Brienza: «La spinta è arrivata proprio con Cantù»

Il canturino promosso con Pistoia: «Un risultato che ci siamo costruiti giorno dopo giorno, credendoci»

From Cantù to serie A. Sarà stato anche il canturino sbagliato, ma lì ci è arrivato. Al termine di una stagione meravigliosa. Alla guida della Giorgio Tesi Group Pistoia, la reginetta dei playoff. Capace di infilare, in semifinale, proprio l’Acqua S. Bernardo e, in finale, la Reale Mutua Torino.

Nicola Brienza, l’ex enfant prodige del basket canturino, è tornato nell’olimpo. Tra le migliori squadre del nostro movimento.

Coach, da quanto mancava dalla A?

Due anni. Dal post Trento. E da quando sono arrivato qui, in Toscana.

Sensazione?

Bella. Molto bella. Uno di quei percorsi nei quali parti con un’idea e poi ti accorci che si può fare qualcosa in più.

E la chiama “qualcosa” una promozione?

L’abbiamo sognata, ovviamente, a un certo punto. Ma non ci siamo mai spinti a sperarla. Poi, day by day e un passo alla volta, ci siamo accorti che qualcosa stava cambiando in meglio.

Tanto che?

Tanto che a un certo punto ci credi. Ti viene la voglia. Pensi e dici: “Dai che ce la facciamo...”.

E ce l’avete fatta.

Sì ma non così facile. Siamo passati attraverso processi di crescita. Anche una sconfitta contro una grande, ma giocandotela, può darti consapevolezza. A noi è successo così. Fino ad arrivare in campo nei playoff.

Prima della serie contro Cantù le diedero del presuntuoso.

Sì, per quella storia che non avrei firmato per l’1-1 dopo la doppia sfida iniziale a Desio.... Ma io sapevo cosa avevo in mano. E sapevo, anzi sapevamo, di potercela giocare. Anche al di là del pronostico contrario.

Quell’incrocio divenne un trampolino per la gloria.

Il coronamento di quel percorso che vi stavo raccontando. Perché il risultato finale della nostra avventura è stato clamoroso. Una soddisfazione pazzesca. Che ci siamo goduti fino in fondo, e ancora di più. Un conto, infatti, è vincere da favoriti, e sarebbe il completamento naturale di un viaggio già segnato, e un conto è farlo come è riuscito a noi. Una di quelle cose che ti fa dire: “Mamma mia!”.

Il segreto?

L’essere cresciuti, tutti, tantissimo. Poco alla volta. Mi ricordo il primo incrocio proprio con Cantù all’inizio non di questo campionato, ma del precedente. Loro con Robert Johnson vengono qui a vincere di una quindicina di punti al PalaCarrara. E noi in quella squadra abbiamo Saccaggi, Wheatle, Magro e Della Rosa. Sì, loro, quelli di adesso. Con Della Rosa che quella volta parve quasi un estraneo e invece a Casale ci ha vinto la partita. Una cosa talmente grossa che l’ha fatta davvero.

Avete bruciato le tappe...

Di più. Mi avessero detto all’epoca che un anno e mezzo dopo saremmo andati a eliminare proprio Cantù prima di salire in A avrei dato a tutti degli ubriachi veri. È stata la forza del nostro gruppo a portarci fin lì. Come dicono nei film americani, ogni dita che si chiude diventa un pugno. E a noi quel pugno ha fatto fare cose fantastiche.

Quanto e cosa ha dato lei a questi ragazzi?

Ho cercato di dare la mia esperienza, mettendola in campo ogni giorno. Pur con tutto il rispetto dei colleghi di oggi, ho avuto la possibilità di confrontarmi a livelli molto più alti e stavolta mi è servito. Ho provato a mettere in un terreno, che ho subito trovato fertile, tutto quello che potevo. E, come dice il nostro ct, ho cercato di non fare danni. Tenendo sempre accesa la fiammella e dando stimoli e strumenti, contemporaneamente.

L’ambiente vi ha aiutato non poco.

