Sacchetti «Sono qui perché Cantù è la storia»

Basket Il primo giorno vero da coach dell’Acqua S.Bernardo: «Un club che sta programmando». Già si pensa alla squadra: «Voglio un play di qualità e spero che la gente venga al palazzetto per divertirsi»

Il “gigante” Meo Sacchetti è atterrato a Cantù. Gigante del basket, perché fino a un mese fa era il ct della Nazionale supportato da un curriculum da urlo: uno scudetto, una supercoppa italiana, tre volte la Coppa Italia e una promozione dalla A2 alla A nella sua bacheca.

E poi per la sua altezza: quasi fatica a uscire dall’ascensore della sede della Pallacanestro Cantù. Domina la scena, ma senza paroloni o promesse. È convinto della scelta, che non era scontata. Da lui e con lui, Cantù riparte.

I motivi della firma, li spiega lui stesso: «So bene cos’è Cantù. L’ho provato sulla mia pelle da avversario, in campo e da allenatore. Con molti giocatori ho condiviso gli anni in Nazionale. Cantù è storia e non è una questione di serie A o di A2: quando ti chiama un club così importante, non si possono avere molti dubbi».

«Ho dei flash, belli e brutti»

E ancora, sul suo rapporto passato con Cantù: «Ha dei flash, belli e brutti. Ricordo che affrontai immediatamente Cantù quando vinse la Coppa Campioni: al palazzetto misero “We are the champions”, da quel momento cominciarono a usarla un po’ tutti. Ricordo Aldo Allievi che, anche se si gelava, si toglieva il cappotto in tribuna. Qualche volta ho vinto, qualche volta ho perso e non sono mancati i battibecchi. Che dire? Sono qui perché Cantù è storia, ma è anche una società che sta facendo una programmazione importante».

Inevitabile la raffica di domande sulla Cantù del futuro. Quella che Sacchetti ha in mente. Posto che tutte le analisi tecnico-tattiche sono in corso e altre riflessioni si faranno nei prossimi giorni, il nuovo coach canturino non nasconde i suoi desideri: «Un play di qualità, americano: un play importante rende più bravi i giocatori e l’allenatore. Non per forza esperto, ma che sappia tenere bene il campo, anche pericoloso perché ormai di ragionatori non ce ne sono più e che sappia anche creare spazi ai compagni. Vitali? Ripeto, la prima scelta mi piacerebbe fosse uno straniero, poi il resto si costruisce intorno al play titolare e parleremo anche di Luca».

«Il parco italiani è buono»

Anche per i lunghi, arriva una richiesta: «Mi piacerebbe un giocatore dalla doppia dimensione, dentro e fuori». E arriva un’ammissione, non da poco perché in A2 sono una componente fondamentale: «Il parco italiani di Cantù molto buono. Parleremo con tutti».

Dopo dodici anni, Sacchetti torna in una categoria che ha già vinto con Sassari nel 2010: «Non sarà facile, ma spero che le situazioni difficili ci rafforzino. La concorrenza c’è ed è nota: Udine, Fortitudo, Cremona e qualche sorpresa che salta fuori sempre. Noi però dobbiamo solo a costruire un buon gruppo: i risultati sono fondamentali, ma spero anche che la gente venga al palazzetto per divertirsi. Non sarà semplice unire risultati e spettacolo, ma ci proveremo».

Chiosa finale del neo coach, sul “campanilismo”: «È il sale di questo sport, ben venga finché rimane nei limiti. Un canturino come Recalcati ha vinto uno scudetto a Varese: metto subito la firma se mi dicono che potrei fare anche io, da bandiera varesina, qualcosa di importante a Cantù».

E, da avversario, ritroverà il figlio Brian, colonna di Treviglio: «Ci siamo affrontati da avversari, è stato anche un mio giocatore. Il vero problema sarà la madre, perché tifa come tutte le mamme per il figlio…»

Al fianco di Sacchetti, un gm Sandro Santoro su di giri: «Ho visto nei suoi occhi e nelle sue parole le motivazioni che può avere un allenatore esordiente, nonostante i suoi tanti successi. Faremo bene, ma dovremo dimostrarlo ogni giorno sul campo». L. Spo.

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