È stata la mano di Meo: felicità Cantù

Basket C’è anche il clamoroso lavoro psicologico di Sacchetti dietro l’immediata reazione della squadra con Nardò. Colloqui individuali, pressione ridotta a zero e un paio di accorgimenti tattici: il gruppo s’è sentito responsabilizzato

Per i processi o, peggio ancora, per il funerale si è pregati di ritornare più tardi. Quelli che avevano pensato che il malato fosse quasi morto sono stati costretti a rimangiarsi il tutto, in una sera. Sono i playoff, bellezza. D’altronde non era accaduto anche l’anno scorso al primo turno?

Chiaro, qui c’è una sconfitta al limite delle giustificazioni, e non ci piove. Ma la ripresa della Pallacanestro Cantù è stata subitanea: 3-1 a Lecce contro Nardò e serie chiusa. Altroché gara cinque a Desio. Il PalaFitLine riaprirà sì, non domani, però. Bensì sabato per la prima sfida di semifinali contro Pistoia.

Un coach molto provato

È anche questa volta, manco a dirlo, c’è stata la mano di Meo, inteso come Sacchetti, il coach. Chi è stato al suo fianco nelle ore successive la debacle di giovedì giura di averlo visto provato. Molto provato. Come forse mai accaduto. Ma è da lì che il tecnico di Altamura ha preso la forza per reagire. Alla sua maniera.

Imperativo numero uno, cercare di non gettare ulteriore pressione addosso alla squadra. Sarebbe stato deleterio. Meglio, anzi, spolverare dalle spalle un po’ di scimmia. Come? Nessuno meglio di lui, espertissimo, lo sa: con calma. Fermo nelle intenzioni e pronto al confronto. Con lo spogliatoio.

Un clamoroso lavoro psicologico e una serie di colloqui individuali, soprattutto con quei giocatori che hanno più bisogno di conferme, e non di soli urlacci, per rendere al meglio. Forte di alcuni convinzioni, la prima delle quali l’assoluta leadership di uno come David Logan, è poi passato al lavoro sul campo. Qualche piccolo accorgimento, una stretta alla difesa, l’idea di mandare Smith a lavorare sul lato debole, un po’ più di gioco in post basso e la possibilità nel caso di avere contemporaneamente con Logan e Roko Rogic (c’era forse anche un’ipotesi di quintetto, poi ben presto smontata).

I risultati, comunque, si sono visti. Il primo tempo, ed è apparso chiaro a tutti, è più che altro servito per riacquistare sicurezza, meccanismi, fiducia e confidenza. Per poi, nella ripresa, sprigionare tutti i cavalli di questa squadra. Senza Dario Hunt, e non è poco, con un generoso Stefan Nikolic che ha confermato di sentirsi poco a suo agio da secondo (o primo) lungo e con Filippo Baldi Rossi che farebbe anche a meno di mostrare le sue ultime due partite ai posteri (però è pur sempre FBD, ovvero uno dei leader nemmeno troppo silenziosi del gruppo).

Bene, molto bene, molto molto bene Matteo Da Ros, uno che potrebbe tenere dei clinic su come giocare in post basso e passare la palla: stavolta ha anche deciso, finalmente, di mettersi in proprio, producendo i punti decisivi per piazzare lo strappo. Un po’ quello che il coach aveva chiesto a Giovanni Severini: difendi sì, e dio solo sa quanto ce ne sia bisogno, ma se il tiro e aperto prenditelo (non possiamo virgolettare il passaggio perché non ne abbiamo le prove, però siano stra certi sia andata così).

Rinnovate convinzioni

Si torna quindi da Nardò con rinnovate convinzioni: una dice che, al di là di tutti i retropensieri, questa squadra ha bisogno della presenza di Hunt come il pane. L’altro che Logan, indiscutibilmente, è il giocatore al quale in qualsiasi momento lasciare la palla della vita. L’ultima è che Rogic, a differenza di quanto potessimo pensare di un giocatore di scuola slava, è uscito a pezzi dal mezzo (forse qualcosa in più) taglio e non ha saputo reagire quando la sorte ha provato a dargli una seconda chance.

Che sarà di Hunt in proiezione Pistoia? Difficile dirlo ora. Nostre quotazioni sulla presenza, fatto salvo che saranno decisive le prossime ore: 60% gara uno, 90% gara due. Staremo a vedere.

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