«La nuova Cantù mi dà emozioni. Si può fare bene»

Sacchetti: «Dobbiamo lavorare e lo sappiamo, ma le sensazioni sono positive»

Contano di più i riscontri delle prime amichevoli stagionali (peraltro con avversarie di alto livello) o le emozioni che può vivere un omone di 70 anni che nella vita cestistica ne ha viste e passate di tutte i colori, ma lo stesso continua a mettere la parola Cantù davanti a ogni cosa?

Dubbi, pare, non ci siano. Stiamo parlando di Romeo Sacchetti, galantuomo di una signorilità sopra ogni livello, e del suo rispetto per la panchina che occupa e del luogo che lo ospita. Sacro, per lui. «Siamo a Cantù - dice - non in un posto qualsiasi. Mi fa piacere che questa squadra l’abbia già compreso».

Che Sacchetti è quello versione 2023/24 e quanto è cambiato rispetto a pochi mesi fa?

Sono tornato a provare qualcosa di emozionante, non lo nego. Arrivare dentro questo gruppo, così diverso da quello della mia prima stagione, mi ha dato una sensazione nuova. Di freschezza e stimolo. Un qualcosa che mi spinge ancora di più a voler fare bene. Un vero piacere stare in mezzo a loro.

Tre settimane di lavoro: abbastanza per trarre un primo bilancio?

Sono servite soprattutto ad attivarci e a conoscere i giocatori, per capire anche ciò che siamo. Ma sono sensazioni più che positive. Buone e nuove.

E questo al di là dei risultati.

Direi di sì. L’altra sera al cospetto dei nostri tifosi siamo arrivati un po’ imballati e corti, senza Cesana e Tarallo. Ma ci sta.

Soprattutto in Valtellina e nel primo tempo con Trento di cose belle se ne sono viste.

Sprazzi di buona pallacanestro ce ne sono stati, anche in considerazione del fatto che avevamo di fronte avversari di alto livello. Meglio con Brescia che con Trento, quello sì, ma anche noi eravamo in condizioni diverse. E la scelta di non rischiare Cesana ha pesato anche sulle scelte.

Niente di preoccupante, dunque?

Sapevamo sarebbe andata così. Sapevamo di non poter essere ancora belli sciolti, perché la preparazione è stata intensa. Lo si è visto. Sia a livello individuale sia di squadra.

Ma adesso la musica cambia. Da domani sarà Supercoppa: per lei ancora precampionato o basket vero?

Precampionato, non c’è dubbio. Ma stavolta contro squadre del nostro livello. E le partite cominciano un po’ a contare, come il passaggio del turno.

Ha scelto, per le prime uscite, tre squadre toste.

Mi interessava far capire subito ai ragazzi quel che avremmo trovato contro avversari di spessore. C’è sempre bisogno di misurarsi con rivali di peso, atletismo e valore diverso dal nostro. Anche la differenza di fisicità può fare bene, certo che si consumano presto energie importanti e alla fine rischi di fare brutte cose. Come ci si è successo. Ma era preventivato.

Cosa le è piaciuto di più di questo prima finestra di stagione?

Vado sempre con i piedi di piombo, perché poi come sempre sarà il campo a confermare o smentire le sensazioni, ma sono molto soddisfatto del clima all’interno della squadra e del vedere il gruppo così unito, dentro e fuori dal campo. Tutti pronti ad aiutarsi, anche nei momenti di difficoltà. Persino, ed è quello che più mi piace, con e tra i nuovi arrivati. Ci sono cose da migliorare, mi pare naturale dopo venti giorni, e i prossimi test saranno qualcosa di più vicino alla nostra realtà.

L’impatto dei due stranieri?

Uno, Hickey, ha atteggiamenti più da leader, anche a livello d’impatto vocale. L’altro, Young, è un po’ più sornione come approccio, ma si sta sciogliendo velocemente. Entrambi sono straordinariamente professionali. Mi piace molto il fatto che si stiano “prendendo” fuori dal campo e che vadano già assieme. Magari conta poco, adesso, ma resto convinto che alla lunga possa aiutare. Molto.

Le è dispiaciuto, ad esempio, fare un’ottima figura nelle prime uscite in Valtellina e un po’ meno in quella di casa?

Ci sta, in questa fase. Abbiamo scelto di giocare partite importanti contro avversarie di rango. Ovviamente, e lo ripeto, sono stato molto più contento di quello visto in campo con Brescia, rispetto al test con Trento. Condizioni diverse, rotazioni un po’ cambiate, ma lo stesso ci sono state risposte positive.

Pronti via, e senza Cesana non ci si è scoperti un po’ corti?

Senza Cesana e Tarallo, direi. Che sarà anche tanto giovane, ma che può garantirci minuti che con Trento non avevamo. Ma tutto ciò fa parte delle dinamiche del precampionato. Dobbiamo crescere, lo sappiamo tutti. E mettere tutti nelle condizioni di crescere. Prendete Nwohuocha, ad esempio: da un paio d’anni non gioca con continuità. Dovremo cercare di dare anche a lui la possibilità di tornare presto in ritmo.

La passerella ai giovani aggregati del Pgc, che a Bormio e Cepina non si è avuta, è stata un premio o un’esigenza?

Soprattutto un’esigenza. Non ho così tanta voglia di tirare il collo ai giocatori in questa fase. E di far giocare loro quei 35 minuti come potrà accadere magari in campionato, ma adesso no. In preparazione bisogna curare anche questi aspetti: contenere il minutaggio e non stressare testa e fisico. Ne avremo bisogno in altri momenti un po’ più importanti di un’amichevole di inizio stagione.

E il rapporto con i nuovi assistenti come funziona?

Non può che essere buono. Uno è mio figlio, quindi inutile che vada avanti. Con Cagnardi fila tutto liscio: ci conoscevamo già e c’è stato subito feeling. Io? Sono sempre io, anche nel rapportami con i miei vice.

In che senso?

Nel senso che accetto di buon grado che loro mi dicano tutto quello che devono e vogliono dirmi. E poi alla fine le valutazioni, come è giusto che sia, le faccio io.

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