Petazzi: «Cantù, servono
le idee e le persone»

Il patron di Cinelandia è stato tra i primi a sposare il progetto: «Basta con le logiche di bottega, il mondo è cambiato»

Tu chiamale, se vuoi, emozioni. E lui, Paolo Petazzi, patron di Cinelandia, ha imparato a conviverci. Offrendone ogni giorno ai suoi clienti nei multisala di Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta. Con un atto di coraggio, ha deciso di legarsi, tra i primissimi, al progetto della nuova Pallacanestro Cantù. Sottoscrivendo un abbinamento Diamond, il top, per tre anni.

Siamo alle solite ragioni del cuore?

«Stavolta non solo. È stata una scelta molto più ponderata, e meno di pancia».

A differenza, allora, di qualche anno fa.

«Sì. quella volta ragionai molto di più da tifoso».

Ora?

«Ora invece c’è bisogno di prendere atto della nuova condizione. E fidarsi del brand Cantù. Pallacanestro Cantù».

Qualcosa in comune l’avete pure...

«Vero. Viviamo entrambi di emozioni. O di experience, come dicono in inglese».

Cioè?

«Prendete la mia realtà. Ho bisogno di gente che si metta nella testa che Cinelandia c’è (e il palazzetto è un veicolo straordinario) per vincere su tutto quello di alternativo c’è da fare la sera. E allora non mi fermo al film, ma guardo a quel che sta attorno: cucina, confort, playland per i bimbi, illuminazione e serate speciali. Arrivo a dirvi che in certe occasioni la pellicola vale il 30% e il 70% è il contorno».

Pensa che potrebbe accadere per la Pallacanestro Cantù?

«Deve succedere. Il palazzetto, in questo senso, sarebbe un toccasana. Ma finchè non c’è, adeguiamo Desio. Pensiamo a una bella lounge, investiamo nella zona dove si chiacchiera. Tra comodità e coccole, poi si vivrà meglio anche la partita che, in un clima così, può diventare anche solo il pretesto».

Ma perchè uno dovrebbe investire nella Pallacanestro?

«Perchè è una delle parti sane del movimento. Occasione importante per creare delle relazioni. E dimentichiamoci, una volta tanto, le logiche di bottega, per le quali se c’è già il concorrente io non ci entro. Anzi, arrivo a dirvi che far parte di certi contesti, come quello che sta nascendo a Cantù ad esempio, non può che dare lustro alla propria azienda. Volete mettere?

».

Volete mettere che?

«Il piacere di essere su una carta intestata e nel mezzo di iniziative insieme ad altri marchi importanti?Impagabile, oltre addirittura la mera fattura per la sponsorizzazione.

Non facile da far capire, però...

Ma perchè?

«Prendiamo l’America, ad esempio. Non è il posto dove tutte le multinazionali del fast food si inseguono per essere nello stesso posto e magari condividere anche il parcheggio? È la logica del “se una volta va bene a te, quella dopo tocca a me”. Ed è quella che vorrei vedere realizzata anche con la Pallacanestro Cantù».

Le piace il progetto?

«Tanto. L’altra sera a Carimate ho visto una bella atmosfera. È ben augurante. Il mondo è cambiato. Viviamo di emozioni e per continuare a farlo abbiamo sempre più bisogno, oltre dei soldi, di idee, energie e persone. Possiamo essere d’esempio».

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