«In A2 belli e bravi finché si vuole. Ma serve essere meglio degli altri»

Basket Cagnardi, vice allenatore di Cantù, non ha dubbi: «Siamo costruiti per arrivare in fondo»

«Si può essere belli e bravi finché si vuole, ma serve essere meglio degli altri». Sembra facile (a dirsi), ma non lo è (a farsi). Ma è proprio quello a cui Cantù sta lavorando. Un concetto ampio, che il nuovo assistente Devis Cagnardi, arrivato a Cantù dopo una bella annata da head coach ad Agrigento, prova a spiegare a dieci giorni dall’inizio del campionato di A2.

«La mentalità va costruita»

«Siamo una squadra costruita per arrivare in fondo – esordisce il tecnico bresciano -, conosciamo bene le ambizioni di tutti, ma questo è un campionato in cui occorre proporre un’attitudine di squadra, perché è un campionato particolare. Cosa significa? Predisposizione alla resilienza, al lavoro, al gruppo. Perché in A2 sono caratteristiche che contano tanto quanto valori tecnici, fisici e budget. E noi questa mentalità stiamo provando a costruirla».

Il recente passato deve insegnare qualcosa. Lo ha insegnato ai pochi reduci dello staff tecnico – Sacchetti padre e figlio -, cosi come ai giocatori - Baldi Rossi, Nikolic, Bucarelli e Berdini – e, necessariamente, va spiegato ai nuovi. «Siamo consapevoli di avere un gruppo forte, non penso che qualcuno si sia mai nascosto su questo tema, ma le ultime due stagioni devono pur aver fatto scuola su quanto sia peculiare questo campionato. È un dato di fatto che si rischia grosso anche contro le piccole. Per questo dico che non basta essere belli e bravi, e probabilmente lo siamo, ma dovremo essere anche migliori degli altri».

E a che punto è Cantù? «L’amichevole con Piacenza è servita per testare le nostre condizioni fisiche e tecniche, preservando Berdini e Burns in vista dell’inizio. Come tante altre squadre, occorre gestire i carichi in funzione della Supercoppa, inserita nel momento in cui bisognerebbe pensare forse ad altro e non a impegni ufficiali. Ma si cerca di onorarla, anche se è andata male».

Eppure, Cantù era partita anche bene: «Purtroppo, non performando in una singola partita, c’è il rischio di uscire. A Torino mancava il nostro play titolare, un’assenza che in questo momento della stagione, pesa di più rispetto a quando i meccanismi sono oliati».

Per Cagnardi, è un’altra esperienza come vice. L’ha fatto anche a Reggio Emilia, in A, quando gli emiliani disputavano finali scudetto o europee.

«Questa piazza è uno stimolo»

A prima vista un passo indietro rispetto a un anno fa, ma non è così: «Far parte di un progetto mirato al miglior risultato possibile è uno stimolo importante per chi, come me, è totalmente preso dal lavoro. Cantù è una società di primo piano in Italia e l’ho scelta nonostante avessi altre chance come capoallenatore in altre piazze importanti».

Avranno pesato i complimenti ricevuti lo scorso anno da Sacchetti? «La sua presenza è stata decisiva: è un personaggio del nostro basket, bravo nel responsabilizzare tutti quelli che ha intorno».

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