Se penso agli inizi, alla Supercoppa di due anni in regime di vincoli di spettatori per Covid, rivedo quei 250 spettatori della prima volta. Poi tutto è cresciuto con noi, con la città sempre più ricettiva. Al PalaCarrara, adesso, si può anche vincere, ma devi sapere giocare bene a pallacanestro per farlo. Perché con questo ambiente è difficilissimo. Diciamo che siamo arrivati all’apice della forma proprio all’inizio dei playoff. Siamo sbocciati tutti insieme nel momento decisivo

Quando ha pensato seriamente di farcela?

Onestamente sono due i momenti.

Cominciamo dal primo...

Quando è rientrato Del Chiaro dall’infortunio, a maggio. Benetti è potuto tornare a fare il suo ruolo e io mi sono convinto di avere un roster presentabile, e non solo in termini numerici.

E il secondo momento?

Dopo gara 1 a Desio con Cantù. Al di là della sconfitta abbiamo dimostrato, principalmente a noi stessi, di poterci stare. Ci ha dato consapevolezza. Più di quello accaduto poi nel corso della serie. Perché gara 2 era scontato finisse in quel modo, ma poi sapevamo di poter vincere a casa nostra e rilanciare le ambizioni.

E da Casale, gara 5 tragica per la S. Bernardo, se ne andò via con cosa?

Con la consapevolezza che con Torino potessimo giocarcela veramente. Era l’unica delle squadre che in tutti gli incroci dell’anno non avevamo mai affrontato. Ma, tra fattore campo e carica dopo aver vinto a Casale e quasi anche a Desio, sapevo che sarebbe potuta finir bene, andandoci a prendere, nel caso, anche una partita a casa loro. Senza paura di giocarcela fino in fondo.

Torniamo a Desio. Sfida per lei non normale con due post gara ancora di meno (normali).

Vi ringrazio per la domanda. Perché ho letto e sentito cose assurde, tipo che avrei rovinato e spaccato di tutto. Invece, dopo gara 1 persa in quel modo, ero arrabbiatissimo e in un impeto di grinta ho aperto una porta con molto vigore, scheggiando un vetro. Ovviamente ho sbagliato, mi prendo la responsabilità. Ho chiesto scusa e ho ripagato il danno.

E due sere più tardi?

La seconda volta è chiaro che sia stata una cosa brutta, che non deve mai capitare. Tra l’altro con Benetti colpito in un momento sportivamente sbagliato, quando i fumi dell’agonismo erano già evaporati. Il gesto di uno poco intelligente ha messo seriamente a rischio l’incolumità fisica del nostro giocatore.

E a lei ne hanno cacciate di tutti i colori...

Anche qui ci tengo a fare dei distinguo. Sfortunatamente ci sono i social ad amplificare la realtà, con quei 10 che scrivono una cosa che fanno più rumore dei 1.000 che la pensano diversamente. Ci sono rimasto male per alcuni atteggiamenti, è vero, con gente insospettabile così arrabbiata e disgustata. Ma con il 90% dei canturini, a partire dagli Eagles, ho un ottimo rapporto. Ci sentiamo, ci siamo sentiti, mi hanno fatto i complimenti, dopo la serie con Cantù e alla promozione in A. Lo stesso vale per il 95% della gente di Cantù, che mi ha riservato solo attestati di stima. Dovessi incontrare a far la spesa quei 10 stupidi che si agitano su Facebook, mi farei offrire il caffè.

E come la mettiamo con la storia che Pistoia rinuncerà alla serie A vendendo i diritti?

Anche in questo caso non è che l’amplificazione di roba scritta sui social contro di me e la società. Senza alcun fondamento. Pistoia Basket 2000 farà la A, con le difficoltà delle squadre che salgono da dietro. Se con il 15° o 16° budget dell’A2 siamo riusciti a fare quel che abbiamo fatto, cosa volete che ci spaventi partire magari anche con l’ultimo della serie maggiore? L’unica cosa che venderemo è la pelle. Statene certi.

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