Recalcati: «La mia ricetta
per salvare la serie A»

L’icona di Cantù e della pallacanestro italiana: «Stop alle retrocessioni e nuova classifica»

«Non vorrei passare per presuntuoso e neppure per quello che sembra ora voler dire “io l’ho sapevo”. Perché ci sono mie interviste risalenti a maggio e giugno rilasciate a diverse testate nelle quali sostenevo che l’attuale situazione legata alla pallacanestro italiana era ampiamente prevedibile e che, di conseguenza, avrebbe dovuto appunto essere prevista da chi di dovere». Carlo Recalcati è uno spirito libero, non deve rendere conto a nessuno perché la statura che ha acquisito nel mondo della palla a spicchi gli consente di dire sempre ciò che pensa. Spesso controcorrente, non per partito preso ma perché in effetti il basket di casa nostra troppo spesso non si fa mancare nulla per essere oggetto di critica. Critica costruttiva e non sterile polemica fine a se stessa, quella a cui ci ha abituato il Charlie nel corso di tutti questi anni.

Da dove vogliamo partire?

Dal fatto che non può essere considerata una sorpresa che i club abbiamo dei contagiati così come che non possano contare sugli incassi da botteghino. Ma come si poteva pensare di riaprire i palazzetti con l’estate che se ne sarebbe andata e avrebbe favorito quella famigerata seconda ondata di cui a lungo eravamo stati messi in guardia? Ebbene, come ci siamo preparati? Semplicemente continuando a vivere alla giornata, con una sorta di ritornello del tipo “speriamo che...”.

E invece?

Bisognava programmare una stagione transitoria, dicendo alle società di non svenarsi perché non sarebbe retrocesso nessuno. Di predisporre i budget tenendo conto di zero incassi, così da spendere soltanto quel che realmente ci si sarebbe potuti permettere. Mentre ora questa stagione si rivelerà un bagno di sangue per troppi club. Perché non devi fare i conti come se poi arriveranno degli aiuti. Come fa del resto ogni famiglia che le previsioni di spesa le argomenta in base alle proprie disponibilità e possibilità. E intanto si programmano le annate successive, quelle che torneranno a un regime di normalità.

Cosa non si è fatto, ad esempio?

Si è persa un’occasione per sperimentare qualcosa di nuovo. Siamo stati i primi a portare tanto tempo fa i playoff nello sport italiano e questa intuizione si è rivelata un successo clamoroso. Una soluzione vincente, pur se al momento della sua introduzione c’erano molte diffidenze. Ebbene, da quanto tempo non succede più che si partoriscano idee e prevedano progetti di un certo respiro?

Ma lei che avrebbe fatto?

Non sono io il deputato a suggerirlo perché ci sono figure pagate apposta per farlo. Io mi limito a ingannare il tempo libero pensando a come ovviare alle problematiche. Si sarebbe magari potuto puntare su una suddivisione in conference, con graduatorie da stilare non in virtù dei punti conquistati bensì della percentuale di vittorie. Così chi partecipa alle coppe europee avrebbe potuto giocare meno partite in campionato rispetto a quei team alle prese solo con la serie A ai quali ne sarebbero state garantite di più. Dopodiché, senza retrocessioni, le si portava tutte ai playoff con il più classico dei tabelloni. Così chi poteva permettersi di lottare per lo scudetto lo avrebbe comunque fatto, ma nel frattempo tutte le altre squadre avrebbero avuto un paracadute.

Ma adesso che siamo in ballo, si deve continuare a ballare?

Intanto sul discorso relativo al budget ci siamo già incasinati, perché non è che anche interrompendo in corsa, i giocatori non li devi poi comunque pagare. Prendendo inoltre atto che tante partite verranno rinviate e che sarà difficile recuperarle tutte, trasformiamo la classifica sulla scorta delle percentuale di vittorie e sconfitte al di là del numero di gare effettivamente disputate. Playoff per tutti, semmai accorciati e naturalmente zero retrocessioni. Per salvare la stagione in una tale situazione di estrema precarietà.

In verità il protocollo al quale i club hanno deciso di attenersi in materia di contagi comporterebbe il rinvio solo di qualche partita, ma strada facendo si è deciso di ricorrere più al buon senso, estendendo il ventaglio delle possibilità di non scendere in campo.

E il buon senso dovrebbe comportare che quando ti ritrovi con un positivo, pur asintomatico, non dovresti giocare perché quel positivo è stato comunque a contatto con i compagni e costoro lo saranno con gli avversari. Mentre ciò non è accaduto e pure questa sera(ieri, ndr) Pesaro-Varese si è giocata nonostante un acclarato stato di positività.

E dunque?

Serve rendere la stagione la più indolore possibile e siccome non avrai poi più gli spazi per procedere con tutti i recuperi, ecco che non tutti dovranno per forza giocare lo stesso numero di partite. In una situazione normale tutto ciò non sarebbe logico, ma un’annata più anomala di questa dove la troviamo?

Ettore Messina ha proposto di accorciare la stagione italiana per metterle in coda le coppe europee che nel frattempo si fermerebbero.

Ho apprezzato il suo intervento perché quantomeno ha aperto la discussione. Ma facciamo il caso di Cantù che si trova ora con tre partite rinviate. Se comprimi significa che devi giocare 2-3 volte alla settimana e così fosse sarebbero già tra le 6 e le 9 le gare della sola Cantù alle quali dover trovar spazio. Impossibile. E allora si torna appunto a prendere in considerazione l’ipotesi che non tutte debbano per forza disputare un egual numero di gare.

Accennava a Cantù: non sarà semplice rimettersi in pista.

L’aspetto fisico è prioritario, ma trovandoci dinnanzi a una materia nuova non siamo in grado di sapere quali scorie eventualmente lascerà il Covid nel fisico di una persona e dunque di un atleta. Inoltre, nella squadra mi sembra si siano avuti asintomatici, altri con sintomi lievi e altri ancora con sintomi più accentuati: ebbene, ciascuno avrà una propria tabella da seguire, diversa da quella dei compagni, per ritrovare la forma. Dunque, prima di recuperare omogeneità di condizione potrebbe passare parecchio tempo.

La S.Bernardo è ferma da un po’: questo può nuocere anche al processo di coesione del gruppo?

Si tratta di riprendere un discorso interrotto perché sino all’interruzione Cantù aveva raggiunto una bella sintonia quanto a chimica di squadra. Vero che il periodo di inattività rallenta questo processo, ma il fatto che praticamente tutti i giocatori siano risultati positivi nello stesso momento e dunque siano stati “toccati” tutti assieme potrebbe per certi versi favorire un’accelerazione in tal senso. Spinti dall’adagio “siamo tutti sulla stessa barca”.

Un accenno a ciò che sin qui ha espresso il campionato: cosa l’ha più colpita?

Le difficoltà delle due squadre di Bologna, anche se con i doverosi distinguo. La Virtus deve essere preoccupata per talune sconfitte, ma l’analisi andrebbe estesa al percorso in coppa e lì sta facendo bene. Un po’ come Trento, reduce dal successo contro Sassari, ma prima criticata per un avvio deludente: e l’ottimo cammino in europa non lo consideriamo? Quanto alla Fortitudo, per il mercato di cui si è resa protagonista avrebbe dovuto trovarsi a ridosso delle primissime mentre è in fondo alla classifica e rappresenta sicuramente una delusione. Al di sopra delle aspettative indicherei certamente Brindisi, senza trascurare tuttavia anche Reggio Emilia e Trieste.

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