Repesa: «Cantù mi piace
Volevo Leunen e Smith»

Intervista al coach di Pesaro, avversario domenica dell’Acqua San Bernardo

Da un quarto di secolo capo allenatore. Da quando, nel 1995, gli venne affidata la panchina del Cibona Zagabria. Da allora ha conquistato venti trofei, in tre Paesi diversi (Croazia, Italia e Turchia), la metà dei quali rappresentata da titoli nazionali. Nel 2002 ha messo piede per la prima volta in serie A e in questi ultimi 18 anni il nostro Paese è diventato il suo giardino di casa. Perché quella che ha recentemente iniziato con Pesaro è la sua dodicesima stagione nel massimo campionato.

Un quadriennio alla Fortitudo (uno scudetto e altre tre finali), un triennio a Roma (una finale, una semifinale tricolore e le dimissioni dopo una decina di partite della terza annata), un biennio dapprima a Treviso (un quarto di finale e una semifinale) e successivamente a Milano (uno scudetto e un’eliminazione in semifinale). Negli anni in cui è stato campione d’Italia (2005 e 2016) ha messo le mani anche sulla Supercoppa. Ecco un sunto del coach croato Jasmin “Gelsomino” Repesa, uno dei quattro allenatori “scudettati” attualmente in serie A, nonché il 2° (alle spalle di Messina) per percentuale di vittorie (il 65%).

La sua storia di coach racconta che lei ha sempre guidato squadre di alto livello, in lotta per obiettivi prestigiosi. Come mai dunque questa volta ha scelto Pesaro?

Ho una certa età e posso permettermi di decidere cosa fare, dove andare e con chi stare. Pesaro è una piazza storica, anche se ha molto sofferto negli ultimi anni. Non tanto perché perdeva, ma per come perdeva. Tornare a essere più competitivi è una delle ragioni che mi hanno spinto ad accettare. Perché sono uno che ama le sfide. E questa, lo riconosco, è una sfida completamente diversa da tutte le mie precedenti. Ma assolutamente interessante. E poi..

Poi?

Qui c’è una società non sana, di più. Strasana. Pur con il budget più basso del campionato. Che potrebbe anche essere più sostanzioso se solo si facessero le cose che invece - giustamente - non vogliono fare. Si procede con le risorse economiche, non si fanno debiti e non si fa il passo più lungo della gamba. C’è gente responsabile nella dirigenza, che fa con quel che ha. Non possiamo allestire un certo tipo roster? Non fa nulla, proverò a fare del mio meglio con i giocatori a disposizione. Dei quali, peraltro, sono molto soddisfatto non solo per come abbiamo giocato nelle prime uscite, ma anche per la gran voglia di lavorare che mostrano durante gli allenamenti.

L’intuizione di portarla a Pesaro l’ha avuta direttamente il presidente Ario Costa.

Lui è un mio caro vecchio amico, oltre che una persona straordinaria. Ci siamo sentiti, abbiamo parlato e poi ho deciso. L’unico problema che sto riscontrando in città è che dopo le ultime stagioni sempre sul fondo della classifica, l’ambiente si è impaurito e ha perso fiducia. E allora tocca a noi uscire dai nostri uffici e andare verso la gente per incoraggiarla.

Intanto lei,alla luce di così tante stagioni nel nostro campionato nell’arco degli ultimi due decenni, può dirsi acquisito al patrimonio della pallacanestro italiana.

In effetti mi sento di far parte del basket di casa vostra. Mi sento a posto da voi. E c’è un motivo ben preciso alla base di questa mia scelta: nei club italiani mi trovo bene, ho avuto buoni rapporti con tutti quanti all’interno delle società in cui ho lavorato e ho ottenuto il rispetto degli addetti ai lavori.

E che le sembra della serie A di quest’anno?

Premessa: Milano è fortissima per una serie di componenti a prescindere dal budget extra large, perché la squadra è stata costruita davvero bene. Poi ci sono Virtus Bologna e Venezia, con quest’ultima che nei momenti in cui conta davvero è sempre brava a farsi trovare pronta. E poi, ancora, Brescia e Sassari, ora forse un po’ indietro, ma che di certo arriveranno. Ecco, queste cinque formazioni credo siano decisamente un bel po’ sopra tutte le altre.

E le altre, appunto?

Prevedo molto equilibrio anche perché rispetto agli ultimi anni non si intravede una squadra così debole come lo era stata Pesaro. C’è maggior competitività e questo renderà il campionato ancor più interessante. Le gerarchie tra tutte queste squadre potrebbero essere determinata da una serie di episodi quali infortuni, problematiche legate al covid e così via.

Concentriamoci sulla “sua” Pesaro, domenica avversaria della S.Bernardo alle 20.45 a Desio.

Non è un problema terminare un anno con una sola vittoria come è capitato nell’ultima stagione. La problematica, semmai, è averla conclusa con un solo giocatore sotto contratto per l’annata successiva. Perché così non puoi permetterti alcuna programmazione. Fatto sta che siamo ripartiti con dieci giocatori (la Carpegna Prosciutto ha adottato la formula del “5+5”, ndr) praticamente tutti nuovi. E per quanto mi riguarda, tengo a sottolineare che ho firmato un contratto triennale.

Eppure in Supercoppa siete stati tra le sorprese e domenica scorsa nel match d’apertura del campionato contro Sassari ve la siete giocata a lungo...

In effetti si è trattato di un discreto avvio e di questo sono ovviamente felice. La verità, tuttavia, è che c’è molto da fare, da sistemare e da costruire.

Sia voi sia Cantù sembrate ora messe meglio nel settore degli esterni che non in quello degli interni.

Con i soldi che noi e a loro abbiamo avuto a disposizione sul mercato penso entrambe abbiano allestito delle buone squadre. Magari c’è qualcuno sotto osservazione, ma non credo siano state sbagliate delle scelte. La S.Bernardo è un mix straordinario di giovani atletici, di giocatori d’esperienza e di interpreti italiani che hanno una solida scuola alle spalle. E mi sembra di vedere la chimica giusta.

C’è un giocatore canturino che più di altri la solletica?

Pecchia e La Torre li ho avuti, da sbarbati, a Milano e penso che da allora siano cresciuti parecchio. Quanto a Johnson, è un ottimo tiratore ma ci vuole tempo perché conosca il campionato italiano e possa rendersi conto di dove è capitato. Thomas e Kennedy sono atleti fuori dal comune. Ciò detto, se tutti costoro fossero giocatori completi, ora - detto con tutto il rispetto - non sarebbero a Cantù ma giocherebbero da un’altra parte, in team più competitivi.

Non è però che così vuole eludere la domanda che le abbiamo posto in precedenza?

No. E allora posso confessare che volevo fortemente Smith a Pesaro perché conosce la serie A e ha fatto esperienza. Per assicurarcelo, gli abbiamo fatto la nostra miglior offerta possibile. Non è bastato, anche perché il ragazzo voleva tornare a Cantù dove si era già trovato bene. Confesso altresì che il giocatore del quale più sono innamorato è Leunen. Autentica power forward point. Comprende il gioco come pochi altri e gioca in maniera sbalorditiva. Sì, anche adesso, pur non più giovanissimo.Bravissimo nella letture e rapido nel decidere l’esecuzione del passaggio migliore. L’ho cercato spesso in passato, non sono mai riuscito ad averlo.

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