvero non punta a salire nonostante il primo posto?

Più che aspettative, in questo momento registro entusiasmo. La promozione non è un obiettivo dichiarato, ma siamo in una piazza abituata alla serie A: nell’ambiente si respira il piacere di poter sperare di tornare in alto. La società, dopo il passo indietro di qualche anno fa, si è ristrutturata, evitando la sparizione. E ricordo che l’anno scorso non abbiamo disputato la finale per poco, usciti in gara 5 contro Verona: ancora ci mangiamo le mani per aver perso gara1 dominando…

E Cantù?

La seguo sempre e spero di incrociarla prima o poi: significherebbe aver disputato un grande campionato.

Che ne pensa della squadra di Sacchetti?

Sta ancora cercando la sua identità, ma è indubbio che sia stata costruita con puntando su un roster di qualità. E in panchina c’è una garanzia, Meo Sacchetti: con la sua esperienza e la sua abilità nella gestione del gruppo è l’uomo giusto per provare a fare il salto. E manca Stefanelli: quando rientrerà, la qualità aumenterà ancora.

E se dovesse capitare un Pistoia-Cantù, in Coppa Italia o ai playoff?

Sarebbe eccezionale, per me e per Pistoia. Se mai capiterà, avremo saremo concentrati sulla possibilità di disputare grandi partite, poi penseremo eventualmente alla posta in palio. Una differenza di stress emotivo non da poco.

I palazzetti sono tornati a riempirsi, che sensazioni prova un allenatore?

Domenica a Udine c’era sold out, 3.500 spettatori. È un altro sport rispetto a quando c’erano le restrizioni. Non è scontato che la gente torni al palazzetto, serve seminare per recuperare quella fetta di pubblico che è stata persa e magari trovare nuovi tifosi. Il calcio ha investito tanto in questo settore, con ben altre risorse a disposizione, ma ora questa è diventata anche la vera sfida delle società di basket.
L. Spo.

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